Matera: il Mozart maieutico di Lonquich

L’impalpabilità della musica di Mozart ha spesso degli epigoni nel modo in cui la si suona, la si interpreta. Siamo certi che la scrittura del genio salisburghese non ha eguali nella storia della musica, per una sola ragione quella di essere talmente diretta e chiara che qualsiasi complicazione si disperde nei rivoli della musicalità.

Scrivere di Mozart e su Mozart a volte potrebbe essere una ripetizione data la quantità infinita di scritti e di studi. Mozart rappresenta in musica quello che Socrate rappresenta in filosofia. Ovvero una incredibile sequenza di idee e di particelle di esse che possono sfuggire al controllo razionale, a quello quindi che la mente esercita sulle emozioni. In sintesi, quando si ascolta Mozart non è facile esercitare il controllo superiore del pensiero, così come quando si legge quello che appartiene a Socrate. Come sempre sembra paradossale tutto ciò ma per lungo tempo è sfuggita la profonda linearità mozartiana che è talmente bella da far rimanere allibiti chi ascolta.

Nella semiotica quindi del verbo mozartiano è ben evidente che l’interpretazione fa la differenza. È il caso di Alexander Lonquich che ha diretto la giovane Orchestra Sinfonica di Matera in un concerto dunque mozartiano in una cronologia di opere scritte dopo Le nozze di Figaro. Ebbene Lonquich fa la differenza sostanziale del fare Mozart poiché la sua idea è ben chiara e concreta, senza nessuna intenzione di filologica esecuzione ma con una considerevole idea di importanza della sonorità del compositore viennese. In pratica Lonquich si incammina in un percorso quasi certosino di ricostruzione attraverso le note di un suono mozartiano. Quello che rende il compositore talmente esemplare e popolare proprio per quel coinvolgimento sostanziale che la sua musica ottiene all’ascolto. L’indirizzo quindi è ben chiaro già dall’Ouverture delle Nozze di Figaro, gioiello di estrapolazione sonora come pochi. Lonquich è molto attento a guidare i componenti dell’orchestra senza spingere troppo verso una interpretazione non ossigenata. Tant’è che la sua idea di questa composizione è importante, poiché quello che arriva si trova proprio nella ricostruzione del suono dapprima citata. Una meraviglia.

Il passo prosegue con la Sinfonia n. 40 , un enigma nel catalogo di Mozart. La tonalità d’impianto è quella del sol minore e quindi questo stravolge le linee della prassi, quelle cioè di iniziare un primo tempo di una sinfonia con una tonalità minore. Poi il sol minore è la relativa di Si bemolle maggiore che è una di quelle tonalità non comode e soprattutto significative di un cambiamento. Il sol minore indica quindi una sostanziale differenza verso l’idea di sinfonia. Di prassi. Infatti fra le sinfonie mozartiane questa diventa già futuro, poiché l’incipit con un cantabile così dolente fa si che l’intera opera porta con se una ricerca sonora incredibilmente moderna. Nei quattro movimenti dello sviluppo della sinfonia l’ascolto è sempre costante e mai distaccato, la ricerca di una sensazione sonora da parte di Mozart è invidiabile: nessuno prima di allora aveva osato tanto. Mozart crea quindi una sinfonia talmente chiara e talmente coinvolgente da lasciare nell’ascoltatore una sorta di dimenticanza. Una vera dimenticanza. Verso una appropriazione e di sonorità che sanno di coinvolgente malinconia. Adesso se si va a vedere il periodo di composizione si comprende come l’abbia composta nell’ultimo periodo della sua vita nel 1788, quindi considerando che morirà nel 1791, siamo nel pieno dell’evoluzione del compositore. Inoltre, a Mozart la tonalità di sol minore piaceva dato che aveva già scritto una sinfonia nella stessa tonalità (la K 183). L’anno è lo stesso del Don Giovanni. Insomma questo lavoro è fra i più innovativi scritti da Mozart. Lonquich ci mette tutto il suo ardore di musicista con enormi competenze e rende la composizione una possibilità di disconnessione dal mondo reale. Detto in maniera più semplice dirige questa sinfonia come se stesse dirigendo una composizione che è già post beethoveniana. È questa la grandezza della sua direzione, far comprendere nella chiarezza dell’esecuzione come la musica non ha un tempo cronologico e spesso le ere sono anticipate senza che ci siano motivi formali. Dunque, per Lonquich Mozart rappresenta un compositore assolutamente oltre il suo tempo e lo dimostra dirigendo in maniera sapiente e scrupolosa la Sinfonia n. 40.

Poi passa al pianoforte per dirigere e suonare il Concerto K 503. Anch’essa è un’opera scritta in un periodo molto fecondo dall’auotore ricchissima di fermenti e rinnovamenti. Lonquich è perfetto. Dirige e suona come se per lui fosse la cosa più immediata possibile. È talmente padrone della partitura che sa trasmettere agli orchestrali quella sapienza e quel senso di estrema musicalità. Perfetto. P

oi Lonquich concede due bis: Chopin e Skrjabin. Il tocco di Lonquich è densissimo, chiaro come pochi e la sua cantabilità non ha eguali poiché in quella meticolosa ricerca nelle note di una forma personale, riesce a trasmettere una fortissima musicalità, importante, emozionante e soprattutto di una bellezza disarmante.

L’Orchestra Sinfonica di Matera si conferma come un complesso in crescita, fatto soprattutto da giovani musicisti. Lonquich li ha diretti in una maniera ineccepibile dando loro la possibilità di recepire con fare da vero maestro, una modalità importante di suonare la musica di Wolfgang Amadeus Mozart.

Marco Ranaldi
(4 ottobre 2025)

La locandina

Pianoforte e direttore Alexander Lonquich
Orchestra Sinfonica di Matera
Programma:
Wolfgang Amadeus Mozart
Le nozze di Figaro, Ouverture
Sinfonia n.40 K 550
Concerto per pianoforte e orchestra K 503

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