Ravenna Festival: quattro concerti dal Cinquecento a oggi

Dal Siglo de oro ai giorni nostri, i quattro concerti che abbiamo scelto questa volta nella programmazione serrata del Ravenna Festival hanno puntato su differenti aspetti della musica composta nel corso di più di cinque secoli. Interpreti di fama in tre casi e giovani esordienti nell’ultimo appuntamento, realizzato in collaborazione con l’ISSM-Istituto Superiore di Studi Musicali Giuseppe Verdi, si sono prodotti con risultati di notevole, o addirittura eccezionale, livello.

La prima serata in ordine di tempo era nella basilica di Sant’Apollinare Nuovo con Accademia Bizantina e con Ottavio Dantone alla direzione e al clavicembalo. In programma L’Offerta musicale BWV 1079, l’opera sublime che Bach realizzò nel 1747 a partire dalla prova richiestagli da Federico II di Prussia, che gli sottopose un tema su cui realizzare una fuga. Il Thema regium fu la cellula germinale di una delle più complesse e magnifiche costruzioni di tutta la storia della musica, dove l’ars canonica viene portata al massimo sviluppo. Un dato interessante è che L’Offerta musicale non nacque per essere eseguita, ma come dissertazione da sottoporre ai membri di un’associazione di sapienti di cui Bach faceva parte. Si tratta però di musica talmente bella e di tale valore che numerosi esecutori nel corso del tempo l’hanno proposta al pubblico, e in versioni sempre diverse perché non ci sono arrivati dati certi né sull’ordine dei brani né sugli strumenti da utilizzare.

Sottoposto a infinite analisi che hanno indagato sui suoi legami veri o ipotetici con il neopitagorismo, con la teologia, con la numerologia e altro ancora, fino al rosacrocianesimo e alla massoneria, questo lavoro di Bach è stato associato da alcuni studiosi, nella seconda metà del Novecento, al discorso retorico nelle sue varie parti, secondo lo schema indicato nell’Institutio oratoria di Quintiliano. Ottavio Dantone ha accolto questa ipotesi e ha disposto le tredici pagine (due ricercari, nove canoni, una fuga e una sonata a tre in quattro movimenti) secondo l’elenco stabilito dalla retorica; l’ha fatto ordinando i brani nel modo che ha ritenuto più consono e aprendo e chiudendo la raccolta con i due ricercari, cioè le fughe ideate sopra il Thema regium, la prima a tre voci e l’ultima a sei. Ha introdotto tra l’altro elementi d’improvvisazione nella serie di canoni ai quali Bach appose la dicitura Quaerendo invenietis: in sostanza, chi cerca trova.

Bravissimi i musicisti di Accademia Bizantina (Alessandro Tampieri e Ana Liz Ojeda violini, Marco Massera viola, Alessandro Palmeri violoncello, Tiziano Bagnati liuto e Marco Brolli flauto traverso) nell’articolazione nitida e allo stesso tempo nella carica espressiva impresse ai brani, sotto la sapiente direzione di Dantone.

Altrettanto di prim’ordine i componenti di Hespèrion XXI guidati, ancora a Sant’Apollinare Nuovo, da Jordi Savall, che si è da par suo prodotto su due viole da gamba, soprano e basso a 7 corde, con la raffinatezza, la proprietà stilistica e l’energia torrenziale (a quasi ottantun anni) che da diversi decenni l’hanno consacrato interprete eccellente. Con lui, Xavier Díaz-Latorre alla chitarra, Andrew Lawrence-King all’arpa barocca spagnola e Pedro Estevan alle percussioni hanno presentato Folías & Canarios, dall’Antico al Nuovo Mondo.

Il programma, tutto incentrato su musiche composte sulla linea di basso della danza detta Follia e su un’altra danza tipica spagnola, il Canario, allineava musiche di autori del Siglo de Oro, il periodo di eccezionale prosperità e fulgore culturale e artistico della Spagna, che va dagli ultimi anni del Quattrocento alla fine del Seicento: tra questi Diego Ortiz, Pedro Guerrero e Francisco Correa de Arauxo; si spingeva poi fino ai primi decenni del Settecento con Santiago de Murcia e oltre i confini spagnoli con autori come Tobias Hume. Come l’Accademia Bizantina, anche Hespèrion XXI ha inserito nel programma momenti di improvvisazione: a riprova del fatto che la ricerca filologica con sempre maggior evidenza consente libertà e ri-creazione agli interpreti di questi repertori.

