Buon compleanno Rinaldo! Conversando con Fabio Luisi e Teresa Iervolino

Il prossimo 1° ottobre Rinaldo, nella versione “pastiche napoletano” che Leonardo Leo compose per il castrato Nicola Grimaldi detto Nicolino, compirà trecento anni. Con qualche mese d’anticipo il Festival della Valle d’Itria ne festeggia il compleanno riportandolo sulla scena nella partitura ricostruita da Giovanni Andrea Sechi, con la direzione di Fabio Luisi e la regia di Giorgio Sangati.
Nel nostro soggiorno martinese abbiamo seguito quasi tutte le prove d’insieme, assistendo alla nascita, o meglio alla rinascita di un capolavoro.
Succosa anteprima allo spettacolo che andrà in scena questa sera al Palazzo Ducale di Martina Franca le interviste al direttore Fabio Luisi e a Teresa Iervolino, che vestirà i panni di Rinaldo.

Fabio Luisi: Filologia senza dogmi

  • Maestro, qui a Martina Franca lei aveva già diretto un altro titolo haendeliano, Acis, Galatea e Polifemo, che guarda caso ebbe la sua “prima” a Napoli. Come ci si sente a ritornare qui con un Rinaldo napoletano?

Beh un’emozione molto grande perché il barocco che facciamo qui è un barocco del Sud, un barocco napoletano, il Rinaldo di Heandel in chiave napoletana. Dobbiamo filtrarlo non solo attraverso l’ottica del pasticcio, perché di un pasticcio tutto sommato si tratta, ma dobbiamo anche filtrarlo secondo la nostra sensibilità il nostro calore che è il calore del sud dell’Europa.

  • Questo “pasticcio” fu concepito ad uso e consumo di Niccolo Grimaldi che fu anche il primo interprete del Rinaldo originale. In questo Rinaldo-pastiche Nicolino si appropria dell’aria monstre dell’opera, seppure con il testo cambiato. La pratica era tutto sommato comune, come si gestiscono questi passaggi?

Beh in effetti non li abbiamo gestiti noi li ha gestiti Leonardo Leo il quale ha appunto visto il successo della prima londinese e ha voluto portare quest’opera a Napoli, con il protagonista della prima londinese, Nicolino che , sottratto alla severità degli obblighi inglesi e hendeliani, probabilmente, me l’immagino io ma penso che possa essere successo così conoscendo la mentalità dei cantanti, pretese di cantare le sue arie di baule e si appropriò di questo climax dell’opera che non poteva che essere suo.

  • Un vero primo uomo…

Un vero primo uomo, ma del resto sappiamo bene che il melodramma è nato così, non è nato soltanto dalle idee dei compositori ma è nato anche dalle idee, dalle sensibilità, talvolta anche dalle velleità dei cantanti.

  • Volevo parlare un momento di questa napoletanità del suono, si sente, in orchestra (e un suono turgido, solare, potremmo dire anche sensuale in qualche maniera, e la resa è ancora una volta con un’orchestra barocca ma non barocca perchénell’organico della Scintilla vedo per esempio archi con corde metalliche e archetto barocco. Per cui c’è filologia, ma filtrata forse attraverso un gusto diverso?

Io direi che c’è filologia se vogliamo, ma  filologia sensata; c’è la filologia che considera il fatto che l’opera d’arte è sempre contemporanea, quindi nel momento in cui noi affrontiamo questo progetto, per noi il Rinaldo di Leonardo Leo e di Hendel e questa cooperazione fra due compositori di sensibilità così diversa, noi lo ricreiamo qui e lo ricreiamo per noi, per il mondo di oggi per il pubblico di oggi, che è anche pervaso di un sensibilità che è quella odierna e non è la sensibilità dell’inizio del Diciottesesimo secolo. Quindi non siamo dogmatici, ma siamo musicisti prima di tutto e siamo persone di teatro. La Scintilla è un’orchestra barocca, con grandi maestri che la dirigono in opera e in concerto, ma il fatto che ci sia qualche corda, non tutte, di metallo e qualche mentoniera nei violini non è dirimente. Quello che conta è la sensibilità, il colore e il modo di suonare.

  • Un’altra cosa: sento un suono bello ma e allo stesso tempo estremamente vero. Quanto è importante la verità del suono in un’esecuzione del genere?

La verità del suono è importante in qualsiasi esecuzione. Io come direttore d’orchestra la mia “filosofia” è che la bellezza del suono è la priorità assoluta. Una bellezza del suono che deve adattarsi naturalmente allo stile, al compositore, al linguaggio e anche al momento drammatico, al momento drammaturgico in cui ci troviamo, e La Scintilla per questo è l’orchestra ideale.

