Berlino: nei Meistersinger Barenboim compie il Rito dell’Arte
Berlino in questi giorni ha colori e tepori inaspettati. Il chiarore del mattino e la tersità del cielo durante tutto l’arco del giorno molto ben si sposano col significato simbolico delle festività pasquali. Ciò parrebbe un principio di cronache di viaggio ma, se l’occasione è quella di un Giovedì Santo trascorso nel rito de I Maestri cantori di Norimberga presso il Tempio musicale berlinese, ben si comprende come l’esperienza vissuta durante tutto l’arco esecutivo dei tre sostanziosi atti abbia avuto, diversamente da quanto sempre più spesso accade a casa nostra, una impostazione propriamente sacrale, arrivando a suscitare negli intervenuti una vera e propria elevazione esistenziale.
L’Allestimento proposto in questi giorni dal Cartellone della Staatsoper Under den Linden è quello storico che fu realizzato nel 2015 in occasione delle celebrazioni per il venticinquennale della riunificaizone tedesca.
Firmato da Andrea Moses (scene di Jan Pappelbaum; costumi di Adriana Braga Peretzki; luci di Olaf Freese), pone in essere una dimensione simbolica atta a significare quanto sia forte e condiviso il sostrato di valori culturali che da sempre hanno caratterizzato la quotidianità, la cultura di pensiero e la prospettiva sociologica del Volk: nella nostra contemporaneità, questi elementi trovano ottima sintesi nei colori nazionali della bandiera tedesca, i quali vanno a costituire un costante richiamo cromatico sino ad apparire manifesti anche in Sala durante l’ultimo Atto.
Molti gli ulteriori riferimenti simbolici presenti nei dettagli delle Scene, dalla differenziazione stilistica delle sedie dei Maestri Cantori alla scelta dei libri presenti nella biblioteca del Secondo Atto, dalla connotazione del taglio di capelli a seconda dei ruoli alla rispondenza politica delle ambientazioni.
Gli Spazi sono gestiti in maniera semplice e concreta attraverso azioni sceniche mosse lungo linee prospettiche che si intersecano, rendendo perfettamente nella realizzazione registica l’idea della struttura musicale presente in Partitura: un unicuum molto ben congegnato che contribuisce per la sua parte all’idea generale di questo spettacolo.
Tutti sono parte del tutto, nel presente verso il futuro, senza dimenticare i principi basilari che fondano nel passato le loro radici e che rammentano la “retta via”. Diversamente rispetto a quanto accade per le normali Rappresentazioni, per quanto spiegato non è qui possibile citare singolarmente la resa dei singoli interpreti e, per loro come per la parte tecnica, quanto ci è arrivato forte e chiaro è l’assoluta bellezza di una resa completa, efficace e sentita dal primo all’ultimo momento da parte di tutti, nessuno escluso.
Ogni ruolo ha trovato un interprete esatto, ogni sfumatura drammaturgica e musicale è stata curata nel dettaglio offrendo una completezza artistica rara ed illuminante. Questo concreto ed oggettivo apprezzamento è riferibile all’intera Compagnia di Canto che, come il pubblico attento riconoscerà, ha previsto la partecipazione di stelle wagneriane di prima grandezza che di questa Musica hanno segnato la storia: Wolfgang Koch, Matti Salminen, Julia Kleiter, Burkhard Fritz, Siyabonga Maqungo, Katharina Kammerloher, Graham Clark, Adam Kutny, Martin Gantner, Jürgen Linn, Siegfried Jerusalem, Reiner Goldberg, Florian Hoffmann, Arttu Kataja, Franz Mazura, Olaf Bär, Erik Rosenius.
Ciò dicasi per la perfezione esecutiva della Staatskapelle Berlin e, altrettanto, per lo Staatsopernchor istruito da Martin Wright. Il merito di un’offerta artistica così alta si deve certamente al “gran sacerdote” di questo Tempio: Daniel Barenboim.
Con la sua presenza sul podio si verifica la medesima condizione esecutiva della Prima Assoluta di quest’opera; quando vide la luce, La Commedia di Richard Wagner ebbe ad essere diretta da un immenso pianista: Hans von Bülow (allievo prediletto di Franz Liszt e primo marito di sua figlia Cosima, che in seconde nozze sposerà proprio Richard Wagner).
