Lubiana: Ksenija, la riscoperta di Viktor Parma

In epoca di imperante globalizzazione non può che destare stupore la pervicacia con cui le istituzioni musicali della vicina Repubblica di Slovenia dedichino le loro attenzioni alla figura di Viktor Parma nato a Trieste nel 1858 e morto a Maribor nel 1924.

Parma ha fortemente influenzato con i suoi numerosi lavori, che furono tutti ben accolti e spesso eseguiti, la storia musicale slovena. Formatosi musicalmente nella città natale e a Vienna dove studiò legge e contemporaneamente frequentò le lezioni di Anton Bruckner al Conservatorio, fu musicista molto prolifico.

Le prime opere, “Ulrich, Conte di Cilli”, 1894, “Ksenija”, 1896, e l’atto unico “Vecchia canzone”, 1898, s’ispirano al modello verdiano non senza rifiutare l’ispirazione dei coevi autori del Verismo italiano. Nei primi anni del Novecento Parma, la cui attività principale fu quella di uomo di legge, diede alle scene numerose operette, titoli che a noi oggi dicono poco, ma che lo imposero nei teatri di Austria, Trieste compresa, e Slovenia. Ritiratosi a Maribor dopo essere andato in pensione alla fine della prima guerra mondiale, fu “Ehrenkapellmeister” presso il Teatro Nazionale della città sulla Drava.

Nel primo periodo della sua attività compositiva Parma prese a modello Ivan Zajc, che aveva studiato a Milano, da ciò l’equivoco che Parma si modellò su esempi italiani e che fu il fondatore della scuola nazionale croata. L’intento di Parma era di creare, a sua volta, una scuola nazionale slovena. Il suo stile migliorò molto nelle opere successive, dove gli influssi di Smetana, Dvorak e Ciaikovski gli permisero di acquisire uno stile genuinamente slavo, che fuso con lo stile del canto popolare sloveno, portò appunto alla nascita dell’opera nazionale slovena. Stile che si ritrova anche nelle sue operette, sebbene qui il modello viennese sia evidente. Parma compose tutti i suoi lavori su testi scritti in lingua slovena, divenendo così l’autore che per primo compose lavori per il teatro in tale lingua.

Il suo capolavoro è l’opera Zlatorog, di recente ripresentata al Teatro Nazionale Sloveno di Maribor, basata su un’epica leggenda delle Alpi Giulie, riguardante il mitico camoscio dalle corna d’oro, opera nella quale è indubbio l’influsso dell’opera alpina La Wally di Alfredo Catalani

Subito dopo la seconda guerra mondiale, il nuovo regime comunista jugoslavo considerò le opere di Parma musica reazionaria giacché una sua opera era stata eseguita a Lubiana durante l’occupazione nazista, e ne vietò l’esecuzione. Solo nel 1977 e nel 1983 a Maribor si provò timidamente a riesumarlo, ma senza un vero e proprio seguito.

Ora il Teatro Nazionale Sloveno di Lubiana insiste e inaugura la stagione 2017/2018 ripresentando, abbinandola ai Carmina Burana di Carl Orff, la delicata opera giovanile Ksenija, un atto unico con intermezzo, che – chissà perché – è stata frequentemente accostata alla Cavalleria Rusticana di Mascagni. La vicenda non è di quelle che appassionano. Quando si apre il sipario, il protagonista tenore Aleksij si è già rifugiato in un convento per dimenticare Ksenija, la donna amata, che è destinata a un altro e che lo raggiunge poco dopo con la fedele Tatjana per cercare pace nello stesso eremo e sfuggire alle proposte indecenti dell’impetuoso Cavaliere, che altri non è se non il fratello del protagonista.

Ksenija, è fuggita dall’altare poco prima del matrimonio e lo sposo respinto reclama i propri diritti, anche a costo di un duello tra consanguinei. Nel corso della tenzone, per un errore del caso, rimane trafitta proprio la donna contesa. Il sipario cala sullo sgomento generale.

