Macerata: allo Sferisterio Carmen muore sul red carpet

Non c’è traccia di Spagna nella Carmen che inaugura il Macerata Opera Festival 2019; nemmeno un accenno al sole, alla sabbia dell’arena, al sangue.

Jacopo Spirei sposta l’azione in una Parigi contemporanea e cafona, tra un balletto al Crazy Horse e una gara di street-dance, soubrettine e macrò, militari complici e un popolo che applaude i propri idoli a prescindere, tradendo sostanzialmente lo spirito dell’opera che alla Spagna, almeno in controluce, non può rinunciare.

Certo, la Spagna di Merimée e Bizet è idealizzata e francesizzata, ma palpita di vita: qui va in scena la noia.

Lo spettacolo non decolla mai, come se Spirei dopo aver gettato il sasso ritirasse la mano e tutto, lentamente, scivola in una routine che non appassiona.

Carmen somiglia parecchio a Dita von Teese, la regina del burlesque, ma ha il sex appeal di una bustina di fermenti lattici; Don José è fin troppo bamboccione e Escamillo diventa un tamarro da copertina di rotocalco, mentre Micaela – forse il personaggio meglio delineato – è qui una ragazza meno sdolcinata di quanto non lo sia di solito.

L’azione scenica è irrisolta pur in una frenesia inutile: se si decide che il sesso e l’apparire a tutti i costi sono il motore dell’azione drammaturgica allora che sesso e apparenza siano, non una timida lap dance, femminile e maschile, o un tentativo di travestitismo con i contrabbandieri che indossano abiti femminili.

La scena delle carte poi viene privata di tutto il suo pathos in un’esteriorizzazione esasperata che la snatura.

Tremendo il finale, con Carmen che muore su un red carpet – uccisa a colpi di macchina fotografica – in un tripudio di flash di telefonini.

Osare non è un male in teatro, anzi, ma il coraggio non deve mai venire meno, altrimenti ci si consegna al tedio.

Le scene di Mario Tinti – che firma anche i costumi tutti glitter, paillettes, oro e fluorescenze – sono complessivamente brutte e sembrano trovarsi sul palco dello Sferisterio un po’ per caso.

Funzionano meglio le coreografie di Johnny Autin mentre delle luci di Giuseppe Di Iorio quasi non ci si accorge.

Francesco Lanzillotta, al quale va il merito di avere riaperto praticamente tutti i tagli – ripristinando la pantomima di Moralès e il duello José-Escamillo nella sua interezza – opta per un suono intimo e raccolto, oltre a concentrarsi su una ricerca minuziosa del particolare.

La scelta sarebbe totalmente condivisibile se non fossimo all’aperto; il suono richiesto da Lanzillotta alla non perfetta Orchestra Filarmonica Marchigiana, sarebbe ideale in teatro, mentre nello spazio aperto dello Sferisterio tende a perdersi. Peccato, perché i tempi sono del tutto congrui, anche nel loro essere sostenuti e le scelte dinamiche presentano elementi di grande fascino.

La compagnia di canto, assai modesta, ingaggia un duello all’arma bianca – o meglio à coups de navaja – con il Francese, soccombendo miseramente; per fortuna i dialoghi sono ampiamente sforbiciati.

Irene Roberts è Carmen chiamata dal regista ad un tour de force di recitazione che sfiancherebbe un maratoneta, il tutto a scapito del canto. L’intonazione è deficitaria e il fraseggio tende a frammentarsi.

Sotto la media il Don José di Matthew Ryan Vickers, voce tutta indietro e generico negli accenti.

Discreta la Micaëla disegnata da Valentina Mastrangelo, al netto di qualche asprezza, mentre David Bizic è Escamillo dalla voce ingrata e rozzo nel fraseggiare.

Passabili la Mercédès di Adriana Di Paola, la Frasquita di Francesca Benitez e Gaetano Triscari nei panni di Zuniga, mentre convincono il Moralès ben centrato di Stefano Marchisio, il Remendado di Saverio Pugliese e soprattutto il Dancaire – unico ad esibire un Francese decente – di Tommaso Barea.

Passabili i Pueri Cantores “D.Zamberletti” che, preparati da Gian Luca Paolucci, si divertono parecchio a fare la break dance; di contro non benissimo, soprattutto nelle sezioni maschili, il Coro Lirico Marchigiano “Vincenzo Bellini” diretto da Martino Faggiani.

Velo pietoso sulla “Banda Salvadei”, capace per altro di momenti musicali in grado di scombinare gli equilibri tra buca e palcoscenico.

Applausi timidi e cortesi e qualche sparuto dissenso per la parte visiva.

 

Alessandro Cammarano
(19 luglio 2019)

La locandina

Direttore Francesco Lanzillotta
Regia Jacopo Spirei
Scene e costumi Mauro Tinti
Coreografie Johnny Autin
Luci Giuseppe Di Iorio
Calzature e accessori Les Jeux Du Marquis
Personaggi e interpreti:
Don Josè Matthew Ryan Vickers
Escamillo David Bizic
Le Dancaïre Tommaso Barea
Le Remendado Saverio Pugliese
Moralès Stefano Marchisio
Zuniga Gaetano Triscari
Carmen Irene Roberts
Micaëla Valentina Mastrangelo
Frasquita Francesca Benitez
Mercédès Adriana Di Paola
Un Bohémien Andrea Pistolesi
Une Marchande d’oranges Olga Salati
Orchestra Filarmonica Marchigiana
Coro Lirico Marchigiano “Vincenzo Bellini”
Maestro del coro Martino Faggiani
Altro maestro del coro Massimo Fiocchi Malaspina
Pueri Cantores “D. Zamberletti” 
Maestro del coro delle voci bianche Gian Luca Paolucci
Complesso di palcoscenico Banda “Salvadei”

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