Milano: Le nozze di Figaro secondo Strehler alla prova del tempo

La ripresa di un allestimento storico porta con se, come da copione, l’ormai prevedibile dibattito sulla validità o meno di tali operazioni. Superato, museale, inattuale, polveroso, decrepito, inaccettabile -si sente tuonare dai fervidi sostenitori del contemporaneo che più contemporaneo non si può- mentre, i paladini del passato incalzano: finalmente uno spettacolo come si deve, si stava meglio quando si stava peggio, avercene… e via dicendo.

Orbene, bando alle ciance, la Scala, rimessa l’orchestra in buca e il pubblico distanziato in sala, omaggia Giorgio Strehler nel centenario della nascita con un capolavoro che appartiene alla memoria storica del teatro meneghino. 

Ovvio che uno spettacolo concepito nel 1981 non è più attuale -ma va?- ma all’epoca fu contemporaneo e face riflettere e discutere, e oggi, per buona pace di chi non ci vuole credere, funziona ancora.

Le luci non sono più quelle di Strehler(!), indubbiamente, ma anche in buca all’epoca di Mozart non c’era il fortepiano bensì il cembalo, eppure… così è (se vi pare). 

Ora, una così importante ricorrenza ritengo sia l’occasione migliore non solo per celebrare un grande regista, ma anche per riflettere sulla sua fondamentale figura di profondo conoscitore e interessantissimo innovatore del teatro musicale.

Arrivato a Mozart senza bruciare le tappe, Strehler aveva l’intento di «recuperare un mondo, un’idea di teatro, in senso critico, cioè in senso attivo, non alterandolo, ma trovando il giusto rapporto» mettendo in luce «un’universalità che deve apparire sulla scena» non «astratta che non tiene conto dell’umano, delle realtà sociali».

La scena strehleriana -complici gli splendidi costumi di Franca Squarciapino e le nitide scene di Ezio Frigerio– infatti, lascia spazio all’azione, agli affetti, al canto, alla partitura, al regionamento, all’intelligibilità del libretto, in un gioco di perfetto equilibrio tra i diversi piani che costituiscono il teatro musicale mozartiano, in cui il vitale intelletto delle umane vicende va oltre la rappresentazione. 

Parte di questo miracoloso incanto si è avverato sul palcoscenico del Piermarini durante la seconda rappresentazione di queste leggendarie Nozze. 

Tuttavia l’impianto febbrile della Folle giornata non sempre risulta essere a fuoco nella direzione di Daniel Harding la cui bacchetta, nell’eccessiva cura del dettaglio, frena troppo spesso quell’impeto proprio delle intenzioni drammaturgiche sottese in partitura, creando numerosi rallentamenti e conseguenti scollamenti. La scelta, inoltre, di un suono sottile fatica a sostenere il canto, soprattutto nei tempi lenti in cui la voce necessita maggior sostegno sonoro da parte dell’orchestra.

Si rivela invece al suo debutto scaligero e nel titre du role il baritono Luca Micheletti che ci regala, su tutti i fronti, un’interpretazione maiuscola. Attore e regista affermatissimo, Micheletti sperimenta con successo anche il repertorio lirico coniugando le conclamate doti sceniche con notevoli mezzi vocali. La solidissima tecnica gli permette, infatti, di riempire di suono ogni parola, dando vita a fraseggi ben scolpiti nei recitativi così come nelle parti cantate, in un continuo gioco timbrico che rende giustizia allo stile mozartiano.

Al suo fianco una deliziosa Rosa Feola nei panni di Susanna, graziosa e furbetta nel suo incedere, veste magnificamente la scrittura mozartiana facendo emergere con autenticità il carattere limpido del personaggio. La Feola non esagera mai, la sua cifra stilistica risiede in una misurata eleganza che in Mozart è virtù imprescindibile nonché sinonimo di intelligenza musicale. 

In difficoltà vocali Simon Keenlyside sopperisce con l’esperienza scenica la severa parte del Conte d’Almaviva mentre la di lui consorte Julia Kleiter tratteggia una Contessa eterea, malinconica, nobilmente distaccata, a volte anche nel canto.

Convince il Cherubino di Svetlina Stoyanova il cui colore vocale e i turbati stati d’animo adolescenziali son sempre molto difficili da rendere appieno, tuttavia il mezzosoprano bulgaro coglie l’inflessione giusta creando un personaggio più che credibile.

Bene il resto del cast e il coro sapientemente istruito dal maestro Bruno Casoni.

Il resto non dico, già ognuno lo sa.

Gian Francesco Amoroso
(29 giugno 2021)

La locandina

Direttore Daniel Harding
Regia Giorgio Strehler
Ripresa della regia Marina Bianchi
Scene Ezio Frigerio
Costumi Franca Squarciapino
Luci Marco Filibeck
Personaggi e interpreti:
Il Conte Simon Keenlyside
La Contessa Julia Kleiter
Susanna Rosa Feola
Figaro Luca Micheletti
Cherubino Svetlina Stoyanova
Marcellina Anna-Doris Capitelli
Bartolo Andrea Concetti
Don Basilio Matteo Falcier
Don Curzio Paolo Nevi
Barbarina Caterina Sala
Antonio Carlo Cigni
Orchestra e coro del Teatro alla Scala
Maestro del coro Bruno Casoni

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