Tutt’altro clima espressivo, ma ancora un’interpretazione eccellente, nello squarcio di tardo Romanticismo illuminato dal concerto di Iván Fischer alla direzione della Budapest Festival Orchestra, da lui creata nel 1983 con Zoltán Kocsis. Della Sinfonia n. 3 di Johannes Brahms, opera matura e complessa in cui la maestria nell’uso della forma si congiunge al dominio di un ricco materiale tematico, il direttore ungherese ha messo in evidenza il pathos, la natura drammatica e contrastata, l’impeto e il lirismo, in una lettura di notevole eloquenza che l’Orchestra ha mirabilmente assecondato.

Nella seconda parte del concerto, che si teneva al Pala De André, a confronto con la Suite sinfonica “Sheherazade” op. 35 da Le mille e una notte, l’acuta sensibilità di Fischer ha sottolineato tra l’altro il genio di Nikolaj Rimskij-Korsakov come orchestratore, che qui si rivela appieno nell’impiego degli strumenti e della loro gamma timbrica. Notevole la prova del primo violino Tamás Major negli interventi solistici che evocano la voce di Sheherazade, e di altre prime parti come il fagottista Bence Bogányi, in una compagine che complessivamente e nei singoli si rivela sempre di rara qualità. Il successo, pienamente meritato, è stato vivissimo, come nelle due serate con Accademia Bizantina e Hespèrion XXI.

Infine, nel nuovo Polo delle Arti che in una piazza centrale di Ravenna è stato recentemente aperto per le attività dell’ISSM-Istituto Superiore di Studi Musicali Giuseppe Verdi e della locale Accademia di Belle Arti, abbiamo ascoltato un concerto della breve rassegna “Eclettica”, frutto del master tenuto presso il “Verdi” dal soprano Alda Caiello, tra le più reputate interpreti di musica contemporanea. Due giovani allieve del master, Felicita Brusoni e Beatrice Binda, entrambe soprano, hanno proposto un breve ma gustoso programma. Il pianista Giovanni Guastini le ha assecondate con perizia nelle efficaci esecuzioni delle Cinq Mélodies populaires grecques di Maurice Ravel (Binda) e di alcune celebri pagine di Kurt Weill (Brusoni); ma dove le interpreti hanno mostrato appieno, oltre alle doti vocali, il loro brio e il loro talento anche attoriale è stato nei due brani che aprivano e chiudevano il recital.

Lo spirito ludico coniugato al rigore della scrittura è uno dei tratti caratteristici di Georges Aperghis, e si rivela anche nella breve pagina per voce sola tratta dal ciclo Récitations  del 1977-78: la n. 9 narra di un desiderio contrastato, e lo fa con poche parole e molti gesti vocali (quasi-parlato, figure ornamentali, Sprechgesang, sospiri e quant’altro). Felicita Brusoni l’ha interpretata con notevole verve e sicurezza, conquistando gli spettatori. Lo stesso per Beatrice Binda, che ha offerto la prima esecuzione in pubblico di un brano anch’esso per voce sola di Francesco Filidei, da un ciclo composto nel 2020 sulle Proesie di Federico Maria Sardelli. Con il suo spirito irriverente, Sardelli ha scritto un’Aria della Forforetta (sì, proprio sulla forfora, che «qual garbata nuvoletta» si sparge sul colletto) e Filidei l’ha messa in musica con un procedimento alla Exercices de style di Raymond Queneau: versioni sempre diverse dello stesso testo, dal drammatico all’esilarante, passando per i tipi di scrittura e per gli umori più vari; una vera sfida per l’interprete, che ne è uscita vincente.

Patrizia Luppi
(22, 26, 28 e 30 giugno)

La locandina

22 giugno
Direttore Ottavio Dantone
Accademia Bizantina
Programma:
Johann Sebastian Bach
L’Offerta musicale BWV 1079
26 giugno
Folías & Canarios, dall’Antico al Nuovo Mondo
Direttore e viole da gamba Jordi Savall
Hespèrion XXI
Programma:
Musiche di Diego Ortiz, Gaspar Sanz, Tobias Hume, Pedro Guerrero e a.
28 giugno
Direttore Iván Fischer
Budapest Festival Orchestra
Programma:
Johannes Brahms
Sinfonia n. 3 in fa maggiore op. 90
Nikolaj Rimskij- Korsakov
Suite sinfonica “Sheherazade” op. 35
da Le mille e una notte
30 giugno
Soprani Felicita Brusoni, Beatrice Binda
Pianoforte Giovanni Guastini
Programma:
Musiche di Georges Aperghis, Maurice Ravel, Kurt Weill e Francesco Filidei

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