Come Bülow, Barenboim trascende il concetto di Pianista e di Direttore: nella sua cura dell’Orchestra trasudano sia l’impeccabile analisi della Partitura che la naturale capacità di far respirare l’Orchestra come se questa fosse composta di tasti da lui così sapientemente suonati.
Ogni inciso è detto e amalgamato al tempo stesso, ogni formula ritmico-melodica resa con chiarezza ed enfasi, ogni dettaglio di articolazione significato ed esaltato senza mai recare ostacolo alla necessaria fluidità esecutiva data dalla scrittura wagneriana.
Il risultato emotivo è perfetto: sin dal primo istante del Preludio ogni nota si traduce in brivido che percorre tutta la Sala, in silenzio assoluto e partecipazione massima. Impossibile non sentirsi parte integrante della Musica: un dono.
La dimensione rituale in senso lato che viene offerta è altrettanto chiara ancor prima del principio: il Coro arriva (assieme al pubblico che prende posto) a sedersi in una scarna scena, connotata solo da panche uniformi e da una croce semplicissima ma ben evidente; prende posto dando le spalle alla sala e, per tutta la durata del Preludio si genera quell’effetto di amalgama empatico che trasforma la Rappresentazione in un vero e proprio spettacolo partecipato.
Non c’è bisogno che s’alzi nessuno, non c’è bisogno di oggetti di scena traslati in Sala, non c’è bisogno di spiegazioni, non c’è bisogno di distruggere l’opera: la dimensione spaziale ideal-estesa è perfettamente efficace e, per tutto il resto, basta il solo discernimento di questa Musica meravigliosa attraverso la concertazione insuperabile del celebrante Barenboim.
Ci sono spettacoli che restano e Opere d’Arte che restano, il connubio di entrambe le opzioni è estremamente raro. Qui si è avuto. L’ovazione e le standing ovation spontaneamente corali ad ogni fine d’Atto hanno dimostrato che le parole che concludono il Terzo Atto (se rese nella loro completezza artistica) vengono percepite e vissute con estrema coscienza: “Onorate i vostri maestri tedeschi, ed evocate i loro buoni spiriti! E se pure finisse in polvere Il Sacro Romano Impero, ci resterebbe sempre la sacra arte tedesca!”.
Se questo lavoro fu malamente strumentalizzato da una certa ideologia, può essere molto utile oggi farne tesoro in una lettura europeista che ponga la Musica come salvezza dall’altrettanto scellerata prolificazione di pseudo-ideologie a cui siamo tutti più o meno involontariamente sottoposti.
Quelle ideologie che professano l’esattezza della Mediocrità, quelle che ci vorrebbero sordi alla coscienza del bello, quelle che non potranno mai trovare spazio nell’animo di chi ha imparato la lezione dell’Arte partecipando di una così perfetta resa dell’attesa del giorno di San Giovanni.
Antonio Cesare Smaldone
(18 aprile 2019)
La locandina
Direttore | Daniel Barenboim |
Regia | Andrea Moses |
Scene | Jan Pappelbaum |
Costumi | Adriana Braga Peretzki |
Luci | Olaf Freese |
Personaggi e Interpreti: | |
Hans Sachs | Wolfgang Koch |
Veit Pogner | Matti Salminen |
Eva | Julia Kleiter |
Walther von Stolzing | Burkhard Fritz |
David | Siyabonga Maqungo |
Magdalene | Katharina Kammerloher |
Kunz Vogelgesang | Graham Clark |
Konrad Nachtigall | Adam Kutny |
Sixtus Beckmesser | Martin Gantner |
Fritz Kothner | Jürgen Linn |
Balthasar Zorn | Siegfried Jerusalem |
Ulrich Eisslinger | Reiner Goldberg |
Augustin Moser | Florian Hoffmann |
Hermann Ortel | Arttu Kataja |
Hans Schwarz | Franz Mazura |
Hans Foltz | Olaf Bär |
Nachtwächter | Erik Rosenius |
Staatsopernchor | |
Staatskapelle Berlin | |
Maestro del Coro | Martin Wright |
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