Milano: Alla Scala il Freischütz elegante di Chung e Hartmann

Echi classici, il Biedermeier, un mondo reale nel quale s’innesta l’elemento soprannaturale/demoniaco, il peccato e la redenzione, l’amore: questi in estrema sintesi i tratti costitutivi ed irrinunciabili del Freischütz.
Senza il giusto equilibrio fra tutti questi aspetti, che hanno pari dignità sia nella musica che per quanto attiene alla drammaturgia, il Singspiel weberiano, figlio di un periodo che vede il panorama musicale non solo, ma soprattutto, tedesco vivere un rivolgimento sia nell’estetica che nella struttura, perde di efficacia drammatica e si stravolge.

Nel nuovo allestimento scaligero, applauditissimo anche a scena aperta dal pubblico, quel che manca è proprio l’equilibrio di quanto si diceva sopra cosicché uno sbilanciamento verso il calligrafismo risulta evidente.

Myung-Whun Chung per primo sembra non credere troppo alla partitura e opta per una lettura improntata a grande eleganza stilistica, concentrata sul suono “bello”, tesa in una costante ricerca di ritmi e agogiche estetizzanti, ma del tutto dimentica della vena di rusticità popolare che ne è elemento egualmente caratterizzante. Fin dall’ouverture, giocata tutta in chiave intimistica si comprende che eventuali slanci saranno rari se non assenti, così come la scena gotica ad alta drammaticità della Gola del Lupo si stempera in languori che non le sono. Ripetiamo l’effetto è appagante dal punto di vista estetico e l’Orchestra suona splendidamente (corni, viole e violoncelli sugli scudi), ma quel che ne risulta è un bello fine a se stesso.

A tratti anche il Coro che, preparato da Bruno Casoni, è protagonista di una prova maiuscola sembra perdersi nei meandri della direzione di Chung.

Delude la regia di Matthias Hartmann che non esce da una routine vecchia maniera fatta di mossette e poco altro, il tutto condito da momenti che vorrebbero essere comici (ma c’è comicità nel Freischütz?); il fischio che accompagna la caduta dell’aquila colpita da Max con una delle pallottole diaboliche è uguale a quello di Wile E. Coyote che si schianta sul fondo del canyon ed è tragicamente fuori posto, come anche la caratterizzazione di Ottokar declassato a minchione narcisista. Incomprensibile il Finale, in cui Samiel e il suo corteggio demoniaco appaiono durante l’inno di ringraziamento a Dio leggendo il programma di sala. Forse che il pubblico presente sia considerato da Hartmann & Co. alla stregua di creature della notte?

Brutte le scene, di Raimund Orfeo Voigt, per altro illuminate benissimo da Marco Filibeck, che sono un ibrido fra naturalismo esasperato e una Bierfest. Inguardabili e spesso disturbanti le strutture di tubi fluorescenti.

I costumi, quasi centocinquanta e tutti diversi, di Susanne Bisovsky e Josef Gerger, realizzati in maniera sublime dalla Sartoria della Scala, sono kitsch ma complessivamente d’effetto.

Note liete vengono dalla compagnia di canto.

Convince pienamente il Max intensamente lirico di Michael König, che gioca su una linea di canto cristallina e possiede un fraseggio di bella incisività.
Julia Kleiter ha voce forse un po’ leggera per il ruolo ma la sua Agathe che oscilla fra bambina e donna si accende di appropriati spunti drammatici.
Ottimo il Kaspar tormentato di Günther Groissböck che oltre a mezzi vocali ragguardevoli esibisce il valore aggiunto aggiunto di un fisico ipervitaminico, spogliato benissimo dai costumisti.
Brava Eva Liebau, che dà voce e corpo ad una Äennchen deliziosamente petulante e bravo Michael Kraus come Ottokar.

Stephen Milling è un Eremita dalla vocalità corposa e dall’autorevole presenza scenica e Frank van Hove tratteggia un Kuno nobilmente protettivo, oltre a prestare la voce a Samiel.
Completa il cast Till Von Orlowsky che canta un buon Kilian.

Pubblico in brodo di giuggiole come non mai e applausi convinti per tutti, con ovazioni a Chung.

Alessandro Cammarano

(10 ottobre 2017)

La locandina

Direttore Myung-Whun Chung
Regia Matthias Hartmann
Scene Raimund Orfeo Voigt
Luci Marco Filibeck
Drammaturgo Michael Küster
Costumi Susanne Bisovsky e Josef Gerger
Collaboratore ai costumi Malte Lübben
Agathe Julia Kleiter
Äennchen Eva Liebau
Max Michael König
Kaspar Günther Groissböck
Ottokar Michael Kraus
Kuno Frank van Hove
Ein Eremit Stephen Milling
Kilian Till Von Orlowsky
La voce di Samiel Frank van Hove
Orchestra e Coro del Teatro alla Scala
Maestro del Coro Bruno Casoni

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