Affermare che Esa-Pekka Salonen sia tra i più grandi direttori d’orchestra al mondo è ribadire l’ovvio. Ciononostante, il suo nome mancava alla guida dei Berliner Philharmoniker da quasi 40 anni.
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La morte, insomma, aleggia inesorabile sulla Sinfonia della Resurrezione. Ed è quindi plausibile che Romeo Castellucci, nell’affrontare per il festival di Aix-en-Provence una versione “rappresentativa” di questa musica, abbia fatto della morte il centro del suo discorso.
Esa-Pekka Salonen alla Scala era un evento da non perdere. Certo, il direttore finlandese vi è tornato come parte di una tournée con l’Orchestre de Paris, ma intanto il pubblico milanese ha potuto nuovamente accoglierlo. E che accoglienza gli ha riservato, con ovazioni prima ancora di cominciare e un trionfo al termine.
Una manciata di anni separa la Settima Sinfonia di Anton Bruckner, che vide la sua creazione nel 1884 a Lipsia, dalla schönberghiana Verklärte Nacht, eseguita nella sua prima versione per sestetto d’archi a Vienna nel 1902; eppure la distanza fra le due composizioni appare siderale, nonostante l’influenza di Wagner sia ancora marcata in entrambe.
Ci sono occasioni nelle quali solo il silenzio può esprimere con pienezza l’oceano di emozioni che si susseguono al concludersi di un’esperienza sconvolgente ed insieme appagante. Non un silenzio vuoto, fine a se stesso, ma al contrario un silenzio denso e ricco.
Ecco, il concerto della Philharmonia Orchestra, con Esa-Pekka Salonen sul podio, inviterebbe al non parlare per l’oggettiva impossibilità di trovare parole adatte a descriverne l’incomparabile meraviglia; tuttavia il cronista deve in qualche modo rendere conto di ciò che ha ascoltato, pur rendendosi conto che gran parte di ciò che dirà risulterà insufficiente, se non inadeguato.
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