Maayan Licht: tra Farinelli, social media e Technopera
Nel panorama odierno della musica barocca, dove la filologia incontra sempre più spesso l’innovazione, Maayan Licht rappresenta un raro connubio di tecnica, identità vocale e visione artistica. Abbiamo incontrato il giovane sopranista, in occasione del suo applaudissimo concerto al Monteverdi Festival 2025 a Cremona (qui la recensione), che, partendo da un percorso inusuale, è approdato a una carriera internazionale, oscillando tra Porpora, Instagram e le pulsazioni della musica elettronica.
Nato a Tel Aviv nel 1999, Licht ha iniziato il suo percorso musicale nel mondo del pop e dei media digitali, prima di intraprendere una formazione vocale classica in Israele e successivamente nei Paesi Bassi. Il suo timbro luminoso e l’estensione vocale lo hnnoa portato rapidamente ad affermarsi nel repertorio barocco, dove si è distinto per interpretazioni raffinate e profondamente personali di arie scritte per i grandi castrati del Sei e Settecento.
Parallelamente, sviluppa progetti sperimentali tra opera, performance art e musica elettronica.
- Come e quando ha scoperto il suo registro vocale?
La scoperta della mia voce è stata, in un certo senso, fortuita. Da ragazzo mi divertivo a imitare suoni elettronici – anche quelli del sistema operativo Microsoft! – e a un certo punto ho capito che desideravo cantare seriamente, inizialmente nel pop. La svolta è arrivata con la mia prima lezione di canto in Israele: durante quella sessione ho esplorato il mio registro e l’insegnante, con una semplice esortazione – “sali! sali! sali!” – mi ha dato la spinta per seguire questa strada. Poco dopo, ho compreso che il mondo dell’opera, e in particolare il repertorio da sopranista, era il mio ambito naturale.
- Ha deciso quindi di specializzarsi in questo repertorio. Cosa l’ha guidata?
L’amore per la musica barocca e la fascinazione per figure come Farinelli. Intorno ai vent’anni ho iniziato a studiare seriamente da sopranista. Quando valuto un ruolo, la prima cosa che faccio è verificare se rientra nel mio range vocale: canto, infatti, nella tessitura originale scritta per Farinelli. In questo senso, molti ruoli del repertorio barocco sono perfetti per me. Amo particolarmente Il trionfo di Camilla di Porpora, e considero Merope di Giacomelli un capolavoro. Anche le arie scritte per Caffarelli mi attirano molto, anche se presentano una tessitura leggermente più bassa. Ma è proprio in quella varietà che si cela la bellezza di questo repertorio.
- In che modo il suo percorso si intreccia con i social media, così centrali per le nuove generazioni di artisti?
I social oggi sono uno strumento imprescindibile, non solo per promuovere se stessi ma anche per entrare in contatto diretto con agenzie, direttori artistici e colleghi. Personalmente, ho ottenuto molte opportunità proprio grazie alla mia attività su Instagram. Questo concerto, ad esempio, è nato proprio da un invito ricevuto lì. Se utilizzati con intelligenza, i social rappresentano una piattaforma strategica per ogni artista, anche nel mondo della classica.
- Tra i suoi progetti recenti c’è anche Technopera, una produzione legata al mondo techno. Potrebbe raccontarcela?
Certo. Tutto è nato nei Paesi Bassi, grazie a una collaborazione con un giovane compositore, Guy, che stava realizzando il suo progetto di laurea: fondare una compagnia d’opera elettronica. Abbiamo lavorato con due DJ e diversi compositori contemporanei per creare un’opera elettronica ispirata al linguaggio barocco. È stato un grande successo, anche grazie alla cornice anticonvenzionale della scena underground di Amsterdam. La cosa più sorprendente? Il pubblico ballava. Sì, ballava davvero durante l’opera.
- Una visione dell’opera come evento partecipativo, quindi?
Esatto. È stata un’esperienza rivelatrice. Da interprete ho sempre desiderato che l’opera fosse anche movimento, coinvolgimento fisico. In quella serata ho visto realizzarsi qualcosa di raro: un pubblico libero, che si sentiva parte di ciò che accadeva. Penso che l’opera, oggi, abbia bisogno anche di questo: nuove modalità per essere vissuta e condivisa, senza per forza abbandonare la tradizione, ma aprendosi a forme espressive nuove. Sarebbe rivoluzionario – e profondamente musicale.
- Ultima domanda. Anche nel 2025, non mancano purtroppo figure, anche nel nostro ambito, che si ostinano a definire un soprano maschile come una “curiosità della natura”, se non con espressioni ancora più offensive. Come risponde a simili affermazioni?
Mi limito ad alzare il dito medio; non bisogna perdere tempo con persone del genere.
Alessandro Cammarano
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