Alexander Lonquich e la Scuola di Fiesole, tra conferme e nuovi progetti

Alexander Lonquich intensifica la sua collaborazione con la Scuola di Musica di Fiesole – della quale è Direttore Artistico –, dando vita a una nuova stagione di progetti formativi e artistici. Tra le iniziative in partenza, spiccano percorsi orchestrali e cameristici dedicati ai giovani talenti, pensati per coniugare l’alta formazione con un’esperienza musicale condivisa e profondamente immersiva. Con la sua visione autorevole e innovativa, Lonquich conferma il suo ruolo centrale nello sviluppo dell’identità artistica della Scuola.

  • La Scuola di Fiesole è un faro e un pilastro per quanto riguarda l’insegnamento e la formazione musicale dei giovani. Come si mantiene viva la luce del faro?

La luce del faro si mantiene viva restando costantemente attenti alle evoluzioni del nostro tempo, sia per quanto riguarda le esigenze psicologiche dell’ascolto, sia per i cambiamenti del mercato musicale. Per esempio, lavoriamo molto sulla differenziazione stilistica, affinché i nostri allievi acquisiscano la capacità di suonare repertori diversi – dal barocco al contemporaneo, fino all’Ottocento – ognuno con il proprio linguaggio specifico.
Un oboista, per dire, dovrebbe saper suonare anche strumenti storici e inserirsi in ensemble barocchi con prassi filologiche. Lo stesso vale per gli archi, che devono padroneggiare strumenti con corde di budello, e via dicendo. È importante che i musicisti di oggi imparino a parlare tutti questi “linguaggi musicali”.

Ci sono poi specializzazioni che vanno oltre il repertorio tradizionale: penso ai pianisti, che spesso si concentrano su Chopin e poco altro. Noi li stimoliamo anche a esplorare altri percorsi, come l’accompagnamento al canto o il ruolo di maestro collaboratore nell’opera lirica. C’è un intero mondo nella musica contemporanea che merita di essere scoperto.

Trovare la propria collocazione nel mondo della musica oggi è più difficile, ma proprio per questo è fondamentale sviluppare flessibilità. Tuttavia, non deve essere solo una questione di mercato: chi fa musica deve avere una motivazione profonda, un ideale, un trasporto autentico. Scoprire la propria vocazione è essenziale per poter portare avanti la musica in forme diverse e autentiche.

Serve un’offerta formativa pluralistica, che permetta ai giovani di inserirsi nel flusso di ciò che la musica richiede oggi. Questo comporta anche una formazione solida fin dall’infanzia: un modo vivo, pratico e consapevole di apprendere armonia, solfeggio e ascolto.

  • L’eredità che viene dal passato è importante per il futuro?

Assolutamente sì. L’eredità di Piero Farulli è fondamentale: ha posto il focus sull’orchestra, sulla musica da camera, in un momento in cui queste pratiche nei conservatori non erano così centrali. La sua battaglia per rendere la musica accessibile a tutti si riflette ancora oggi nelle nostre attività: laboratori sociali, progetti per amatori, e molto altro.

Ma questa eredità rimane viva solo se si continua a lavorare sulle connessioni interdisciplinari. Personalmente credo molto nel legame tra teatro e musica: stiamo portando avanti esperienze condivise tra i nostri insegnanti e quelli di teatro, con risultati molto stimolanti.

  • È di questi giorni l’annuncio della collaborazione con il Maggio Musicale; come si articolerà?

La collaborazione con il Maggio Musicale non è nuova: da anni ci supportano mettendoci a disposizione la loro sala, e ci hanno permesso di realizzare diversi concerti, tra cui il Concerto di Capodanno. In quell’occasione, i tutor dell’orchestra – tra cui anche io, insieme a Edoardo Rosadini, Davide Sanson e Antonino Siringo – dirigono i vari ensemble.

Recentemente, abbiamo realizzato un bellissimo concerto diretto da Afanasy Chupin, ex Konzertmeister dell’orchestra MusiAeterna di Teodor Currentzis. Adesso stiamo lavorando a un progetto chiamato La Scuola al Maggio, con eventi mattutini dedicati ai giovani. Il 20 maggio, ad esempio, l’Orchestra dei Ragazzi – composta da musicisti tra i 10 e i 16 anni – si esibirà per un pubblico di coetanei. E il 18 novembre sarà il turno dell’Orchestra Galilei, formata da studenti del triennio.

  • Può anticipare qualche cosa sui programmi e i progetti a venire?

Posso anticipare qualcosa, ma per i dettagli precisi è meglio rivolgersi a Ilaria o Stefania. Uno dei progetti principali è IMPACT, un’iniziativa finanziata dal PNRR per l’internazionalizzazione, promossa dal Ministero italiano. Collaboriamo con i conservatori di Aosta e Matera, con l’Accademia di Belle Arti di Catania, e con il “Sistema” brasiliano diretto da Ricardo Castro, che insegna anche da noi.

Il progetto prevede la realizzazione del Falstaff di Verdi, che sarà messo in scena a dicembre in Brasile e poi replicato a maggio. A marzo del prossimo anno, dirigerò io il Falstaff all’Università della Calabria, che ha a disposizione un magnifico teatro.

Abbiamo anche un progetto dedicato ai bambini, guidato dai nostri docenti: si intitola L’opera che non c’è, e prevede che i piccoli partecipanti compongano un’opera collettiva. Inoltre, stiamo lavorando su un nuovo Erasmus, e in generale cerchiamo sempre di inserire elementi di pedagogia teatrale nei nostri progetti musicali.

Una caratteristica del progetto IMPACT, ad esempio, è proprio il coinvolgimento di insegnanti di teatro, che lavoreranno con i gruppi cameristici. I brani su cui lavoreranno saranno rielaborati anche in forma teatrale, creando piccole esperienze sceniche.

  • Come si concilia la sua intensa attività concertistica, sia come pianista che come direttore, con quella “istituzionale”?

Cerco di equilibrare giorno per giorno. In realtà lavoro molto più di prima: quando non ero impegnato con la scuola, avevo più tempo per dedicarmi allo studio con calma. Ora è uno studio che “suda”, più intenso, ma continuo comunque a portare avanti progetti e programmi musicali, con l’ambizione di affrontare repertori nuovi.

Non mi sto affatto fermando. Certo, il lavoro per la scuola è impegnativo: richiede presenza fisica, ma anche tantissimi incontri online, telefonate, riunioni. Cerco di far convivere le due dimensioni al meglio, e di farle dialogare tra loro.

Alessandro Cammarano

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