Firenze: dirompente l’Aida in tempo di guerra
“Pace, t’imploro…Pace!”. Con queste parole di Amneris (cui seguono le parole “Immenso Fthà!” del coro di sacerdoti e sacerdotesse) si chiude Aida di Giuseppe Verdi e la regia di Damiano Michieletto che è stata proposta a Firenze nel recente allestimento dell’87º Maggio Musicale Fiorentino appena concluso, senza dubbio prende ispirazione da qui.
Vero che non è nuovissima, dato che è la ripresa dell’allestimento per la Bayerische Staatsoper di Monaco del 2023, ma in questo caso ha assunto toni di una attualità impressionante. Michieletto ha abituato il pubblico alle sue geniali regie e ai riadattamenti in ambinti contemporanei, che, se anche non accontentano i tradizionalisti, hanno il pregio di ridare ogni volta attualità alle opere, a rendere vivo il loro messaggio.
Ed ecco quindi che le scene di Paolo Fantin ci trasferiscono non in Egitto, ma in una palestra-rifugio, dal soffitto bombardato, quindi in uno scenario di guerra, in cui ci sono donne – fra cui Aida – e bambini sopravvissuti. In un periodo storico come quello che stiamo vivendo, l’aver trasformato l’Egitto in questo scenario ha un effetto immediato assai convincente.
Altre importanti trasfornazioni sono state apportate per rendere coerente questa lettura, in particolare sono scomparsi i balletti: niente danza delle sacerdotesse per l’investitura di Radamés come capo della spedizione contro gli Etiopi, bensì una cerimonia di vestizione dei guerrieri. Niente danza dei moretti a favore di movimenti scenici di bambini con una animatrice sui trampoli che procura anche palloncini: anche queste sono scene tipiche degli scenari di guerra in cui i volontari cercano di intrattenere i bambini. Infine la marcia trionfale viene restituita scenicamente con una celebrazione in cui il re premia con medaglie all’onore i reduci di guerra, alcuni dei quali mutilati: efficacissimo e geniale.
I costumi di Carla Teti, le luci di Alessandro Carletti, la drammaturgia di Mattia Palma e, ultimi ma non ultimi, i movimenti coreografici di Thomas Wilhelm contribuiscono a trasmettere questa forte e angosciante narrazione di un’opera amatissima, che anche nel finale ha un momento risolto in maniera splendida: Radames e Aida si trovano immersi nella cenere post bombardamento, che sarà la loro tomba, e il lungo duetto viene risolto con movimenti coregrafici che creano una situazione onirica, in cui ci sono coppie di figuranti che ballano con tanto di violino, fisarmonica e palloncini, in modalità ralenti di grande impatto.
Trionfatore assoluto della produzione è stato, comunque, Zubin Mehta, che di Aida è un esperto conoscitore e che ha fatto cantare l’orchestra come un personaggio della storia, ne ha esaltato i colori, operazione resa possibile grazie alla qualità sempre più alta di questa compagine del Teatro del Maggio, che fa pendant con l’altrettanto straordinario Coro, diretto come sempre dall’ottimo Lorenzo Fratini.
Senza dubbio la parte musicale migliore la dobbiamo a loro, poiché nel cast nessuno ha spiccato in maniera particolare.
Olga Maslova ha cantato il ruolo del titolo onestamente, come anche Seok Jong Baek ha sostenuto quello di Radamés, sebbene nei piano e nei filati non renda tanto bene.
Daniela Barcellona è stata certamente la migliore, soprattutto per presenza scenica. Completavano il cast Leon Kim (Amonasro), Simon Lim (Ramfis), Manuel Fuentes (il faraone), Yaozhou Hou (il messaggero) e Suji Kwon (la sacerdotessa).
Donatella Righini
(28 giugno 2025)
La locandina
Direttore | Zubin Mehta |
Regia | Damiano Michieletto |
Scene | Paolo Fantin |
Costumi | Carla Teti |
Luci | Alessandro Carletti |
Video | rocafilm | Roland Horvath |
Drammaturgia | Mattia Palma |
Movimenti coreografici | Thomas Wilhelm |
Personaggi e interpreti: | |
Aida | Olga Maslova |
Radamès | SeokJong Baek |
Amneris | Daniela Barcellona |
Amonasro | Leon Kim |
Ramfis | Simon Lim |
Il Re | Manuel Fuentes |
Una sacerdotessa | Suji Kwon |
Un messaggero | Yaozhou Hou |
Orchestra e Coro del Maggio Musicale Fiorentino | |
Maestro del Coro | Lorenzo Fratini |
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