Cagliari: Palla…de’Mozzi

La stagione del Teatro Lirico di Cagliari si inaugura, come da alcuni anni a questa parte, all’insegna della riscoperta di un titolo desueto o dimenticato; questa volta tocca a Palla de’ Mozzi di Gino Marinuzzi, la cui fama di direttore d’orchestra è sopravvissuta più a lungo di quella di compositore. Orchestratore rigoglioso e tutt’altro che privo di talento Marinuzzi appare comunque inesorabilmente datato anche rispetto ai suoi contemporanei; il wagnerismo che serpeggia in Palla de’Mozzi – che manca dalle scene dal 1942, data della sua ultima apparizione al Costanzi dopo la prima milanese del 1932 – arriva fuori tempo massimo e non è che una pallida ombra di quello che Zandonai profonde nella sua Francesca da Rimini.
C’è un po’ di tutto: amore, guerra tradimento in salsa tardomedievale tanto che ne deriva un lavoro che sembra la risposta in musica ai film di Alessandro Blasetti – quelli che celebravano il Fieramosca e gli condottieri italici, con Amedeo Nazzari protagonista, per intenderci – con momenti musicali interessanti ma che, ora che è stato riscoperto, può essere tranquillamente ricoperto non senza avergli comunque riconosciuto un certo qual valore storico.

A remare contro ci si mette anche il libretto di Giovacchino Forzano, totalmente privo di azione, trasudante retorica e che sul finale deborda in un appello all’amor di “Dio Patria e Famiglia” rimandando a tristi e fascistissime memorie – e come avrebbe potuto essere altrimenti – il tutto in un esercizio poetico che vorrebbe essere epigono dannunziano e invece, oggi, fa al più sorridere.

Nel metterlo in scena Giorgio Barberio Corsetti sceglie – seguendo la cifra a lui congeniale in cui si coniugano calligrafismo e tecnologia – la strada dell’ironia facendone un misto tra film di regime e telenovela.

Insieme a Pierrick Sorin, Barberio ricorre ancora una volta a maquettes di navate di chiesa e interni ed esterni di castelli che vengono riprese da telecamere e proiettate su uno schermo dove compaiono anche i protagonisti e le masse che agiscono davanti ad un blue screen, così da creare un’efficace dimensione metateatrale in cui tutto appare “tradizionale” – come farebbero presupporre i costumi d’epoca disegnati da Francesco Esposito  – ma alla prova dei fatti è, per fortuna, tutt’altro.

L’opera di Marinuzzi è nobilitata da un’esecuzione musicale di assoluto pregio, a cominciare dalla direzione di Giuseppe Grazioli che crede fino in fondo all’operazione ponendo in luce – assecondato con precisione dell’orchestra – i colori e le atmosfere della partitura restituendole all’ascolto con passione e spirito critico, privilegiando slanci tardoromantici ma non trascurando le influenze novecentesche pure presenti.

Nel ruolo-titolo dà ottima prova di sé Elia Fabbian, che incarna con voce sicura e gesto autorevole il condottiero che, lacerato tra dovere e amore paterno, finisce per sacrificarsi.

Leonardo Caimi tratteggia un Signorello – il figlio di Palla traditore per amore – centrato su una linea di canto nitida e capace di risolvere la tessitura ingrata e tutta sul passaggio che Marinuzzi gli riserva. Ne deriva un personaggio ben caratterizzato e scenicamente credibile.

Ottima l’Anna Bianca – figlia del rivale Montelabro e innamorata di Signorello – disegnata da Francesca Tiburzi, che canta benissimo e regge ottimamente la prova dei primi piani cimematografici che la regia le riserva.

Ben equilibrato il quartetto dei Capitani traditori – uno strano incrocio tra le Maschere (più una) della Turandot e i minatori della Fanciulla del West – formato dai bravi Murat Cam Gῡvem (Giomo), Matteo Loi (Spadaccia), Andrea Galli (Il Mancino), Luca Dall’Amico (Niccolò).

Bravi Cristian Saitta nei panni del Vescovo, Francesco Verna nei panni del Montelabro, Giuseppe Raimondo come Straccaguerra e Alessandro Busi nei panni del Capo dei Lanzi.

Menzione d’onore all’attore-acrobata Julian Lambert, protagonista di controscene non sempre utili ma comunque ben gestite.

Impeccabili le due suore di Elena Schirru e Lara Rotili.

Puntuali il coro preparato da Donato Sivo e le voci bianche dirette da Enrico Di Maira.

Alessandro Cammarano
(5 febbraio 2020)

La locandina

Direttore Giuseppe Grazioli
Regia, scene e video  Giorgio Barberio Corsetti e Pierrick Sorin
Costumi Francesco Esposito
Luci Gianluca Cappelletti
Personaggi e interpreti:
Palla de’ Mozzi Elia Fabbian
Signorello Leonardo Caimi
Il Montelabro Francesco Verna
Anna Bianca Francesca Tiburzi
Il Vescovo Cristian Saitta
Niccolò Luca Dall’Amico
Giomo Murat Cam Gῡvem
Spadaccia Matteo Loi
Il Mancino Andrea Galli
Straccaguerra Giuseppe Raimondo
Il capo dei Lanzi Alessandro Busi
Una suora Elena Schirru
Un’altra suora Lara Rotili
attore e acrobata Julien Lambert
Orchestra e Coro del Teatro Lirico di Cagliari
Coro di voci bianche del Conservatorio “Giovanni Pierluigi da Palestrina” 
Maestro del coro Donato Sivo Donato Sivo
Maestro del coro di voci bianche Enrico di Maira

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