Martina Franca: fuor di Norma
Norma sembra essere il titolo dell’estate; dopo quella proposta solo pochi giorni fa al Macerata Opera Festival ecco quella celebrativa dei cinquant’anni del Festival della Valle d’Itria, per la quale l’attesa era molto più che alta e giustificata dal precedente del 1977 che vide protagoniste anche in quell’occasione – nello spirito di riscoperta che da sempre anima la kermesse martinese – due soprani, ovvero una Grace Bumbry all’apice della carriera e una giovane Lella Cuberli.
Nella temperie presente quello che sulla carta appariva come lo spettacolo di punta di questa edizione le aspettative sono andate in buona parte deluse.
Fabio Luisi, bacchetta di nitore quasi alle soglie dell’astrazione oltre che accortissima, sceglie in questa occasione di seguire – anche se solo in parte – l’edizione critica di Roger Parker che di per se stessa pone l’esecutore dinanzi ad una molteplicità di opzioni tutte autentiche ed egualmente plausibili dal punto di vista musicale e drammaturgico.
La sua lettura alterna momenti di assoluta perfezione stilistica cui fa da sostrato una trina di colori tenui ed intenzioni rimarchevoli ad altri ove una foga – soprattutto quando è il coro ad intervenire – non esattamente giustificata prende il sopravvento.
Lo stesso canto di conversazione risente di lentezze estenuate che si riflettono poi nei momenti solistici dei protagonisti e negli insiemi, che invece richiederebbero un vigore per altro suggerito dalla stessa musica.
Largamente deficitaria la compagnia di canto, con su tutti la Norma di Jaquelyn Wagner, la cui vis attoriale è paragonabile a quella di un menhir, tanto per restare nelle Gallie; a questa si aggiunge un canto che poco ha a che vedere col Belcanto, con centri non più che corretti, gravi opachi e acuti forzati
Qualcosa meglio fa Valentina Farcas, che comunque è forse un po’ leggera per Adalgisa ma alla fine non sfigurando.
Airam Hernández è un Pollione-sposino, stilisticamente più vicino ad Elvino che non ad un generale romano, mentre sotto il limite della decenza risulta Goran Jurić nei panni di Oroveso.
Saori Sugiyama è una Clotilde corretta e Zachary McCulloch un Flavio passabile.
Il coro – ingabbiato ai lati del palcoscenico – fa quello che può e lo fa con grande spirito di dedizione, esattamente come l’orchestra del Petruzzelli comunque alla fine vagamente stremata.
Nicola Raab firma un non-spettacolo di paradigmatica bruttezza – complici l’impianto scenico e i costumi un po’ in disarmo di Leila Fteita – derubricando Norma ad un dramma piccolo borghese, con le due protagoniste che sembrano altrettante donne di casa dedite a sferruzzare o a pulire la verdura mentre dovrebbero confrontarsi come leonesse.
Alcune trovate strappano un sorriso involontario: prima tra tutte la palla dei figli della sacerdotessa, l’esistenza dei quali dovrebbe essere segreta, che rotola tra piedi di Oroveso giustamente interdetto. E che dire poi di Pollione che durante il finale, un momento prima di finire sul rogo, abbraccia i poveri pargoli inopinatamente messi in scena?
Così, da un ingenuità all’altra, si arriva alla fine sostanzialmente annoiati e testimoni di un’occasione perduta, anche se il pubblico manifesta un tiepido assenso. Peccato.
Alessandro Cammarano
(28 luglio 2024)
La locandina
Direttore | Fabio Luisi |
Regia | Nicola Raab |
Scene e costumi | Leila Fteita |
Light Design | Pietro Sperduti |
Personaggi e interpreti: | |
Norma | Jacquelyn Wagner |
Adalgisa | Valentina Farcas |
Pollione | Airam Hernández |
Oroveso | Goran Jurić |
Clotilde | Saori Sugiyama |
Flavio | Zachary McCulloch |
Orchestra e Coro del Teatro Petruzzelli di Bari | |
Maestro del coro | Marco Medved |
Banda Musicale della Città di Martina Franca “Armonie d’Itria” |
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