Nicola Sani e la matericità di Falcone

Rincontriamo Nicola Sani a distanza di qualche anno per la ripresa, con un nuovo allestimento curato da Stefano Pintor, della sua opera Falcone, scritta con Franco Ripa di Meana e in preparazione proprio in questi giorni al Teatro Sociale di Trento. Vedrà la scena il 12 ed il 13 marzo, qualche mese prima del trentesimo anniversario della strage di Capaci. L’opera reca il sottotitolo “Il tempo sospeso del volo” che rimanda sì alla storia di Falcone e della moglie che vennero uccisi nel trasferimento dall’Aeroporto di Punta Raisi (ora intitolato proprio a Falcone oltre che a Borsellino) di ritorno da Roma ma anche lavora come elemento allusivo nella testa dello spettatore: da un lato porta alla riflessione sulla sospensione e la caducità della vita, dall’altro è riferimento allusivo ad altri avvenimenti degli ultimi tre decenni del novecento quali il disastro aereo di Montagnalonga del 1972 di un DC-8 Roma-Palermo in fase di atterraggio e del DC-9 di Ustica nel 1980.

«Ancor prima di mettere piede in sala – dice Sani – lo spettatore si trova già calato in un ambiente fortemente connotato da preoccupazione. Entrato in sala trova la scena aperta e aggettante in platea, ma soprattutto già dei suoni elettronici registrati che lavorano intrecciati con un parlato registrato incomprensibile (che ricorda le comunicazioni radio delle forze dell’ordine nelle emergenze ndt). Entri in un universo ancor prima che l’opera cominci, con questi suoni che circondano lo spettatore che lo calano in un mondo di ansia ed angosce, fermo nella sua immobile tensione, sull’orlo di un cratere.
Il preludio lavora proprio in questo senso. Si tratta di una pagina acusmatica che dai rumori di fondo porta il pubblico lentamente al primo intervento dell’ensemble strumentale (diretto con grandissima cura e precisione da Marco Angius. ndr)»

  • Dal punto di vista compositivo cosa ti ha guidato nelle scelte stilistiche?

Ho cercato di realizzare una musica che fosse materica e concreta e soprattutto di evitare le cesure che spesso intercorrono tra recitazione e canto. Da qui poi ho sviluppato un discorso musicale per gruppi e masse interpolando i suoni degli strumenti dell’orchestra insieme alla loro rielaborazione elettroacustica. Regista ed esecutore di tutto questo procedimento è Alvise Vidolin che cura il live electronics e gestisce una vera e propria regia sonora dal vivo.

  • Questo procedere compositivo per giustapposizione di gruppi e masse sonore trova un chiaro riscontro anche nella struttura narrativa che è episodica.

Si tratta di un prologo, ventisei scene ed un finale. Sono scene brevi, ma non frammentarie, ben collegate tra di loro e sempre con un elemento narrativo che le porta avanti. È una partitura molto coerente, gli stilemi vocali e i tratti strumentali sono uniformi in tutta l’opera. All’interno di essa c’è una suddivisione in schemi narrativi che musicalmente scorrono senza soluzione di continuità tra racconto e musica, tra recitato e cantato, nonostante gli episodi siano sconnessi geograficamente e distanti a volte anche dal punto di vista del tempo storico. Ma sono collegati da questo flusso sonoro. Si tratta di un’opera in cui non c’è staticità, è un elemento teatrale molto forte.

