Firenze: Homme Arme’, Pifaresca e la bellezza atemporale di Monteverdi
È sorprendente come la musica del 1600 possa suscitare oggi un così grande coinvolgimento. Potremo dire, sintetizzando e semplificando, che se è vero che il sommo Claudio Monteverdi da Cremona rappresenti una garanzia, sarebbe interessante allora indagare quali corde percettive la sua arte, concepita oltre quattrocento anni fa, stuzzichi in noi uomini moderni, tecnologici e connessi. Me lo stavo chiedendo durante i lunghi applausi che in una Sala Zubin Mehta calorosissima sottolineavano in modo inequivocabile il successo del concerto Lume alla terra – Monteverdi sacro e profano che ha visto protagonisti sul palco dell’87° Maggio Musicale Fiorentino l’ensemble L’Homme Armé e il gruppo strumentale La Pifaresca.
Forse più che un approccio musicologico sulle innovazioni tecniche del periodo, che tracciano la transizione dal Rinascimento al Barocco, sarebbe preferibile parlare di emozioni, che sono poi il motivo che fa scattare quella scintilla, le motivazioni di assistere ad un concerto. La grandezza di Monteverdi sta proprio nella sua capacità di coinvolgerci emozionalmente, attraverso la costruzione architettonica della musica, la sinuosità dei dettagli, la ricchezza armonica, l’importanza della parola, il profilo psicologico dei personaggi, le tensioni tra amore e dolore. Questo coinvolgimento travalica storia ed estetiche, Monteverdi è attuale, trasformando le emozioni di un teatro musicale che combina elementi drammatici, musicali e poetici in un linguaggio universale, atemporale, parla anche di noi.
Ma è anche vero che tutte queste bellezze necessitano di artisti che ce le sappiano veicolare andando oltre una rappresentazione filologica, meccanicamente didattica. Sul palco del Maggio, L’Homme Armé, ensemble vocale che da oltre quarant’anni approfondisce e propone musica antica, ricercandone suggestioni e connessioni con il pensiero musicale contemporaneo, e La Pifaresca, organico strumentale specializzato in repertori medioevali e rinascimentali, ci hanno garantito una lettura monteverdiana di altissimo livello esecutivo.
Il programma della serata è estremamente coinvolgente: sul fronte sacro viene proposta la Missa in illo tempore (1610), su quello profano La sestina. Lagrime d’amante al sepolcro dell’amata (1614), anche se va detto che questa distinzione durante l’ascolto quasi sfuma, nel senso che sia materiali che contesti si intrecciano, canoni religiosi, rigore delle norme ecclesiastiche, come l’esplorazione esistenziale nella sfrenata creatività monteverdiana si confondono, ci confondono.
Anche se non proposta nella conseguenzialità della prassi liturgica, ma alternata ad altre composizioni di contemporanei di Monteverdi, la Missa è un esempio paradigmatico dell’inserimento di elementi innovativi in una trama tradizionalmente polifonica, mantenendo una profonda spiritualità. Kirie, Gloria, Credo, Santus, Agnus Dei, brillano come momenti unici. Se il modello è polifonico si percepisce però un raffinato lavoro sull’espressività del testo, sul rapporto con la parola, una tessitura vocale ricercata e complessivamente leggibile, drammaticità ed enfasi emotiva che prefigura una teatralità non comune fino a quel momento nelle opere sacre. L’estrema cura delle sfumature, la partecipazione passionale delle voci dell’ensemble che non disperde mai il rapporto vitale con la ricchezza espressiva degli strumenti, sorprendente il raro cornetto, garantiscono un equilibrio magico, una consonanza che disegna un affresco di ampio respiro.
Ma è probabilmente con la Sestina. Lagrime d’amante al sepolcro dell’amata che si sfiorano i vertici della purezza poetica. Il dolore, l’angoscia dell’amante afflitto traspare nella trama della tragica vicenda della diciottenne soprano Caterinuccia Martinelli, allieva di Monteverdi, che muore quando si apprestava a dare voce al personaggio di Arianna dell’omonima opera del compositore cremonese. L’ensemble costruisce un’atmosfera rarefatta aperta dalla voce sola del primo madrigale Incenerite spoglie che invoca l’anima perduta. Gli altri madrigali attraverso costruzioni armoniche, ritmi costanti, i lamenti dell’amante riflettono sull’immutabilità delle leggi della natura, evocano le gentili sembianze della giovinetta. Una lirica sublime dove introspezioni, dolcezze e pene sofferte ci raccontano una storia che sentiamo vicina.
Paolo Carradori
(13 giugno 2025)
La locandina
Direttore | Fabio Lombardo |
Ensemble L’Homme Armé | |
Cantus | Giovanna Baviera |
Sextus | Marta Fumagalli |
Altus | Andrés Montilla Acurero altus |
Tenor | Paolo Fanciullacci |
Quintus | Riccardo Pisani |
Bassus | Gabriele Lombardi |
La Pifaresca | |
Cornetto | Bruce Dickey, Andrea Inghisciano, Davide Brutti |
Trombone | Mauro Morini |
Organo | Andrea Perugi |
Programma: | |
Claudio Monteverdi | |
Adoramus te, Christe | |
Giovan Battista Grillo | |
Canzone quartadecima a 4 | |
Claudio Monteverdi | |
Da Missa in illo tempore: Kyrie, Gloria | |
Ottavio Bargnani | |
Canzon seconda | |
Claudio Monteverdi | |
Sestina. Lagrime d’amante al sepolcro dell’amata: Incenerite spoglie, Ditelo voi, Darà la notte il sol/ Ma te raccoglie, Chiome d’or, Dunque amate relique | |
Luzzasco Luzzaschi | |
Occhi del pianto mio | |
Claudio Monteverdi | |
Da Missa in illo tempore: Credo | |
Giovanni Gabrieli | |
Canzon seconda | |
Claudio Monteverdi | |
Da Missa in illo tempore: Sanctus, Agnus Dei |
Lascia un Commento
Vuoi partecipare alla discussione?Sentitevi liberi di contribuire!