Teresa Iervolino: Rinaldo guerriero fragile e deciso

  • Come ci si sente ad essere napoletana e cantare un ruolo scritto per un napoletano in una revisione, o meglio in una rielaborazione-pasticcio di sapore tutto partenopeo

Allora… come ci si sente, ci si stente benissimo perché il lato napoletano in quest’opera, in questo pasticcio non è una cosa negativa, anzi. In questo pasticcio risalta molto la napoletanità, lo si nota in alcune parti in cui esce fuori quasi una sorta di sceneggiata, che poi è anche quello che Nicola Grimaldi, Nicolino, il castrato di cui stiamo parlando, voleva. Parliamo di un castrato famoso per la voce ma anche per la sua abilità nel recitare; era un grandissimo attore e in questo rimaneggiamento, nel quale si impossessa di arie che l’originale di Haendel assegnava ad altri cantanti. Nicolino “ruba” l’aria più celebre dell’opera, quel “Lascia ch’io pianga”, che è di Almirena, la protagonista femminile, cambiando le parole e trasformandola in “Lascia ch’io resti”. Almirena diviene dunque da principale un personaggio non secondario, ma quasi.

  • Parliamo un po’ di “Lascia chi’io resti” aria che lo stesso Haendel, che nel “Rinaldo” londinese è “Lascia ch’io pianga”, importa dal suo “Il trionfo del Tempo e del Disinganno”…

Un’aria magnifica, con due note, si fa per dire, Haendel crea una meraviglia Nicolino se la prende la prende, cambiando le parole, ma rimane totalmente uguale, le note sono le stesse identiche.

  • Quale chiave ha scelto per la sua interpretazione?

Nelle mie vene scorre sangue napoletano e, in questa opera, cerco di far percepire il più possibile questa drammaticità, magari a volte un po’ sopra le righe e fuori dagli schemi che sono convinta funzioni molto bene in questo pastiche, soprattutto nello sviluppo del personaggio. Cerco di mettere il più possibile in evidenza questa drammaticità a volte anche un po’ fuori dagli schemi, che in questa opera, in questo pasticcio credo, anzi sono convinta ci stia molto bene soprattutto nello sviluppo del personaggio. Non si vedrà un Rinaldo soltanto eroe, guerriero, pieno di sé forte, no, vedremo anzi un eroe che improvvisamente quasi smarrisce il senno per la perdita di Almirena, ma anche un eroe che ritrova sé stesso ragionando, ponendosi domande fino a comprendere che lui è legato alla sua spada, imprigionato nel suo essere eroe. Rinaldo non vorrebbe più essere eroe ma semplicemente amare, stare con l’ amata, smettere di combattere e invece è costretto al suo ruolo guerriero per salvare Almirena. Rinaldo è un personaggio dalle mille salite a dalle mille cadute, pieno di sfaccettature.

  • Che cosa cipuò raccontare di questo allestimento?

Che sta risultando un’esperienza molto bella perché unica, Mi piace molto lavorare con Giorgio Sangati, con Fabio Luisi e gli altri colleghi; stiamo prendendo in mano un pasticcio, che anche se in gran parte è costituito dall’originale di Haendel, ha un’altra parte completamente diversa e nuova, elaborata a favore dei cantanti, soprattutto di Nicolino. Non dimentichiamo che all’epoca i cantanti comandavano. Fu probabilmente il castrato protagonista a condurre i giochi accordandosi con gli altri cantanti in una sorta di “io mi prendo questo ma ti lascio quest’altro”. Ne consegue una sorta di gara continua a primeggiare e in questo allestimento tutto questo in qualche modo emerge ed è la cosa che mi è piaciuta di più di questo allestimento e che è raro trovare in una produzione, ossia avere questo lavoro di sviluppo di carattere del personaggio. È una cosa bella che credo anche arrivi molto.  Speriamo, di poter mostrare a tutti voi questa tavolozza di colori.

  • Il Maestro Luisi non è un barocchista tout curt. È un direttore completo, un fraseggiatore che ricerca il costantemente il senso della frase. Come si è posto nei confronti di questa operazione? 

Il Maestro ha approcciato quest’opera dandoci quello che credo sia una delle sue caratteristiche più belle, quella di essere pro cantanti praticamente su tutto. Ci ha dato tutti i minimi dettagli, tutte le minime pulizie di fraseggio, ci ha corretto ogni minima nota e poi si è messo a nostro favore con la sua meravigliosa pulizia di gesto, che devo sottolineare è una cosa rarissima, lavorando con noi pezzo per pezzo fraseggio dopo fraseggio. Lo considero superiore a molti barocchisti.

  • Quindi non solo prassi esecutiva…

Chi sa leggere e comprendere la partitura e l’epoca in cui è stata scritta sa dirigerla. Mi permetto di dire questo. Luisi lavora molto con i colori e dà tanto a livello di fraseggio. Io, quando canto con lui mi sento come se non avessi un’orchestra sotto, ma una barca che mi sta cullando sull’acqua e io non ho paura di quella barca, cioè non ho paura di cadere in acqua. Ci sono delle produzioni in cui mi ritrovo ad aver paura e a dover guardare continuamente il direttore per non andare fuori; qui mi basta la coda dell’occhio. Sono strafelice di averlo incontrato e spero veramente di lavorare ancora presto con lui.

Alessandro Cammarano
(29 luglio 2018)

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