  • Ci sono alla fine ventotto numeri in 75/80 minuti di opera

Sì, è la forza di questa opera: hai una dimensione di utilizzo del mezzo teatrale che è molto particolare nel teatro musicale contemporaneo. Nell’opera contemporanea c’è questa sorta di paura della drammaturgia teatrale per cui le opere sono dei melologhi oppure sono in forma oratoriale, mentre in questa, anche perché scritta con un autore come Franco Ripa di Meana che è un regista che usa il teatro in maniera molto dinamica e ha un grande uso della macchina teatrale, c’è tanta scrittura drammaturgica. E’ un’opera che informa continuamente, ti tiene in tensione e ti coinvolge perché la volontà è quella di non fare assistere al pubblico ad un’opera sulla mafia ma di coinvolgerlo. Ognuno di noi è anche cittadino ed è parte integrande di questa vicenda. Si sta vivendo la cronaca, infatti lo abbiamo chiamato “teatro musicale della nostra storia”, perché nel libretto non c’è una parola che non sia tratta dalla realtà. E’ chiaro che un punto di forza è, come dicevi prima, la sua sintesi, concentrare tutti questi episodi in un’ora e un quarto. Quello che è rimasto della ricerca che abbiamo fatto Franco Ripa di Meana ed io sui testi del Consiglio Superiore della Magistratura, sui verbali, sulle interviste e sulle dichiarazioni è qualcosa che appartiene ad un universo di testi che noi abbiamo sentito con le nostre orecchie: quando Falcone dice “la coincidenza degli interessi” è qualcosa che apparteneva al suo lessico.

  • Ecco: i cittadini sono parte integrante di questa vicenda. Spesso, di questi tempi, l’opera contemporanea si carica di impegno educativo e sociale ma spesso ricade nello slogan, nel motto, nell’ovvio. Ho notato con stupore e soddisfazione che qui questo non accade.

Il punto è proprio questo: l’impegno sociale, civile ed educativo. Qualche giorno fa quando facevo lezione ad un Liceo Musicale e Coreutico di Trento avevo davanti tante ragazze e tanti ragazzi che non erano ancora nati nel 1992 e abbiamo parlato di Falcone dei rapporti con la mafia, di Cosa Nostra a cui loro erano interessatissimi e la cosa straordinaria è che parlavamo di questo in funzione di un’opera di teatro musicale contemporaneo. Questo non va dato per scontato! E’ un grandissimo risultato. Questo è il segno di un teatro che lavora bene e che ha un rapporto attivo con la comunità. Credo che la Fondazione Haydn, ed il suo Direttore Artistico Matthias Lošek, abbia fatto un grandissimo lavoro mettendo insieme il progetto e credendo in questa produzione.

  • Un altro aspetto interessante che mi piacerebbe approfondire con te è il fatto che, sia nella musica che nel libretto, non c’è nulla di gratuito e di scontato. Basti pensare al finale e alla resa della bomba. Tu hai fatto una bomba che non esplode ma che in realtà per il pubblico ha un grandissimo potere deflagrante.

Questo è un ragionamento molto giusto. Infatti l’opera non si conclude con l’attentato, ma la bomba è sempre presente. Si visualizza in vari momenti la preparazione da parte di Cosa Nostra della bomba e per assurdo la bomba esplode già nel Prologo, alla fine del Preludio quando nel video del percorso dell’autostrada arrivati a Capaci gli schermi diventano bianchi e l’orologio di ferma. Il tema centrale è che Falcone viveva con la consapevolezza della sua fine e lo dice più volte terrorizzando i suoi collaboratori e amici con delle battute di raggelante sarcasmo che si sono poi rivelate profetiche.

  • Un ultimo appunto musicale: ho notato che la scrittura vocale è spesso molto intricata e in particolar modo nel terzetto.

Sì. L’intreccio delle voci è molto stretto: l’intersecazione dei piani rispecchia il rapporto politica-mafia-comunicazione. La musica simboleggia in modo chiaro anche nella sua struttura e conformazione il suo messaggio.

  • Ti lascio forse con l’unica vera domanda di questa nostra conversazione: Falcone come Eroe moderno?

Io penso di sì. Penso che sia un Eroe moderno, un eroe del nostro tempo, per come lo intendiamo noi. Una persona che si è battuta per un mondo migliore, che ha dato la vita per questo, che lotta fin dall’inizio contro qualcosa di chiaramente molto più grande di lui, ma questo non lo dissuade dal provarci e dal credere che, per quanto piccolo, il suo contributo sia fondamentale.

Luca Di Giulio

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