Londra: Che noia la Carmen di Kosky

Per la stagione invernale 2018 la Royal Opera House ha deciso di proporre una nuova produzione di Carmen affidandola al regista australiano Barrie Kosky.La precedente produzione diretta da Francesca Zambello aveva visto la luce nel 2006. Il tradizionale allestimento, riproposto con successo per cinque volte, ospitò grandi artisti del calibro di Jonas Kaufman, Anna Caterina Antonacci, Brian Hymel and Anita Rachvelishvili.L’attuale produzione di Carmen proviene invece da Francoforte, dove è stata allestita per la prima volta nel giugno dello scorso anno.

Kosky si trova di fronte ad una delle più popolari opere mai scritte. È evidente come lo sforzo principale del regista sia stato quello di proporre una nuova Carmen navigando il più lontano possibile (forse troppo) dal realismo e dall’immaginario che questa opera inevitabilmente porta con sé. Kosky decide di usare la metafora del teatro di rivista creando uno show che combina testo, musica e danza in qualcosa che si allontana dall’opera e si avvicina all’operetta fino addirittura al musical, senza tuttavia esserlo.Esiziale è la sostituzione di tutti i recitativi con una narrazione. Un’invisibile voce femminile, registrata, racconta la storia di Carmen quasi fosse la stessa protagonista a parlare.

Nelle scene realizzate da Katrin Lea Tag, ovviamente, di spagnolo non c’è nulla. L’intera scenografia è composta di una semplice vasta scalinata su cui corrono pericolosamente su e giù i personaggi. Kosky lascia aperta al pubblico la porta dell’immaginazione: la scenografia rappresenta la gradinata di un teatro greco, l’interno di una corrida o la scalinata su cui danzano le showgilrs a Les Folies Bergères?I costumi sembrano ambientare l’azione attorno agli anni ’20 del secolo scorso. E poi, tanta tantissima danza durante le arie più famose e i pezzi corali. Sei flessuosi iperattivi ballerini, coreografati da Otto Pincher, imperversano durante tutta la rappresentazione danzando ironicamente come in uno spettacolo di rivista.

E’ chiaro che Kosky vuole sorprendere. Carmen è vista per la prima volta in scena in versione androgina in un completo da torero rosa. Più tardi, la protagonista si presenterà per cantare Habanera travestita da gorilla, ed in seguito i suoi costumi richiameranno quelli di Marlene Dietrich in Venere Bionda di Sternberg.Il regista australiano non ammette nessun realismo nella sua Carmen. L’interprete musicale non immerge completamente se stessa nel ruolo, così da indurre il pubblico a credere di vedere solo il personaggio. Il soprano non rappresenta Carmen, ma rappresenta il personaggio di Carmen. Nel finale, dopo essere stata pugnalata a morte, la protagonista resuscita, si risolleva e fa le spallucce agli spettatori come a volerci dire che è tutta finzione.Nonostante questa particolare messa in scena e lo sforzo intellettuale lo spettacolo non funziona del tutto. La realizzazione dell’idea del regista si scontra brutalmente con la musicalità e lo svolgimento drammatico dell’opera. Lo spettacolo è incoerente. Questa non è la Carmen di Bizet, ma la Carmen di Kosky. Il risultato è oltremodo noioso.

La statica narrazione audio uccide l’azione in scena; di più, la voce lagnosa diventa via via irritante. I balletti stile musical sono divertenti e davvero ben eseguiti, tuttavia sono un pugno nello stomaco sulla musica di Bizet. L’ambientazione così povera finisce con l’essere troppo monotona. Se non altro ci si diverte a vedere chi inciampa sulla pericolosa scalinata.Se durante il primo e secondo atto queste idee ci sembrano almeno funzionali a proporre qualche riflessione, purtroppo lo spettacolo cade totalmente dalla parte del tedio dopo la pausa con un terzo e quarto atto assolutamente piatti. È evidente che il regista abbia voluto porre l’accento sul debito che Carmen ha con l’opera comique, ma trasformandola in un’operetta o in un musical si esce da teatro con l’idea di non aver visto affatto Carmen.

Il direttore Jakub Hrůša dirige incentrando tutto su tempi sempre molto serrati. Come a Francoforte nel 2017, sono ripristinati alcuni passaggi di solito omessi. All’inizio del primo atto è reintegrata la scena che coinvolge Morales, commilitone di Don Jose. Carmen al suo ingresso non solo canta la tradizione Habanera (quella standard presa in prestito dal compositore spagnolo Sebastian Iradier credendo fosse una canzone popolare), ma di seguito anche la precedente versione scartata dallo stesso Bizet.

Va meglio per quel che riguarda la compagnia di canto. Difficile tuttavia giudicare dei cantanti che alla fine dei conti non sembrano avere avuto la possibilità di interpretare davvero i rispettivi ruoli.Anna Goryachova è, nei panni, della Carmen di Kosky una straordinaria attrice capace di veicolare aggressività, ma anche un ironico senso dell’humor. A queste doti di attrice la Goryachova abbina un canto corretto ed una bella voce purtroppo non particolarmente voluminosa.

Buona anche la prestazione di Francesco Meli il cui personaggio era davvero poco valorizzato registicamente. Tuttavia, con il suo canto Meli è riuscito a trasmettere quel qualcosa di mediterraneo che è intrinseco nella partitura di quest’opera. Il tenore genovese ha irradiato il Covent Garden con la sua voce dispiegandosi in un canto voluminoso e ricco di sfumature.Certamente interessante la performance del soprano Kristina Mkhitaryan nei panni di Micaëla. Mkhitaryan, con il suo timbro caloroso e uniforme ha dato vita ad una dolcissima Micaëla. Nell’aria “Je dis que rien ne m’épouvante” il soprano russo ha pennellato una interpretazione piena di fragilità ed innocenza.Non particolarmente memorabile Kostas Smoriginas nei panni di Escamillo. Corretti gli altri. Davvero ottima invece la prova del Coro. Sarà interessante vedere se nelle prossime stagioni del Covent Garden questa Carmen verra’ riproposta.

Thomas Gobbetti

(Londra, 10 febbraio 2018)

La locandina

Direttore Jakub Hrůša
Regia Barrie Kosky
Scene e costumi Katrin Lea Tag
Lighting designer Joachim Klein
Coreografia Otto Pichler
Drammaturgia Zsolt Horpácsy
Carmen Anna Goryachova
Micaela Kristina Mkhitaryan
Frasquita Haegee Lee
Mercédès Adèle Charvet
Don José Francesco Meli
Escamillo Kostas Smoriginas
Zuniga David Soar
Morales Dominic Sedgwick
Le Remendado Jean-Paul Fouchécourt
Le Dancaïre Pierre Doyen
Royal Opera House Orchestra and Chorus
Maestro del Coro William Spaulding

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