Di là dal libretto apparentemente incompleto, firmato da Goestl, Funtek e Oblak e della musica, di una concisione esagerata e stilisticamente a metà strada tra il linguaggio del melodramma italiano dell’Ottocento e l’operetta, Ksenija ha un valore legato alla storia della sua prima esecuzione, che ottenne un successo enorme, e alla fortuna dell’Intermezzo che ha mantenuto negli anni una vivace popolarità nelle sale da concerto della Slovenia.

L’atemporalità fantasy dal retrogusto tardomedievale dello spettacolo di Manfred Schweigkofler che ne firma la regia e la concezione drammaturgica, serve a fare da ponte con la seconda parte della serata in cui sono eseguiti in forma scenica i Carmina Burana di Orff. Il “fil rouge” è doppio: da una parte l’ambiente conventuale di entrambi i lavori, dall’altra l’idea del destino che colpisce a sorpresa la protagonista e che è a sua volta protagonista in Orff. Nei panni di una Fortuna divinizzata, Georgeta Capraroiu della compagnia di balletto stabile, tesse le fila dello spettacolo che si avvale delle proiezioni di Christoph Grigoletti, attivo anche nella realizzazione di video musicali per alcuni dei maggiori cantautori e gruppi italiani.

Il dinamismo del tutto, lo spettacolo è sostanzialmente accattivante e un notevole contributo è dato dai costumi di Mateja Benedetti e dal disegno luci di Andrej Hajdinjak, vede il Coro stabile del Teatro Nazionale Sloveno di Lubiana preparato da Zelijka Ulcnik Remic in bella evidenza.

La versione scenica e coreografica della cantata, realizzata da Lukas Zuschlag e dallo stesso Schweigkofler, riporta sulla scena, tra coristi e corpo di ballo, i personaggi di Ksenija e dei suoi due pretendenti, persi in una rete di avvenimenti che farà loro rivivere la triste vicenda dell’opera.

Quanto agli interpreti, la sera in cui abbiamo assistito allo spettacolo, il tenore Branko Robinšak cedeva il ruolo di Aleksij al giovane Edvard Strah, voce importante ma ancora immatura, artista comunque da seguire. L’altrettanto giovane Mojca Bitenc chiamata a sostituire l’interprete prevista, Martina Zadro, è stata viceversa una Ksenija di voce limpida e fresca e di belle intenzioni espressive. Il baritono Ivan Andrea Arnsek, dal canto suo, era un Cavaliere arrogante nei gesti e passionale nella voce nell’opera di Parma e risolveva anche scenicamente molto bene i suoi interventi in Orff.

Ottima anche la prova del mezzosoprano Gordana Hleb che dava grazia operettistica all’ancella Tatjana e convincente, in Orff, Brane Grubar nel canto comico del cigno arrostito.

Dal podio Marko Gašperšič alla testa dell’Orchestra stabile del Teatro dava all’insieme continuità e bel suono riuscendo a coinvolgere e appassionare il folto pubblico che gremiva la bella sala settecentesca del Teatro dell’Opera di Lubiana di recente riportato al suo originario splendore.

Rino Alessi  

(10 ottobre 2017)                                

La locandina

Direttore Marko Gašperšič
Regia e scene Manfred Schweigkofler
Video Opera Illuminata, Christoph Grigoletti
Costumi  Mateja Benedetti
Coreografie Lukas Zuschlag
Ksenija
Aleksij Edvard Strah
Ksenija Mojca Bitenc
Tatjana  Gordana Hleb
Vitez Ivan Andres Arnšek
Carmina Burana
Soprano Mojca Bitenc
Bariton  Ivan Andres Arnšek
Fortuna Georgeta Capraroiu
Cigno Brane Grubar k. g.
Operni zbor in orkester SNG Opera in balet Ljubljana

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