Salisburgo: il Vespro monteverdiano tra cielo e scena
Il Festival di Pentecoste prosegue il suo viaggio nelle città dei suoni approdando, dopo Siviglia e Roma, a Venezia e la seconda tappa è dedicata al genio di Claudio Monteverdi, che approda nella città lagunare nel 1613 come maestro di cappella alla Basilica di San Marco, inaugurando una stagione di straordinaria fioritura musicale.
Qui, tra i fasti della Serenissima, il compositore cremonese perfeziona l’arte del madrigale e innalza il linguaggio del recitar cantando a nuove vette espressive, fondando di fatto il teatro musicale moderno. Il suo lascito veneziano vanta un prologo illustre nel Vespro della Beata Vergine – pubblicati nel 1610 proprio nella città lagunare – che costituiscono uno dei capisaldi assoluti della musica sacra del primo Seicento e un nodo cruciale nella trasformazione del linguaggio musicale tra Rinascimento e Barocco.
L’opera si impone non solo per l’ambizione formale e la varietà strutturale, ma soprattutto per la coesistenza, calibrata con sapienza, tra la rigorosa eredità della polifonia palestriniana e le istanze innovative della seconda pratica, di cui Monteverdi fu tra i massimi teorici e artefici.
La raccolta comprende salmi, inni, mottetti – o concerti –, antifone che, pur nella loro eterogeneità, delineano un progetto coerente sul piano espressivo e retorico, sfidando i modelli liturgici tradizionali e anticipando una concezione più drammaturgica del sacro, evidenziando la tensione monteverdiana verso un’idea di musica sacra capace di conciliare funzione liturgica e spettacolarità, spiritualità e artificio scenico.
Si delinea così un’opera in cui la dimensione devozionale si intreccia con un’esplicita consapevolezza teatrale, dando forma a un vero e proprio ponte tra la cappella e la scena.
L’esecuzione della pagina monteverdiana al Mozarteum va senza dubbio ascritta tra quelle di riferimento, e per più di un motivo.
Gianluca Capuano – magnificamente assecondato dai Musiciens du Prince — Monaco capaci di un suono che all’informazione storica coniuga una corposità brillante, e forte di un coro praticamente perfetto qual è Il Canto di Orfeo preparato dal maestro-cantore Jacopo Facchini – restituisce all’ascolto il Vespro rendendo palpabile tutta la fantasia espressiva in esso contenuta, ponendo al contempo in luce nella sua interezza la sperimentalità che Monteverdi vi pone.
Il Canto di Orfeo – davvero non ci sono parole sufficienti per descriverne la perfezione tecnica messa a totale servizio di un’interpretazione vibrante al limite della sensualità – cambia disposizione ad ogni salmo o concerto ricercando di volta in volta le spazialità in qualche modo teatrali care alla polifonia sacra veneziana e restituendo all’ascolto un Monteverdi rinnovato e ritrovato.
Sontuosi gli interventi dei solisti – uno più bravo dell’altro –, perfetta la coesione tra le sezioni, imponente il volume, ulteriormente amplificato dall’acustica generosa della Grosser Saal.
Al termine un autentico e meritatissimo trionfo di pubblico – per altro concentrato e silenzioso come non mai durante l’esecuzione – con bis del Gloria dal Magnificat che chiude il Vespro.
In cauda venenum: ad aprire il concerto, prima del Vespro, era stata Venezianischer Morgen per Doppio Coro Misto a Cappella (2025) di Bruno Mantovani, che di per sé qualche pregio, soprattutto formale, lo avrebbe pure – al netto del fatto che soffi e sospiri, già per altro stantii nelle composizioni strumentali, andrebbero banditi per legge –, ma al confrontarsi con il monumento monteverdiano fa la figura di chi ad una festa da ballo fa da tappezzeria.
Alessandro Cammarano
(7 giugno 2025)
Deutsche Version
Pfingstfestival: Monteverdi in Venedig – Sakraltheater zwischen Himmel und Bühne
Von Alessandro Cammarano (7. Juni 2025)
Das Pfingstfestival setzt seine faszinierende Reise durch die „Städte des Klangs“ fort und erreicht nach Sevilla und Rom nun Venedig. Die zweite Etappe ist dem Genie Claudio Monteverdis gewidmet, der im Jahr 1613 das Amt des Kapellmeisters an der Basilika San Marco übernahm und damit den Auftakt zu einer beispiellosen Blütezeit venezianischer Musikgeschichte markierte.
