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Nel gioco del teatro nel teatro esposto nel primo atto, si viene a perdere il vero contesto dal quale Magda vuole fuggire e non emerge l’inquietudine psicologica di questo personaggio.

L’impressione è quella di un gruppo di artisti in piena sintonia tra di loro che si divertono molto e rendono il pubblico partecipe e complice del loro divertimento.

Nostalgia, burlesque, poesia e soprattutto passione si uniscono per scatenare una storia di inganni, bugie e verità in cui c’è un solo vincitore e cioè la musica.

La nona opera del catalogo donizettiano e prima di quello che sarebbe diventato un sodalizio collaudato tra il Bergamasco e Felice Romani sembra essere a tutti gli effetti il frutto di una temporanea follia a due, che però alla fine diventa un fantastico monumento all’anacoluto drammaturgico inteso nella sua più alta accezione.

Figlia d’arte, Irina Brook rilegge in chiave moderna l’opera di Cimarosa pensandola come se fosse una fiction televisiva. Niente di nuovo sotto il sole. 

Il non facile compito di ridare vita al Bruschino è stato affidato quest’anno – trascorso quasi un altro decennio – alla rinomata “sigla” Barbe & Doucet, che firma regia scene e costumi fa con questo spettacolo il suo debutto al ROF, dove giunge dopo avere raccolto molti successi da un capo all’altro dell’Europa.

Federica_Guida

La lettura di Giovanni Antonini è efficace nei concertati e nei finali dove viene resa con adeguata enfasi tutta la sprizzante vitalità mozartiana, ma diventa più prevedibile nei momenti di maggior pathos di questa ricchissima opera. 

Ebbe accoglienza tiepida, la sera dell’undici febbraio 1840, la Fille du régiment, tanto che Berlioz all’indomani la recensì assai negativamente, così come il pubblico non perdonò le défaillances di Mécène Marié de l’Isle, il primo Tonio.

Ad apertura di sipario, viene spontaneo ripararsi gli occhi con la mano. Il bianco dilaga e l’effetto è quasi abbacinante. Bianche, tranne le persiane, sono le due palazzine che si fronteggiano ai lati della scena, in stile vagamente neoclassico, entrambe dotate di terrazzo, una anche di un portico dove si può prendere il tè, a condizione beninteso che il servizio sia di candida porcellana.