Cremona: Margherita Sala canta il teatro degli affetti
All’essenza del repertorio barocco più eloquente e segreto, il concerto Regine di Cuori ha offerto al pubbliche che gremiva , saggiamente incurante della canicola che soffocava il cortile di Palazzo Fodri, un itinerario emotivo di rara coerenza e forza espressiva; da Arianna a Medea, da Didone ad Agrippina, l’impaginato si compone come una galleria di ritratti femminili sospesi tra fragilità e autorità, eros e potere, assenza e memoria, in un contesto di coerenza rara, che rifugge ogni compiacimento decorativo per restituire con chiarezza il senso più profondo della tragedia barocca: non l’eccesso, ma la misura dell’irreparabile.
Il contralto Margherita Maria Sala – voce autorevolmente sontuosa e già eroina magnifica del Ritorno di Ulisse in patria (qui la recensione) – e l’Ensemble Locatelli, guidato al violoncello da Thomas Chigioni, hanno dato vita a un affresco sonoro terso e mobile, in cui le grandi figure femminili dell’opera sei-settecentesca si sono succedute in una drammaturgia senza scena, ma densissima. Una meditazione sul potere e sul dolore, declinata attraverso voci perdute, affetti laceranti e architetture musicali finemente progettate.
L’apertura è affidata alla Sinfonia – per inciso non esattamente un capolavoro – da Arianna abbandonata di Benedetto Marcello: una pagina breve e densa, condotta con chiarezza strutturale e senso del tempo narrativo. L’Ensemble Locatelli opta per un suono limpido e diretto, evitando ogni retorica e facendo emergere il moto interno della scrittura. Già qui si avverte il principio drammatico che ha caratterizzato l’intero concerto: una tensione trattenuta, mai esibita, che si sviluppa nel tempo con rigore.
Dal gesto strumentale si passa alla parola tragica di Monteverdi, con il Lamento d’Arianna, unico frammento superstite dell’omonima opera. Margherita Maria Sala affronta questo vertice musicale con una vocalità autorevole e al contempo flessibile, capace di disegnare una linea vocale di grande naturalezza e intensità. L’espressività non si affida all’effusione, ma a un dominio pieno del declamato, del rubato, dell’accento. L’Arianna di Sala è affranta ma lucida, e nel celebre «Lasciatemi morire» non c’è alcun compiacimento patetico: solo una consapevolezza spoglia del destino.
Il viaggio musicale prosegue oltre la Manica, con la Sinfonia del Dido and Æneas di Henry Purcell. L’ensemble ne coglie appieno la duplice natura, coreutica e teatrale, restituendola con un suono compatto, levigato, attraversato da una tensione armonica discreta ma continua, dosando i contrasti dinamici con intelligenza, lasciando emergere nella semplicità del brano un presagio tragico sottile, come un’ombra che anticipa l’epilogo.
E proprio a Didone è dedicato il brano successivo, la Dido infelice di Giovanni Battista Martini, cantata per contralto e archi – in prima esecuzione in tempi moderni – che segna un momento centrale del programma. Qui Sala mostra tutta la sua capacità narrativa grazie anche ad una mimica facciale che rifugge da qualsiasi affettazione per divenre invece parte dell’interpretazione: dalla dolente contemplazione iniziale alla progressiva intensificazione affettiva, ogni snodo è attraversato con lucidità e senso del fraseggio. Il Locatelli accompagna con discrezione, sostenendo la linea vocale e lasciando spazio a respiri, silenzi e fioriture sempre funzionali al testo.
Dalla vulnerabilità di Didone si passa alla lucidità ambigua di Agrippina, protagonista solo evocata della Sinfonia dall’opera omonima di Nicola Porpora. Qui il tono si fa più energico, la scrittura più brillante, e l’esecuzione dell’ensemble riflette con precisione la tensione sotterranea di questa pagina: il fraseggio serrato, la nitidezza delle articolazioni, la gestione dei contrasti mettono in luce la teatralità i della partitura.
A concludere il programma è la Medea in Corinto di Antonio Caldara, cantata per contralto, due violini e continuo, ed è il punto d’arrivo ideale: una figura archetipica, un affetto assoluto. Sala ne restituisce la complessità con un’interpretazione trattenuta, quasi severa, mai sopra le righe; la Medea evocata non è furiosa, ma ferma, irrimediabile. La linea vocale, sostenuta con naturalezza, scorre limpida anche nei passaggi più ornati, sempre subordinata al senso drammatico.
Pubblico infiammato, applausi bollenti e, come bis Sala offre un “Dormi fulmine di guerra” dalla Giuditta dí Alessandro Scarlatti di sconvolgente bellezza e cantato con sublime intensità.
Alessandro Cammarano
(15 giugno 2025)
La locandina
Contralto | Margherita Maria Sala |
Direttore | Thomas Chigioni |
Ensemble Locatelli | |
Violini | Jérémie Chigioni, Ulrike Slowik |
Viola | Nicola Sangaletti |
Tiorba | Francesco Olivero |
Violoncello | Thomas Chigioni |
Programma: | |
Benedetto Marcello | |
Sinfonia da Arianna Abbandonata A 493 | |
Claudio Monteverdi | |
Lamento d’Arianna SV 22 | |
Henry Purcell | |
Sinfonia da Dido and Æneas Z 626 | |
Giovanni Battista Martini | |
Dido Infelice, Cantata per solo Alto con violini – Prima esecuzione in tempi moderni | |
Nicola Porpora | |
Sinfonia da Agrippina | |
Antonio | |
Medea in Corinto, Cantata per Alto, due violini e continuo |
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