In der glanzvollen Atmosphäre der Serenissima vollendet der aus Cremona stammende Komponist die Kunst des Madrigals und hebt die Praxis des recitar cantando auf ein neues expressives Niveau – eine Entwicklung, die im Grunde genommen das Fundament der modernen Oper bildet. Monteverdis venezianisches Vermächtnis hat mit den 1610 veröffentlichten Vespri della Beata Vergine ein monumentales Vorspiel, das zu den absoluten Eckpfeilern der frühbarocken Kirchenmusik zählt und einen entscheidenden Wendepunkt im Übergang von der Renaissance zum Barock markiert.
Dieses Werk imponiert nicht nur durch seinen formalen Ehrgeiz und die strukturelle Vielfalt, sondern vor allem durch das kluge Nebeneinander der strengen, auf Palestrina zurückgehenden Polyphonie und den progressiven Neuerungen der seconda pratica, als deren bedeutendster Theoretiker und Schöpfer Monteverdi gilt.
Die Sammlung umfasst Psalmen, Hymnen, Motetten – oder besser: Concerti –, Antiphonen, die trotz ihrer stilistischen Heterogenität ein in sich geschlossenes, rhetorisch durchdachtes Gesamtkonzept offenbaren. Monteverdi wagt es, die liturgischen Konventionen zu hinterfragen und skizziert eine neue, dramatischere Auffassung des Sakralen – ein Spannungsfeld zwischen Liturgie und szenischer Kunst, zwischen geistlicher Erhebung und bewusstem musikalischem Kunstgriff.
So entsteht ein Werk, in dem sich Andacht und theatralisches Bewusstsein untrennbar miteinander verweben – ein wahrhaftiger Brückenschlag zwischen Kapelle und Bühne.
Die Aufführung des Monteverdi’schen Meisterwerks im Mozarteum darf ohne Übertreibung als Referenz gelten – und das aus mehr als nur einem Grund.
Gianluca Capuano – exzellent unterstützt von den Musiciens du Prince – Monaco, die historisch informiertes Musizieren mit leuchtender Klangfülle verbinden – sowie ein praktisch makelloser Chor (Il Canto di Orfeo), sorgfältig einstudiert von Maestro-Cantore Jacopo Facchini, lassen die Ausdruckskraft und Innovationsfreude der Vespri in all ihren Facetten hörbar werden.
Il Canto di Orfeo – es fehlen wahrlich die Worte, um die technische Vollkommenheit zu beschreiben, die sich hier vollständig in den Dienst einer Interpretation stellt, die an sinnliche Intensität kaum zu überbieten ist – verändert mit jedem Psalm oder Konzert seine Aufstellung und erforscht auf eindrucksvolle Weise jene theatralische Raumwirkung, die der venezianischen Sakralpolyphonie so eigen ist. Das Ergebnis: ein Monteverdi, wie man ihn selten gehört hat – neu, lebendig, wiederentdeckt.
Die solistischen Einwürfe – einer brillanter als der andere – glänzen in seltener Pracht; die Kohärenz der vokalen und instrumentalen Sektionen ist makellos, der Gesamtklang imposant, noch gesteigert durch die generöse Akustik des Großen Saals.
Das Publikum – während der Aufführung bemerkenswert konzentriert und still – spendete am Ende begeisterten und vollkommen verdienten Applaus, der mit einer Zugabe des Gloria aus dem Magnificat, dem Schlussstück der Vespri, belohnt wurde.
Und zuletzt, in cauda venenum: Den Konzertabend eröffnete Bruno Mantovanis Venezianischer Morgen für Doppelchor a cappella (2025) – ein Werk, das zwar in formaler Hinsicht gewisse Qualitäten aufweist, jedoch trotz allem an jenem überreizten Arsenal aus Hauchlauten und Atemgeräuschen krankt, das selbst in der Instrumentalmusik längst zur klanglichen Klischeefalle geworden ist. Im direkten Vergleich mit dem Monteverdi’schen Monument wirkt Mantovani wie ein Statist bei einem rauschenden Ball – bemerkbar, aber ohne wesentlichen Eindruck.
La locandina
Direttore | Gianluca Capuano Co |
Les Musiciens du Prince — Monaco | |
Il Canto di Orfeo | |
Maestro del Coro | Jacopo Facchini |
Programma: | |
Bruno Mantovani | |
Venezianischer Morgen per doppio coro di voci miste a cappella | |
Claudio Monteverdi | |
Vespro della Beata Vergine |
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