“Il Boemo”, come lo chiamavano in Italia, non era considerato ai suoi tempi uno stinco di santo; e meno che mai “divino” (titolo d’encomio inventato da un romanziere ottocentesco).
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Di recente ha destato attenzione la tesi del musicista australiano Martin Jarvis, il quale afferma di aver identificato per la prima volta la calligrafia musicale della sorella maggiore di Mozart, Maria Anna detta Nannerl, e quindi di aver dimostrato un coinvolgimento di lei nell’educazione musicale del giovane Mozart.
Alla presentazione ufficiale del dipinto (Urbino, 25 luglio 2022) avrebbe fatto seguito “a memorable dinner with Corelli’s direct descendant, Marchesa Imelde Corelli”.
La Wiener Klassik l’ha inventata il dottor Goebbels? Manco per sogno, con buon pace dei negazionisti di rito neoborbonico, lagunare e valligiano. Già nel 1811 un oscuro direttore d’orchestra italiano, anzi veneziano, include nel canone degli “immortali” Haydn (ancora praticamente vivente) e Mozart (defunto da appena 20 anni). E il mitico Andrea Luchesi? Non pervenuto.
Hindemith, Šostakovič, Bartók: solo i nomi più illustri di una schiera di musicisti europei che negli anni intorno al 1935 invase la nuova Turchia di Mustafa Kemal detto Atatürk (“Padre dei Turchi”) in una sorta di colonizzazione consensuale.
L’uso della bacchetta si impose solo nell’Ottocento, quando iniziarono a differenziarsi il controllo del tempo dell’orchestra, affidato alla mano destra, e la trasmissione delle dinamiche, del fraseggio, del cd. ‘andamento agogico’ (crescendo e diminuendo, accelerando e allargando, e così via), affidato invece alla mano sinistra.”
Fescennino, satura, fabula atellana: tutti generi teatrali dell’antica Roma legati all’eccesso carnevalesco, al mascheramento e all’uso di un linguaggio plebeo.
Tra le forme poetiche musicabili il madrigale emerse presto come il più duttile: conciso e privo di ripetizioni, allineava perlopiù endecasillabi e settenari senza stretti obblighi di rima, a parte quella baciata conclusiva.
Fascino dell’Oriente, ma anche dei ricchi compensi elargiti dal nuovo sultano Abdülmecid, regnante dal 1839 al 1861: un augusto melomane che si dilettava di pianoforte e finanziava di tasca propria una compagnia d’opera alla moda.
Inafferrabile come l’acqua: attraverso le edizioni parziali, le copie manoscritte, e gli arrangiamenti che la Water Music conobbe in Inghilterra fra 1725 e 1786 si può risalire controcorrente il flusso ipercritico che relegava nelle nebbie del mito le circostanze della sua composizione e perfino la nozione della sua effettiva esistenza.
Bella non si può dire che fosse. No davvero. Pauline non era bella; spalle curve, occhi sporgenti, lineamenti forti: era abbastanza bruttina, ma di una bruttezza attraente. Heinrich Heine la paragonava a un mostruoso paesaggio esotico.
“L’ordine del giorno della nostra seduta prevede al punto primo e unico: Celebrazioni per il duecentottantesimo anniversario della morte del compositore Antonio Vivaldi (Venezia, 4.3.1678 – Vienna, 28.7.1741). A nome dell’Amministrazione Regionale, che io qui rappresento in veste di Assessore alla Cultura, dò ora la parola alla dottoressa Saveria Meublée, vicepresidenta della Consociazione Turistica Europea.”
La clarissa Caterina de’ Vigri, santa monaca bolognese che s’intendeva di musica e di pittura, vaticinò alle sue consorelle la presa di Costantinopoli il giorno stesso dell’evento, 29 maggio 1453; ma con gli ordinari mezzi di comunicazione dell’epoca la notizia arriverà a Creta il 9 giugno, a Venezia il 29, a Roma il 4 luglio. Entro l’anno tutta l’Europa conosce gli orrendi dettagli del fatto d’armi che cambierà la sua storia.
Un documento finora ignoto riemerge dall’acqua alta che ha devastato il Fondo Torrefranca presso la Biblioteca del Conservatorio “Benedetto Marcello” in Venezia. Consta di un bifolio in antico turco ottomano (Lisân-ı Osmanî), redatto su carta Tre Lune della ditta Antonio Senza Seguito di Bovolone, e della relativa traduzione italiana d’epoca.
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