Massimo Cavalletti: un’artista instancabile alla prova di Verdi

Il baritono italiano Massimo Cavalletti ha rapidamente conquistato i più prestigiosi teatri d’opera e festival internazionali. Quest’anno debutterà in ben tre personaggi verdiani: dapprima (il 13 settembre) il Conte di Luna a Firenze diretto da Fabio Luisi (ruolo che riprenderà il mese successivo per l’inaugurazione della stagione del Regio di Torino), poi Giorgio Germont alla Palm Beach Opera, e infine Francesco Moor nel nuovo allestimento dei Masnadieri alla Scala diretto da Mariotti. Altro appuntamento importante sarà quello al San Carlo nel ruolo di Silvio in Pagliacci, anche questo mai affrontato prima.

  • Quale credi sia stato il momento, o la persona, più importante nella tua formazione musicale?

Identificare un solo momento o una sola persona è davvero difficile, comunque uno dei momenti più importanti è sicuramente stato il mio incontro con Alexander Pereira e la collaborazione alla Opernhaus Zurich. Questo periodo di lavoro a Zurich e l’incontro con tanti artisti, direttori e registi mi ha dato l’opportunità di diventare l’artista che sono oggi. Mi ha aperto gli occhi su una internazionalizzazione totale del teatro lirico.

  • Parlando del periodo intenso di debutti e appuntamenti che a breve ti attendono. Come approcci un nuovo ruolo? Prendi ad esempio qualche interprete “storico” o preferisci plasmare il personaggio da partitura e libretto?

Inizialmente cerco di non farmi condizionare da esecuzioni di altri; cerco di leggere bene quello che l’autore ha scritto e quello che desidera dall’esecutore, mi leggo bene il libretto e le informazioni storiche – se ce ne sono – che riguardano personaggi e trama, e poi cerco di imparare al meglio la musica trovando il modo di eseguirla al meglio con la mia voce. Solo in un secondo momento certamente cerco di ascoltare anche certi grandi esecutori per sentire e cercare di capire come hanno risolto certi passaggi tecnici o come hanno interpretato sul palco certe scene.

  • In che modo la regia influenza o meno la tua esibizione?

Se la regia non è troppo lontana dalla realtà scenica o se è una regia che segue le linee guida della partitura certamente ne approfitto per rafforzare l’esecuzione vocale, quando invece le due cose corrono su due linee divergenti allora io cerco di trovare qualche punto di similitudine e comunque in ogni circostanza alla fine la musica la fa da padrona, non c’è niente da fare: è la musica e la parola che portano il grosso del messaggio… la scena dovrebbe essere un mezzo per rafforzare il messaggio di parole e musica.

  • Tra i personaggi del tuo repertorio qual è quello che senti maggiormente “tuo”? Quali aspetti influenzano questa tua scelta?

Ci sono diversi ruoli che amo, sicuramente direi una bugia se non parlassi di Marcello della Bohème che sicuramente mi ha dato davvero grandi gioie, portandomi su tutti i più importanti palcoscenici del mondo.

Ma anche Figaro nel Barbiere di Siviglia mi ha dato e ancora mi dà grandissima gioia, specie nel cantarlo e nel presentarmi al pubblico. Ogni volta che ho avuto la fortuna di vestire i panni del barbiere mi sono sentito davvero vicino al pubblico e ho avuto la sensazione di essere davvero un factotum per tutti, non solo per il Conte e per Rosina, ma per tutti quelli che si trovavano a teatro quella sera.

Figaro mi dà gioia e regala gioia a tutti.

  • Durante la tua carriera hai avuto modo di calcare le scene dei più importanti Teatri internazionali. C’è un’esperienza che in particolare ha segnato la tua vita di cantante?

Sicuramente il mio debutto a Salzburg con La bohème nel 2012, quello è stato un giorno importante e che porterò sempre dentro di me. La prima volta per la Bohème al Festival di Salisburgo e il mio Marcello anche in questo magnifico festival con un cast stupendo e con molti sogni realizzati tutti in una volta, tra cui cantare con i Wiener Philarmonic. Una serata magica e un cast con tanti amici e splendidi artisti.

Tornarci poi anche l’anno successivo con Ford in Falstaff e diretto da Zubin Metha è stata una grande riconferma e una nuova occasione per godermi questa splendida città ricca di cultura e musica!

  • Dal 13 di settembre debutterai nei panni del Conte di Luna nella produzione del Maggio Musicale Fiorentino diretta da Fabio Luisi; sarai poi Germont alla Palm Beach Opera, e infine Francesco Moor nel nuovo allestimento dei Masnadieri alla Scala diretto da Michele Mariotti: hai avuto difficoltà nell’avvicinarti all’Opera verdiana o l’hai affrontata con naturalezza?

Il mio approccio all’opera Verdiana non inizia adesso, ho già avuto modo di affrontare ruoli molto impegnativi e altri diciamo di studio per poter oggi immettermi più costantemente in questo repertorio, però già ho capito che studiare la musica di Verdi è un cammino che può durare una vita intera, un continuo scoprire e analizzare e migliorare. Ho anche capito che questa musica mi aiuta molto a cantare e mi mette nella condizione di usare al meglio la mia tecnica vocale e anche unirla alla sensibilità artistica e interpretativa dei vari personaggi. Dopo aver debuttato Ford in Falstaff e Paolo Albiani in Simone Boccanegra ho avuto la fortuna di cimentarmi in ruoli ancora più interessanti e di spessore come Rodrigo in Don Carlo e Renato in Un ballo in Maschera, e adesso inizio a assaggiare anche altri ruoli che portano verso un Verdi ancora più tecnico e che qualcuno potrebbe definire drammatico. Ma io credo che la nobiltà della scrittura verdiana possa offrire all’artista la possibilità di usare un’esecuzione lirica e anche belcantistica come nel caso del Conte di Luna, raffinatissimo ruolo. Studiare un ruolo a casa è soltanto la primissima parte del lavoro che si deve fare. Dopo che avrò debuttato questi prossimi ruoli potrò iniziare a parlarne con più accuratezza: adesso sono solo impressioni e idee che mi sono fatto e che vivo nel mio cuore.

  • Quest’anno non ci sarà davvero tempo per riposare, ti aspetta infatti al San Carlo di Napoli il personaggio da te mai affrontato prima di Silvio in Pagliacci; i personaggi veristi da te affrontati hanno facilitato o meno l’approccio all’Opera di Leoncavallo?

Sinceramente ti dico che ho affrontato lo studio di questo ruolo anni fa per una occasione di debuttare Silvio che mi si era profilata e poi sfumata, ma certamente per questo debutto a Napoli cercherò di ripartire quasi da capo e proverò ad analizzare bene la scrittura di Leoncavallo e la sua ricerca musicale. Attualmente sono ancora un po’ lontano da questo debutto avendo ancora molti altri appuntamenti in agenda, ma credo che nella prossima primavera avrò già una visione più chiara di me come Silvio. Posso solo dire che la linea di canto di questo personaggio lo rende molto lirico, e mi passi il termine nobile, e quindi credo che possa andare decisamente bene per le mie corde.

Matteo Pozzato

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