Coronastreaming, i regali in musica in tempo d’emergenza

Quanto durerà? No, non quello. Lì è chiaro che bisogna solo incrociare le dita e fare i bravi (anzi, viceversa). Quanto durerà, intendevamo, questa onda di musica in Rete, dagli streaming in diretta dalle sale deserte (pochi e in diminuzione per molti ovvi motivi) allo svuotamento degli archivi audio-video di istituzioni concertistiche, festival e teatri assortiti? E soprattutto, che effetto farà?

Quello lo sapremo, forse, un po’ più avanti. Intanto dalla parte di noi utilizzatori finali domina l’effetto emotivo, la riconoscenza per i bei gesti di chi sdogana materiali che altrimenti non sarebbero raggiungibili o avrebbero un costo per i normali navigatori di Internet. Mentre dalla parte di chi prende queste decisioni traspare, dietro la comunque apprezzabile sensibilità per lo choc di una comunità (inter)nazionale obbligata a chiudersi in casa, l’angoscia per un futuro che oltre lo stop a tempo indeterminato di tutta la musica dal vivo fatica a delineare paesaggi qualsivoglia. E se li lascia intravvedere, sono semmai scenari terrificanti: la gelata economica è certa, i suoi effetti sul sistema dello spettacolo intuibili anche ai non addetti ai lavori.

I bei gesti sono sempre apprezzabili, adesso ancora di più. Anche se non può sfuggire che ci sono quelli totalmente disinteressati – realmente aperti – e quelli condizionati da interessi economici di ogni ordine e grado, dall’intrico dei diritti d’autore, di riproduzione e chi più ne ha più ne metta. Così, se da un lato si deve solo ringraziare, dall’altro lato qualche cattivo pensiero è inevitabile. Ad esempio: bella l’iniziativa del Rossini Opera Festival, che manda on line sul suo sito un bel florilegio di produzioni recenti e meno recenti. Meno comprensibile l’idea di scandire la proposta secondo gli orari dell’andare a teatro: ogni opera si può vedere a partire dalle ore 20.30 del giorno stabilito. Se a chi legge capita come a chi scrive, cioè che in questi giorni angosciosi e complicati il tempo passa in una maniera diversa dal solito, l’idea di orari così prefissati appare una limitazione inutile. Ma soprattutto colpisce che ogni streaming audio-video sia a disposizione per ventiquattr’ore o poco più. In realtà, la scelta è tutto meno che sorprendente: evidentemente i detentori dei diritti, in questo caso, non hanno concesso un po’ più di tempo.

Altrove ci sono meno lacci e lacciuoli. O si è trovato il modo di bypassarli senza tanti problemi. Dovrebbe fare scuola l’esempio dei Berliner Philharmoniker: registrandosi ora alla loro Digital Concert Hall, si accede gratuitamente (per quanto tempo, peraltro, non viene specificato) a tutto, ma proprio tutto quello che vi è archiviato: un immenso giacimento musicale con molte centinaia di concerti integralmente ripresi e registrati. Con gli strumenti di ricerca c’è la possibilità di costruirsi una serie smisurata di “programmi personali”, immaginando concerti che iniziano con Abbado sul podio e finiscono con la bacchetta in mano a Petrenko, passando per decine, centinaia di direttori e solisti. E di autori, naturalmente. Scusate se è poco.

Fra gli estremi del ROF e dei Berliner (ma la Digital Concert Hall è un unicum a prescindere dalle sciagure del momento), la navigazione del musicofilo o del vociomane riserva (liete) sorprese un po’ dappertutto. Però, l’interrogativo di apertura rimane e si può anzi articolare meglio. Non solo: quanto dureranno i gentili regali musicali? Ma anche: quanto a lungo il pubblico degli appassionati accoglierà lietamente questi regali, pago del gesto di solidarietà civile e umana da parte delle istituzioni che producono cultura?

In fondo, il patito della musica cosiddetta classica e dell’opera sapeva già da prima dove andare a procurarsi il cibo per la sua passione, magari gratuitamente o comunque dietro un pagamento ormai neanche troppo rilevante. La ressa dei teatri e delle istituzioni concertistiche in quest’ambito è solo un elemento in più. E poi, intendiamoci. I concerti, se non altro, hanno un’essenzialità comunicativa che le riprese video, soprattutto se buone, tradiscono molto meno. E poi si può sempre dedicarsi solo all’audio e lasciare perdere il video. Ma non possiamo ora dire che l’opera sullo schermo del Pc o del tablet è una meraviglia se fino a ieri sdegnosamente dicevamo – e non senza varie assai buone ragioni – che l’opera tramessa in Tv sarà anche utile e interessante ma è tutta un’altra cosa e non rende affatto l’idea, eccetera eccetera. Sarà che non siamo fra gli appassionati dei Dvd, utili solo per studio, e delle ormai diffuse trasmissioni su grande schermo degli eventi operistici, ma forse sarebbe meglio non raccontarsi storie. Tutta questo melodramma per via digitale e telematica è un succedaneo che solo l’eccezionalità dei tempi rende sopportabile. La stanchezza è dietro l’angolo, il rimpianto per l’opera nel suo ambito naturale già ben davanti all’angolo.

Cesare Galla

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