Genova: Carmen tra libertà e convenzione

È un’immagine forte quella su cui Carmen si apre al Teatro Carlo Felice: un grande velario scarlatto cela il palcoscenico e mostra le tracce in movimento di sagome umane che da dietro vi si premono. Intanto, sul podio, Donato Renzetti dirige con smalto il Prélude dell’opera di Bizet. L’immagine è forte, sì, ma non si può negare che sia al contempo convenzionale: troppo sfruttate, in troppi luoghi, le corrispondenze tra il color rosso e la passione, il rosso e la violenza mortifera.

E sul binario della convenzionalità scorre tutta la regia di Emilio Sagi, a Genova ripresa da Nuria Castejón, nell’allestimento prodotto dal Teatro dell’Opera di Roma, che l’ha messo in scena nel 2014. A parte pochi guizzi inspiegabili, come la trasformazione di Lillas Pastia in una drag queen o la caratterizzazione delle sigaraie, di bianco vestite come educande e troppo pallide contendenti nella lite provocata da Carmen, la regia è didascalica, non mostra una volontà interpretativa che vada al di là del dipanarsi dell’azione scenica.

A rendere visivamente interessante lo spettacolo sono le scene di Daniel Bianco, con le arcate sullo sfondo e l’intelligente parete mobile lignea a metà palcoscenico, le luci di Eduardo Bravo e i costumi di Renata Schussheim; la versione dell’opera adottata è quella con i recitativi composti da Ernest Guiraud che sostituiscono i dialoghi parlati. L’azione è spostata al primo Novecento, come conferma la comparsa di un giornalista a immortalare Escamillo con la tipica macchina fotografica da reporter. A Nuria Castejón, oltre alla ripresa della regia, si devono anche le coreografie efficaci, pur se un po’ troppo rumorose a scapito della musica.

La seconda compagnia di canto, quella che abbiamo ascoltato, è dominata dalla protagonista Caterina Piva, mezzosoprano dalla voce duttile, brunita nel timbro e ben articolata, con un’attraente presenza scenica e una considerevole verve, inflessibile e convincente nel rivendicare la propria libertà anche a prezzo della vita; accanto a lei, il Don José di Amadi Lagha è solido e abbastanza ben impostato. Escamillo, Abramo Rosalen, canta con generosità, pur se con qualche imprecisione. Di alto livello tutto il resto del cast, a partire dalla Micaëla di Angela Nisi.

Ottima la prova dell’Orchestra del Carlo Felice sotto la guida esperta di Renzetti, che sa dare rilievo ai diversi umori e colori della partitura con una particolare sensibilità verso gli aspetti più lirici, ma senza indebolire quelli più sanguigni e passionali. Lodevoli il Coro e il Coro di voci bianche del Teatro, con i loro Maestri Claudio Marino Moretti e Gino Tanasini.

Il pubblico che ha colmato la sala, entusiasta, alla fine tributa fervidi e ripetuti applausi a tutte le componenti dello spettacolo, con un’ovazione per Caterina Piva.

 

Patrizia Luppi
(24 maggio 2025)

La locandina

Direttore Donato Renzetti
Regia Emilio Sagi
ripresa da Nuria Castejón
Scene Daniel Bianco
Costumi Renata Schussheim
Coreografie Nuria Castejón
Luci Eduardo Bravo
Personaggi e interpreti:
Don José Amadi Lagha
Escamillo Abramo Rosalen
Le Dancaïre Armando Gabba
Le Remendado Saverio Fiore
Moralès Paolo Ingrasciotta
Zuniga Luca Dall’Amico
Carmen Caterina Piva
Micaëla Angela Nisi
Frasquita Vittoriana De Amicis
Mercédès Alessandra Della Croce
Orchestra, Coro, Coro di voci bianche e Tecnici dell’Opera Carlo Felice Genova
Maestro del Coro Claudio Marino Moretti
Maestro del Coro di voci bianche Gino Tanasini

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