Roma: Adriana Mater è “nuda”
Grande attesa e forte emozione, a vent’anni dal debutto parigino, per la prima italiana dell’Adriana Mater, opera in due atti e sette quadri della compositrice finlandese Kaija Saariaho, Leone d’oro alla carriera alla Biennale Musica di Venezia nel 2021. L’opera, la sua sesta, composta su libretto in francese di Amin Malouf, affronta il doloroso tema della guerra e della violenza, raccontando lo stupro di una donna che non rinuncia al figlio nato dalla violenza, e ne redime la colpa col perdono. Lo spettacolo è andato in scena al Teatro dell’Opera di Roma in un nuovo allestimento prodotto in collaborazione con The San Francisco Symphony, che ha ricevuto il Grammy Awards per la migliore registrazione diretta nel 2023 da Esa-Pekka Salonen.
A dirigere l’Orchestra romana è stato un amico e collaboratore di Kaija Saariaho, Ernest Martínez Izquierdo, direttore della Navarra Symphony Orchestra e già assistente di Pierre Boulez all’Ensemble Intercontemporain di Parigi, che ha restituito con precisa passione e grande lirismo ogni dettaglio, i pianissimi, e sfumature, le parti cantabili, di questa partitura dolcissima e misteriosa, quasi onirica su un tema tragico senza tempo che parla ancora al cuore del nostro tempo. Un altro grande amico dell’autrice, Peter Sellars, regista fra i più innovativi al quale Kaija Saariaho ha dedicato la partitura dell’Adriana Mater, ha riproposto con poche variazioni la messa in scena presentata a San Francisco, all’indomani della scomparsa della compositrice, morta di tumore a 70 anni nel 2023.
Anche a Roma, Sellars ha scelto di ribaltare la scena, ponendo le masse orchestrali e il coro sul palcoscenico, col direttore che le dirigeva in diagonale, e relegando i cantanti sul proscenio per farli vagare su apposite piattaforme nude e pure, sospese sulla buca dell’orchestra. A sottolineare col vuoto e l’assenza di orpelli la forza del dramma la scelta di rinunciare a quinte e fondali, sostituendoli con le masse dell’orchestra, ai lati della quale i personaggi entrano in scena come ombre del passato per incarnare l’esemplarità del dolore e della sofferenza umana come in una tragedia greca, e avviare il processo di catarsi interiore che li porterà alla rinascita.
Ecco allora Adriana, la giovane protagonista, comparire quasi di soppiatto a piedi nudi nel suo short senza tempo di Camille Assaf, illuminata dalle barre di luci al neon di Ben Zamora che cambiano solo colore, mentre canta una sorta di rondeau pieno di nostalgia e di sensualità. “Quand les yeux de la cité se ferment, / Je dévoile mon coeur”. Subito dopo appare Tsargo, lo spasimante alcolizzato in cerca di tenerezza che, respinto, finirà per abusare di lei.
Sin dall’inizio dello spettacolo veniamo immersi nell’atmosfera pulviscolare prodotta dai centri di energia sonora prodotti dalla musica spettrale, corrente francese di cui Kaija Saariaho fu caposcuola sensibile all’evoluzione in stile nordico. E subito ci sentiamo avvolti dalla rifrazione delle voci che esprimono le passioni primarie seguendo il flusso di coscienza, i sogni, i desideri e la speranza di queste anime in pena, come le scie luminose di barche che vagano all’orizzonte in un mare sonoro, seguendo il criterio dei contrasti timbrici e della tensione magmatica che annullano il contrappunto tradizionale.
La melodia è un’altra risultante dell’incontro di queste formazioni sonore frutto di analisi spettrali, algoritmi e modelli formali in cui il dominio della tecnica magnifica, rendendola ancora più coinvolgente, l’esplorazione dei segreti del cuore umano, per indagarne ogni gamma – l’anelito all’amore, la violenza, la colpa, l’ansia di vendetta, la pace del perdono – e cercare di renderne le infinite sfumature – la sospensione dell’attesa, il ritmo dissonante della violenza, il timbro gelido della paura, la percussione martellante della disperazione, la quiete dell’armonia ritrovata.
Si spiega così la dimensione onirica e ammaliante di quest’opera di rara bellezza, nata dall’esperienza della maternità e dall’elaborazione di un trauma psichico, in cui si irradia la forza radicale del potenziale cambiamento che ogni nascita rappresenta per l’individuo, e dunque la sua resistenza all’errore e al dolore, in nome della luce della speranza.
Kaija Saariaho, compositore donna e madre di due figli, viveva scrivendo musica e diceva di essersi ispirata per la sua polifonia al battito simultaneo di due cuore in un corpo solo per creare i quattro personaggi che si rivelano attraverso la materia sonora di cui sono composti, unendo la propria voce al suono dell’orchestra: Adriana, con la sua linea vocale cupa, intensa, acuta, perfettamente resa dal mezzo soprano irlandese di origini singaporiano- britanniche Fleur Barron, seguita dalla grande Barbara Hannigan: Refka, che vorrebbe convincerla a abortire, con la sua voce dell’estensione più larga e insieme più limitata, interpretata dal soprano Axelle Fanyo, astro francese nascente, Grand Prix 2021 al Concorso Nadia e Lili Boulager, che tornerà al Costanzi per l’Ariadne auf Naxos di Strauss nel ruolo del titolo, con la regia di David Hermann; e poi Tsargo, l’alcolizzato stupratore che finirà i cieco, abbandonato e oggetto di compassione, con la sua voce dal timbro più scuro, adombrato spesso dal suono grave degli archi, di, ruolo affidato anche a Roma al grande baritono inglese Christopher Purves, e infine la voce compatta e cavernosa per un corpo di adolescente di Yonas, il figlio dello stupro, uno strepitoso Nicholas Phan, giovane tenore americano, fondatore e direttore artistico dell’Art Song Chicago, che entra in scena all’inizio del secondo atto, diciott’anni dopo il fattaccio, dando al dramma nuova energia e inatteso chiarore.
Molti e calorosi gli applausi rivolto al coro, ai cantanti, ai direttori di orchestra e coro e soprattutto al regista Peter Sellars, amico e complice della compositrice, dal pubblico (quantunque ridotto), della prima romana dell’Adriana Mater al Teatro Costanzi.
Marina Valensise
(11 ottobre 2025)
La locandina
| Direttore | Ernest Martínez Izquierdo |
| Regia | Peter Sellars |
| Costumi | Camille Assaf |
| Luci | Ben Zamora |
| Sound designer | Timo Kurkikangas |
| Personaggi e interpreti: | |
| Adriana | Fleur Barron |
| Refka | Axelle Fanyo |
| Yonas | Nicholas Phan |
| Tsargo | Christopher Purves |
| Orchestra e Coro del Teatro dell’Opera di Roma | |
| Maestro del Coro | Ciro Visco |










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