Un Rigoletto all’ingabbio

E’ giunta a conclusione, con le ultime rappresentazioni nei vari teatri del circuito, la stagione 2017 allestita da OperaLombardia. A Cremona era di scena il Rigoletto di Giuseppe Verdi con l’allestimento di Elena Barbalich.

Dalla lettura delle note di sala, è la regista stessa che descrive il suo progetto di messinscena prendendo come riferimento le esposizioni delle “Mirabilia” nelle Wunderkammer e il collezionismo salottiero e borghese dell’800, il cui unico intento era la raccolta di oggetti e quadri di varia natura e significato con il solo gusto del possesso dell’oggetto in sé.

Niente di più fuorviante di questi rassicuranti riferimenti al collezionismo d’arte barocco e romantico: la regista fa proprio un altro concetto di “mirabilia” affidato al mondo racchiuso nelle teche di vetro dell’artista britannico Damien Hirsh, il controverso artista contemporaneo che mette in esposizione corpi di animali (come squali, tigri, pecore e mucche) imbalsamati e immersi in formaldeide, con la morte come tema centrale delle sue opere. Partendo da questo punto di riferimento, acquista significato l’apparizione nella prima scena dell’opera di donne nude in teche che fanno da sfondo all’aria del Duca di Mantova “Questa o quella per me pari sono”, che assurgono a feticci da esposizione, trofei di caccia delle sue conquiste amorose, di cui anche Gilda si aggiungerà alla fine in questa collezione. Nel corso dell’opera tutte le figure femminili, comprese Gilda, Maddalena e la Contessa di Ceprano, che entra in scena in una teca trasparente, appaiono allo spettatore come oggetti inanimati che prendono forma solo se toccate dagli uomini.

La realizzazione di Elena Barbalich risulta collocata al di fuori del tempo storico e dello spazio; solo qualche elemento dei costumi realizzati da Tommaso Lagattolla (le gorgiere dei cortigiani, l’abbigliamento del paggio e i vari mantelli che indossano i personaggi) fanno capire di essere proiettati in un Rinascimento prossimo venturo. Rigoletto, di contro, assume la figura di un combattente proveniente da un “ultramondo”, fornito di corazza dorsale dalla quale si sveste nei momenti in cui non è buffone di corte ma genitore. Al bando, quindi, saloni rinascimentali o salotti dell’800: la scena creata dallo stesso Lagattola, funzionale a questa idea registica, è articolata in una struttura mobile fatta di impalcature con accessi e di griglie trasparenti da cui filtrano le luci create da Fiammetta Baldiserri. Piccoli spostamenti a vista permettono di delimitare gli spazi descritti nel libretto, con il salone che diventa “l’hortus conclusus” della casa di Rigoletto, con alberi spogli inseriti nelle teche, come la taverna di Sparafucile, l’ambientazione forse più riuscita. Come da tradizione risulta invece la gestione del coro, ben diretto da coro Massimo Fiocchi Malaspina, nelle scene d’assieme del rapimento di Gilda e nell’invettiva di Rigoletto, tutte gestite in palcoscenico.

Certamente la regia si prende alcune libertà dal libretto con Gilda che passa nella taverna di Sparafucile durante il quartetto, a sottendere un suo persistente legame amoroso con il duca di Mantova ma facendola rientrare prontamente e dando alla scena la sua fisionomia tradizionale.

Se quindi qualcosa di nuovo e di interessante si è visto nella regia, molto contenuta nei gesti attoriali, la realizzazione ha sofferto della direzione di Pietro Rizzo alla guida dell’Orchestra dei Pomeriggi Musicali. Una direzione lenta e a tratti noiosa ha fatto da accompagnamento alle voci che nella rappresentazione a cui si è assistito, cast alternativo formato da Francesco Landolfi (Rigoletto), Marco Ciaponi (Duca di Mantova) e Claudia Pavone (Gilda), forse avrebbero avuto bisogno di una concertazione più sostenuta per esaltare le loro qualità. Il tentativo di Rizzo di ricercare qualcosa di nuovo nella musica verdiana l’ha portato a creare situazioni musicali che a stento si riconoscevano come ascritti all’opera stessa, complice anche una scarsa qualità del suono dell’orchestra.

