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Buona la Prima, si potrebbe dire, con il tutto esaurito. Il cartello “Sold out” sulle locandine in esterna, un teatro strabordante in ogni ordine e fila e la presenza delle massime autorità liguri, oltrechè ospiti di variegato lustro, sono stati la cornice ad una rappresentazione del genio lucchese che non è però stata esente da ombre.

Sin dal preludio, Mariotti ha insistito sulla natura del dramma d’amore, un dramma che per certi versi appare quasi preterintenzionale, visto che cresce al di là della dimensione pubblica, della corte, del trionfo, delle scene di folla.

La nona opera del catalogo donizettiano e prima di quello che sarebbe diventato un sodalizio collaudato tra il Bergamasco e Felice Romani sembra essere a tutti gli effetti il frutto di una temporanea follia a due, che però alla fine diventa un fantastico monumento all’anacoluto drammaturgico inteso nella sua più alta accezione.

Sul podio, accanto al direttore musicale Riccardo Frizza, Vincenzo Milletarì e Sesto Quatrini
Le regie sono di Valentina Carrasco, Gianluca Falaschi e del direttore artistico Francesco Micheli

Tutto funziona anche grazie all’impianto scenico giocato su un’architettura che rimanda al razionalismo per aprirsi poi sulla foresta-rifugio di Griselda scacciata e illuminato dal disegno di luci perfetto nella sua continua mutevolezza ideato da Alessandro Carletti e Fabio Barettin

Nessuno – eccezion fatta per le prefiche del “povero Verdi” o i “custodi della tradizione – vuole tornare ai fondali dipinti o alle caccole di tradizione, sia ben chiaro, ma la modernità va accompagnata con idee drammaturgiche forti che in questa occasione sono di fatto mancate.

Al netto di particolari che non sono così decisivi ma che probabilmente i “talebani” in lotta contro il teatro di regia nell’opera giudicheranno scandalosi, lo spettacolo offre un’ambientazione allo stesso tempo molto sofisticata ma troppo carica.

Gianluca Falaschi, costumista di vaglia qui al suo debutto alla regia, coglie con acume sia la matrice “domestica” della serenata – collocata da Metastasio in un “giardino di delizie presso Parigi” e dunque in un’Arcadia immaginaria che con la Terra Santa nulla ha a che vedere – sia l’astrattezza della musica.

Ha senso la rappresentazione in forma scenica di un oratorio? Se lo si fa nell’ambito di un festival – chiamato per la sua stessa natura alla sperimentazione – la risposta non può che essere affermativa.

Maggio–Musicale_Fiorentino

Non si è trattato di uno streaming: niente Internet, ma solo, si fa per dire, la messa in onda su Rai 5. E viene da chiedersi il perché di questa rinuncia. Ma soprattutto, non è stata una diretta […]

Gianluca Falaschi

Tra i protagonisti delle due ultime inaugurazioni del Teatro Alla Scala Gianluca Falaschi – suoi i costumi dell’Attila e della Tosca – incarna la miscela perfetta di fantasia, rigore, studio e attenzione al particolare. Gli abbiamo fatto qualche domanda.

Luca Salsi

Diciotto minuti di applausi, convinti e compatti, suggellano un successo pieno della Tosca “come non l’avevamo mai sentita – e come probabilmente, anche a detta di Richard Parker che ne ha curato l’edizione critica, non la sentì neppure il pubblico del Costanzi la sera del quattordici gennaio 1900 – che ha inaugurato la stagione 2019-2020 del Teatro Alla Scala.

Parte dalla platea, tutta rivolta al palco delle Autorità, infiamma i pachi e arriva su fino al loggione l’applauso interminabile che il pubblico della Scala riserva al Presidente Mattarella. Cinque minuti, lunghi e intensi, omaggio allo statista vero e schiaffone sonoro agli “statisti” improvvisati che momentaneamente detengono il potere; poi il “Canto degli Italiani”, che tutti gli Italiani cantano a squarciagola, intonatissimi e quasi sorpresi della propria forza.