Firenze: Gaetano Giani-Luporini, la genesi del Suono

Compositore, poeta, pittore. Suono, meditazione, colori. Tutte queste tracce creative aleggiano ampiamente nelle trame del concerto monografico dedicato a Gaetano Giani-Luporini (1936-2022) che il Gamo (Gruppo Aperto Musica Oggi) ci ha regalato nel programma dell’87° Festival del Maggio Musicale Fiorentino.

Luporini coabita suo malgrado, in un limbo affollato, con quel gruppo di artisti contemporanei che raramente scopriamo nei cartelloni delle istituzioni musicali. Quando questo succede, come nel caso del musicista lucchese, spesso si tratta di una piacevole scoperta.  In realtà proprio il Gamo- con il quale Luporini coltivava uno stretto rapporto attraverso il fraterno amico Giancarlo Cardini che ne è stato uno dei fondatori – soprattutto attraverso la pianista Ilaria Baldaccini (che oltre che proporli nei concerti ha inciso nel 2017 i Nove Mantram per EMA Vinci Records) ce ne segnala da tempo l’importanza e il peso di visionario ricercatore. Basterebbe qui citare la collaborazione, negli anni Novanta del Novecento, di Luporini con Carmelo Bene per le musiche di scena di suoi lavori teatrali, come indizio utile per capirne la collocazione culturale non proprio accademica.

A Firenze, nella fascinosa Sala Orchestra del Teatro del Maggio, ci viene rivelato uno scenario sonoro sorprendente: due lavori per solisti, i Nove Mantram per pianoforte solo (2000) e Genesi per flauto solo (1972) e tre opere per ampi ensemble, Concerto de Le divine battaglie per undici archi (1984-1987), Tessiture per clavicembalo e undici archi (1973) e Tetraktis per violino, pianoforte e quattordici archi (1995).

Potremo definire Nove Mantram un cavallo di battaglia della Baldaccini. Nove quadri brevi ma intensi sul piano spirituale e meditativo, come su quello del suono e del gesto. Emerge qui la lezione di Roberto Lupi, Luporini è stato suo allievo al Conservatorio di Firenze, lezione non solo musicale ma anche filosofica: lo avvicinò infatti all’antroposofia. Tematiche mistiche ed esoteriche che trasfigurano in un uso particolare degli intervalli e una concezione del suono come essenza, tensione evocativa. Nove tracce che quasi si rincorrono in una urgenza comunicativa che le vede come schegge, grumi di colori, isole sonore che roteano inquiete in panorami dove si alternano silenzi, riverberi e lampi di luce. Non poteva che essere per Roberto Fabbriciani, il flauto protagonista dalle avanguardie alla musica d’oggi, l’incontro con Genesi. La composizione evoca l’origine del suono attraverso l’esplorazione di avventurose possibilità tecnico-espressive. L’emissione contemporanea di più suoni, gorgoglii, slap, fischi, rumore, si confonde, si mischia con la voce che in un quasi parlato, una polifonia vocale, ci offre una plastica sintesi di come la genesi sia frutto del pensiero e dell’artigianato strumentale. Alla fine, si ha la netta sensazione di aver assistito ad un rito, con tutti i suoi risvolti spirituali ed esistenziali. Se consideriamo poi l’anno di composizione, il 1972, percepiamo anche quanto Luporini fosse avanti nella ricerca.

Nei tre lavori per ampi organici potremo trovare, anche se con sfaccettature diverse, un comune filo conduttore che è quello della fascinazione di Luporini per la musica antica. Fascinazione che si snoda però in un percorso antiretorico e anti-nostalgico, lontano anche da dipendenze ideologiche del serialismo, vissuta in una visione aperta dove un’originale sperimentazione acustica e una pregnante scrittura ne segnano tutte le pagine. È indubbio che il compositore toscano ami gli strumenti ad arco, come nella capacità di gestire le sezioni dell’organico e la susseguente visione drammaturgico-teatrale espressa nell’andamento, nelle allusioni cui rimandano i titoli delle opere, ci offre un panorama vivo e pulsante, mai scontato. Emerge anche in questi contesti, grazie alla raffinata capacità comunicativa di Giacomo Piermatti, il ruolo del contrabbasso, che spesso solo, va oltre ruolo di referente ritmico-armonico per disegnare cambi di ambientazione, attraverso glissando e un’agile diteggiatura.

Concerto per Le divine battaglie, diviso in sette sezioni, è un sorprendete rincorrersi delle corde, un continuum dove energie, colori forti, vedono ciclicamente sezioni emergere sulle altre in un equilibrio magico che nei tutti insieme trasfigura in una massa sonora che rotola e ci travolge fino alla fine. Tessiture gioca su un seducente rapporto tra clavicembalo e archi. Anche qui la Baldaccini, vera mattatrice della serata, domina uno strumento che conosce bene, ce ne rende il suono antico come i limiti sonori, accentua contrasti e timbri immergendoli in una contemporaneità pulsante.  Chi pensava allo strumento come vaga memoria, oggetto museale di alta falegnameria che arredava i salotti barocchi è servito. Chiude la serata Tetraktis. Il pianoforte tutto, tastiera e corde comprese, affiancato dal violino solista di Alberto Bologni, sono i protagonisti che ci conducono tra colori scuri, stop improvvisi, stratificazioni che tratteggiano una coinvolgente drammaturgia collettiva, verso un finale epico dove gli archi in una polifonia esaltante ci portano al guizzo finale della tastiera.

Paolo Carradori
(21 maggio 2025)

La locandina

Direttore Francesco Gesualdi
Violino Alberto Bologni
Pianoforte e clavicembalo Ilaria Baldaccini
Flauto Roberto Fabbriciani
GAMO Ensemble
Violini Alberto Boccacci, Alberto Bologni, Lucrezia Ceccarelli, Marco Facchini, Chiara Franceschini, Chiara Mura, Michelangelo Nuti, Eleonora Podestà, Lorenzo Petrizzo, Pamela Tempestini
Viole Carmelo Giallombardo, Matilde Giorgis
Violoncelli Andrea Volcan, Lucio Labella Danzi
Contrabbasso Giacomo Piermatti
Programma:
Gaetano Giani-Luporini
Concerto de Le divine Battaglie per undici archi (1984-1987)
Nove Mantram per pianoforte solo (2000)
Tessiture per clavicembalo e undici archi (1973)
Genesi per flauto solo (1972)
Tetraktis per violino, pianoforte e quattordici archi

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