Hérodiade, peccatrice e maledetta all’Opéra de Marseille

Sono molto rare le occasioni per ascoltare Hérodiade di Jules Massenet, l’opera tragica in quattro atti su libretto di Paul Milliet e Henri Grémont, ispirato all’ultimo dei “Trois Contes” di Gustave Flaubert che a sua volta s’ispirò al racconto biblico. In Francia mancava dal 2001, quando l’Opéra di Saint-Etienne che adesso la coproduce con quella di Marsiglia, la mise in cartellone per presentare l’allora astro nascente Alexia Cousin in Salome. A Marsiglia, città molto devota a Massenet, mancava dal 1966. In tempi recenti Hermann Nitsch la rappresentò a Vienna nel 1995 e l’allestimento fece scandalo, mentre è di qualche mese fa la notizia di una versione americana in forma di concerto.
La prima assoluta di Hérodiade ebbe luogo al Théâtre de La Monnaie/De Munt di Bruxelles il 19 dicembre del 1881 nella versione in tre atti di Angelo Zanardini e nella traduzione italiana di Carlo Zangarini. L’opera fu tenuta a battesimo nella capitale belga perché Auguste-Edouard Vaucorbeil, Direttore dell’Opéra di Parigi si era rifiutato di metterla in scena. A Parigi, al Théâtre-Italien, arrivò soltanto il 1º febbraio del 1884 nella terza versione, quella in quattro atti ora ripresa a Marsiglia, con i tre De Reszkes, Jean, Édouard e Josephine rispettivamente nei panni di Jean, Fanuel e Salome, e con Victor Maurel in Hérode.
Il libretto di Hérodiade è una rivisitazione in chiave sentimentale della storia biblica di Giovanni Battista, del Tetrarca di Gerusalemme Erode Antipa, della sua chiacchierata moglie Erodiade e della di lei figlia Salome che, in Massenet, non è la creatura lasciva e necrofila descritta da Oscar Wilde prima e da Richard Strauss poi. In Hérodiade la giovane Salome è una donna massenetiana al cento per cento che giunge a Gerusalemme, Citta Santa solo per modo di dire, in cerca della madre che l’ha abbandonata bambina e di cui non conosce l’identità.
Alla corte di Hérode suscita l’attrazione del pigro Tetrarca e s’innamora di Jean, il Battista, l’uomo che annuncia la venuta di Cristo e si scaglia contro l’adultera Hérodiade che ne pretende il supplizio. Invano il sacerdote e indovino Phanuel predice alla regina il ritrovamento della figlia e il termine delle sue angosce di madre frustrata. Nel momento in cui apprende che il Tetrarca langue d’amore per la giovane, la regina dimentica di esserle madre e la vive come una rivale da abbattere. Il compito le sarà facilitato nel tragico finale da Salome che, dopo la decapitazione di Jean, si pugnala a morte di fronte alla madre atterrita. Il finale tragico non comporta soltanto la morte di due dei quattro protagonisti, ma la sconfitta di Hérodiade che sopravvive alla figlia, e di Hérode che continuerà a regnare su Gerusalemme facendo il gioco degli oppressori Romani.
L’Opéra di Marsiglia, dopo aver riesumato Bérénice di Magnard nel 2001 e Cléopâtre dello stesso Massenet nel 2013, s’incarica ora di riscoprire Hérodiade. L’opera, di vaste dimensioni e forte presenza corale, coniuga sensualità e misticismo, ma in modo meno accattivante della successiva Thaïs, e più che nei suoi lavori successivi e più noti di Massenet dedica ai cinque protagonisti una scrittura vocale densa ed espressiva che necessita interpreti di vaglia.
La compagnia radunata dal Direttore dell’Opéra di Marsiglia Maurice Xiberras può contare su un Hérode di assoluta qualità nel canadese Jean-François Lapointe, abile nell’imbrigliare una tessitura baritonale acutissima, morbido nel canto legato e insinuante ed espressivo nel fraseggio oltre che attore autorevole. Hérodiade è Béatrice Uria-Monzon, presenza regale, artista sempre molto sicura scenicamente, e vocalmente al bivio fra l’originaria corda di mezzosoprano e i personaggi sopranili che continua ad affrontare con successo. Jean è Florian Laconi, un tenore di buona reputazione in Francia e dal registro acuto, qui molto sollecitato, facile e sicuro. Phanuel è Nicolas Courjal, un basso dalla vocalità morbida e di forte presenza attoriale. In Salome debutta Inva Mula, artista che abbiamo sempre ammirato, ma che qui ci è sembrata in difficoltà. Soprano squisitamente lirico e fraseggiatrice elegante, la Mula è a disagio nelle frasi più drammatiche e concitate, e tende a forzare nel registro medio-centrale. Un debutto problematico.
La locandina è validamente completata da Jean-Marie Delpas, Vitellius, Antoine Garcin, le Grand Prêtre, Bénédicte Roussenq, la Babylonienne, e Christophe Berry, la Voix du Temple oltre che dal Coro dell’Opéra di Marsiglia preparato validamente da Emmanuel Trenque.
Lo spettacolo di Jean-Louis Pichon che ne firma la regia con la collaborazione di Jérôme Bourdin per le scene e i costumi, di Michel Theuil per il disegno luci, di Georges Flores per i video e di Laurence Fanon per le scarne coreografie è, come dicono in Francia “trés sage”. Ci restituisce un’immagine da film “peplum” della Gerusalemme biblica virata nelle varie tonalità dell’ocra e si fa apprezzare per la sua discrezione.
Alla testa dell’Orchestra stabile dell’Opéra di Marsiglia Victorien Vanoosten, per anni direttore associato del complesso, garantisce la fluidità dell’esecuzione, rileva dell’opera la forte coralità e ne restituisce il clima sensuale e la densa espressività in modo più che convincente.
Alla prima, il pubblico che affollava la bella sala Liberty dell’Opéra di Marsiglia ha molto applaudito, con qualche sparuta eccezione, tutti gli artefici della coraggiosa riproposta massenetiana.

Rino Alessi
(23 marzo 2018)

La locandina

Direttore Victorien Vanoosten
Regia Jean-Louis Pichon
Scene e Costumi Jérôme Bourdin
Luci Michel Theuil
Coreografie Laurence Fanon
Video Georges Flores
Salomé Inva Mula
Hérodiade Béatrice Uria-Monzon
La Babylonienne Bénédicte Roussenq
Jean Florian Laconi
Hérode Jean-François Lapointe
Phanuel Nicolas Courjal
Vitellius Jean-Marie Delpas
Le Grand Prêtre Antoine Garcin
La Voix du Temple Christophe Berry
Orchestre et Chœur de l’Opéra de Marseille

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