Francesco Landolfi è stato capace di prestare a Rigoletto accenti autorevoli ed efficaci nel canto forte ed espressivo. Quando tenta di smorzare la voce, la musicalità perde un po’ di espressività per farsi quasi un recitato sviando dalla linea di canto. Ma la scena di “Cortigiani vil razza dannata “ è stata condotta dal baritono con un approccio razionale, tutto puntando sulla compostezza del canto senza rincorrere a gesti vocali ostenti e plateali; certo che nel momento della “vendetta”, visto la mancanza di tono dell’orchestra, ci sarebbe voluto un po’ di veemenza, a Landolfi ha risolto la resa sonora ed emotiva del momento conclusivo dando sostegno al sovracuto della Gilda di Claudia Pavone.

A un anno dall’ottima Traviata sempre targata OperaLombardia, Claudia Pavone si riconferma voce interessante. La sua Gilda dal punto di vista vocale e interpretativo è più Violetta, ruolo in cui si sta imponendo all’attenzione, che la sprovveduta figlia reclusa disegnata da Verdi e da Piave; ha cantato bene con eleganza e precisione “Caro nome” ma ha dato impressione di un totale straniamento dal ruolo della figlia del “gobbo” complice anche una regia che mirava all’essenzialità nei ruoli femminili.

L’attenzione della rappresentazione si è così focalizzata sul Duca del tenore Marco Ciaponi che è riuscito a imporsi tra i protagonisti, grazie a una voce di tenore squillante con un bel fraseggio riuscendo a dominare i passaggi tra i registri centrali e acuti. Il suo è stato un Duca preciso e comunicativo che si integrava appieno nel complesso delle scelte registiche e sceniche

Tra i ruoli di comprimario si è imposto il basso Alessio Cacciamani come Sparafucile, delineando con convinzione e autorità il suo ruolo di sicario. Peccato che la Maddalena di Katarina Giotas non è stata adeguata, per risultato vocale, come degna compagna del bandito.

Completavano il cast Nadiya Petrenko (Giovanna), Matteo Mollica (Conte di Monterone), Giuseppe Distefano (Matteo Borsa), Guido Dazzini (Marullo), Giuseppe Zema (il conte di Ceprano), Anna Bessi (la contessa di Ceprano), Maria Luisa Bertoli (un paggio) e Giacomo Archetti (un Usciere di corte).

Il pubblico, che ha riempito il teatro come di consuetudine per una pomeridiana festiva, con la presenza di nuclei di giovani che contribuivano ad abbassare l’età media fatto di spettatori di mezza età, ha sancito con calorosi applausi l’esito della rappresentazione gradendo, alla fine, anche le novità dell’allestimento alle quali ci si dovrà sempre più abituare.

Federica Fanizza

(8 dicembre 2017)

La locandina

Regia Elena Barbalich
Aiuto regista e movimenti coreografici Danilo Rubeca
Scene e costumi Tommaso Lagattolla
Luci Fiammetta Baldiserri
Personaggi e interpreti:
Rigoletto Francesco Landolfi
Duca di Mantova Marco Ciaponi
Gilda Claudia Pavone
Sparafucile Alessio Cacciamani
Maddalena Katarina Giotas
Giovanna Nadiya Petrenko
Conte di Monterone Matteo Mollica
Matteo Borsa Giuseppe Distefano
Marullo Guido Dazzini
Il Conte di Ceprano Giuseppe Zema
Contessa di Ceprano Anna Bessi
Paggio Luisa Maria Bertoli
Usciere Giacomo Archetti
Direttore Pietro Rizzo
ORCHESTRA I POMERIGGI MUSICALI
CORO OPERALOMBARDIA
Maestro del coro Massimo Fiocchi Malaspina

0 commenti

Lascia un Commento

Vuoi partecipare alla discussione?
Sentitevi liberi di contribuire!

Lascia un commento

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.