Lucerna: Haitink, l’addio al podio di un grande.

Ci sono concerti che si ascoltano una sola volta nella vita: quello di seguito recensito è uno di questi.

Dal 12 giugno scorso, giorno in cui a 90 anni da poco compiuti l’inossidabile Bernard Haitink ha annunciato che il suo anno sabbatico si sarebbe trasformato in un addio al podio, il concerto del 6 settembre 2019 al KKL è diventato the place-to-be. Per il concerto dell’anno (preceduto da due date, a Salisburgo prima e a Londra poi) com’è ovvio sfumano in un battibaleno tutti i biglietti per il pubblico e gli accrediti per i giornalisti.

La brillantissima carriera del direttore olandese, iniziata nel 1954 alla Radio Filharmonisch Orkest, si conclude così al Lucerne Festival, insieme ai Wiener Philharmoniker e al pianista americano Emanuel Ax che sostituisce Murray Perahia. Nei suoi ultimi impegni, con orchestre e solisti diversi, Haitink ricordava un monaco intento a tracciare un cerchio Enso: il 21 febbraio di quest’anno, a Monaco, una Nona Sinfonia di Beethoven con l’Orchestra e il Coro della Radio Bavarese ci ha inchiodati alla poltrona; il 24 aprile al LAC di Lugano la Sinfonia Concertante per violino, violoncello, oboe, fagotto e orchestra di Haydn e la Terza di Beethoven interpretata dall’Orchestra Mozart è da annoverarsi tra quei pochi concerti che si ricorderanno anche negli anni a venire. Nel suo gesto direttoriale, ridotto all’essenziale, nei pochi movimenti misurati, pregni di una grande forza interiore, c’è un superare se stesso, un andare oltre, verso zone dello spirito difficilmente esplorabili senza un viatico. A Vienna e ai suoi maggiori compositori torna e ritorna quindi Haitink per lasciare attraverso di loro il suo testamento artistico.

Nel Quarto Concerto per pianoforte e orchestra di Beethoven Haitink articola ogni frase con precisione, essenzialità, energia: lancia un’occhiata alla partitura sobriamente annotata di fronte a sé sul leggio, immerso nel silenzio e nell’attenzione cristallina del pubblico che lo ascolta. Il primo movimento è pulito, senza fronzoli e senza eccessi beethoveniani; l’artiglio beethoveniano si fa vedere e sentire nel secondo movimento, come la zampata di un vecchio leone. Anche se procede per gradi, da un atteggiamento olimpico verso un tumulto quasi bacchico, la trasparenza è la cifra che domina questa magnifica interpretazione. Ax, da par suo, è il perfetto comprimario di questo Concerto beethoveniano: c’è tra il solista e il direttore un’intesa così profonda che non necessita di nulla, non un’occhiata, non un cenno. Emanuel Ax chiude la prima parte con Il mugnaio e il ruscello Lied tratto dalla schöne Müllerin di Schubert trascritto da Liszt.

La  Settima Sinfonia di Bruckner è la fine e l’inizio per Haitink: è stata la prima Sinfonia che ha diretto dopo aver assunto la direzione del Concertgebouw e l’ultima con cui dà il suo concerto di addio. Il direttore fa il suo ingresso, sale sul podio, ma la partitura resta chiusa sul leggio. La Sinfonia, che sembra scritta apposta per mettere alla prova i mezzi fonici ed espressivi di un’orchestra, è levigata e tornita. Pur nella sua tendenza all’accumulazione, Bruckner porta avanti il discorso musicale passando da un tema all’altro senza fratture perciò questa Sinfonia è stata spesso paragonata a una cattedrale, la cui grandezza è al di fuori del tempo. Il mastro del cantiere, il co-creatore Haitink ora la osserva: ogni elemento è al suo posto, così come doveva essere sin dall’inizio. La Sinfonia di Bruckner si muove continuamente fra un piano celeste e uno sotterraneo, che può puntare al sovrannaturale e al mistico o squarciare la terra come il celebre colpo di piatti e triangolo che segna il culmine dell’Adagio, alla fine del crescendo che prelude alla Coda in memoria di Wagner. È fin dall’Adagio che un paradosso si fa avanti: è come se la comprensione vera di questa musica fosse già ora al di là, cominciasse da domani, dopo averla lasciata. Così, alla fine del concerto, Haitink simbolicamente non è costretto a chiudere la partitura, sempre rimasta chiusa davanti a lui. Noi non comprendiamo la musica, siamo compresi da essa, scrisse Adorno.

Senza clamore, ma con una composta partecipazione a questo momento sacro, Haitink e il suo Bruckner sono accolti da quasi dieci minuti di applausi e una corale standing ovation. Ecco il grande Maestro tracciare per un’ultima volta il cerchio Enso: punto di perfetta armonia in cui il corpo e la mente trasformano in un gesto la raggiunta perfezione interiore.

Benedetta Saglietti
(6 settembre 2019)

La locandina

Vienna Philharmonic  
Direttore Bernard Haitink
Pianoforte Emanuel Ax
Programma:
Ludwig van Beethoven (1770–1827)
Piano Concerto No. 4 in G major, Op. 58
Anton Bruckner (1824–1896)
Symphony No. 7 in E major, WAB 107

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