Milano: le seduzioni del Rosenkavalier
Inquadrare Richard Strauss in discorsi paramusicologici lascia il tempo che trova.
«Non credo nelle scuole né nelle tendenze, non nei moderni né negli antichi. Credo soltanto nella musica». Da questa affermazione emerge una visione estremamente pura, nel senso più onesto del termine, della poetica del compositore tedesco il quale, sebbene le sue opere abbiano valicato ampiamente le soglie del Novecento storico, formalmente ed eticamente non ha mai voluto abbracciare le avanguardie dichiarandosi più volte contrario alla scrittura atonale.
Di certo la produzione teatrale di Strauss va oltre gli artifici compositivi, instaurando un ponte tra passato e presente che si fonda su un’indagine drammaturgica che esplora gli abissi della psicologia umana in un contesto storico di decadenza dei valori in cui la musica pare combattere strenuamente per mantenere o ristabilire un grado di bellezza al quale sembra impossibile sottrarsi.
I suoi modelli rimangono degli assoluti, fra tutti Haydn, Mozart, Mendelsshon, Schumann, Brahms, tuttavia Strauss sperimenta, amplifica, ribalta e rigenera in un linguaggio personalissimo ciò che poteva sembrare ormai superato ma che aveva e ancora oggi ha tanto da dire.
Eseguirlo non è facile.
L’orchestra è pensiero costante, stati d’animo che si rincorrono, sopiscono e riaffiorano nelle menti dei personaggi che si relazionano mediante un canto di conversazione che attraversa diversi registri, come un flusso di coscienza che pare interminabile.
Der Rosenkavalier fa venire le vertigini tanto è una partitura in cui si esprime in poche battute anche ciò che non viene detto. Una folle giornata di equivoci interiori ed esteriori inafferrabili, in cui Vienna è una cornice spesso sfuocata, in bianco e nero come la regia di Harry Kupfer, già ammirata nel giugno del 2016, in cui l’azione viene definita nitidamente con pochi ma efficaci elementi scenici che neutralizzano la capitale austriaca decurtandola degli ori che talora affiorano prorompenti dal tessuto orchestrale.
I piani dell’azione si stagliano su immagini di nebbiosa malinconia dove la confusione dei sentimenti si fa tragicomica e tutto alla fine sembra una vecchia cartolina sbiadita carica di ricordi. Indubbiante Der Rosenkavalier non è solo opera nostalgica ma piuttosto una commedia umana in cui i sentimenti si stratificano in un flusso che comprende intrighi, travestimenti e profonde riflessioni. Al contempo non è solo commedia.
In questa edizione autunnale scaligera la direzione è stata affidata a Kirill Petrenko che restituisce una lettura decisamente più asciutta, meno incline all’abbandono ma anche a un certo dinamismo segnato in partitura come pianissimi e accelerando improvvisi. La visione di Petrenko è maggiormente strutturalista, estremamente pulita, attento al codice timbrico straussiano ma spesso privo di quel vibrante turbinio necessario per rendere immortali certi passi a partire dalla celebre scena della rosa. Tuttavia non si può dire che sia stata una lettura anonima, spesso però non basta eseguire solo ciò che è scritto.
Superba nella sua essenza femminile la Marescialla di Krassimira Stoyanova. Maiuscola fraseggiatrice ha saputo tratteggiare con maestria il non facile universo interiore di questo personaggio, sfoderando una vocalità ragguardevole anche nei momenti di più puro lirismo.
Al suo fianco Günther Groissböck si conferma un barone Ochs scenicamente inarrivabile, complice una gestione della vocalità che lo rende insensibile come dev’essere.
Incantevole la Sophie di Sabine Devieilhe che si libra nel registro acuto in sublimi messe di voce regalando momenti di pura bellezza eguale al suo portamento.
Meno convincente l’Octavian di Kate Lindsey, soprattutto vocalmente non sempre a fuoco ma ben inserita scenicamente.
Un po’ troppo sopra le righe il tenore italiano di Piero Pretti, ottimo il comprimariato così come alcune particine ben cesellate da alcuni elementi del coro istruito dal maestro Alberto Malazzi.
Al termine applausi da parte del pubblico che gremiva la sala del Piermarini.
Uscendo in piazza Scala un unico pensiero: la musica.
Gian Francesco Amoroso
(15 ottobre 2024)
La locandina
Direttore | Kirill Petrenko |
Regia | Harry Kupfer |
ripresa da | Derek Gimpel |
Scene | Hans Schavernoch |
Costumi | Yan Tax |
Luci | Jürgen Hoffmann |
Video | Thomas Reimer |
Personaggi e interpreti: | |
Die Feldmarschallin | Krassimira Stoyanova |
Der Baron Ochs auf Lerchenau | Günther Groissböck |
Octavian | Kate Lindsey |
Herr von Faninal | Michael Kraus |
Sophie | Sabine Devieilhe |
Jungfer Marianne Leitmetzerin | Caroline Wenborne |
Valzacchi | Gerhard Siegel |
Annina | Tanja Ariane Baumgartner |
Ein Polizeikommissar | Bastian-Thomas Kohl |
Der Haushofmeister bei der Feldmarschallin | Haiyang Guo |
Der Haushofmeister bei der Faninal | Jörg Schneider |
Ein Notar | Bastian-Thomas Kohl |
Ein Wirt | Jörg Schneider |
Ein Sänger | Piero Pretti |
Eine Modistin | Laura Lolita Perešivana |
Ein Tierhaendler | Jörg Schneider |
Vier Lakaien der Marschallin / Vier Kellner | Luigi Albani, Guillermo Esteban Bussolini, Andrzej Glowienka, Emidio Guidotti* |
Hausknecht | Giorgio Valerio |
Orchestra e Coro del Teatro alla Scala | |
Coro di Voci Bianche dell’Accademia Teatro alla Scala | |
Maestro del Coro | Alberto Malazzi |
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