Imponente, forte e sovrastante è la religiosità presente in scena, con una fin troppi eccessiva presenza di simboli cristiani (croci, cristi, prelati, richiami cattolici) a dispetto di esigui accenni all’ebraismo
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Un programma intenso, il cui tema dell’oppressione presente in Nabucco e Macbeth si è alternato con pagine di intensa spiritualità tratte da Otello e La forza del destino, inframezzate dalle sinfonie ribelli della Giovanna d’Arco e I vespri siciliani.
Se dovessimo riassumere in un aggettivo il carattere dell’esecuzione proposta da Marco Comin alla guida della spigliata e impegnata Camerata Musicale Città di Arco, diremmo che è stata antiretorica.
Vi è forse differenza tra le guerre di ieri e le guerre di oggi? Sono i singoli a fare la massa o le masse sono composte da singoli? A cosa può portare la sete di potere?
È dal 2015 che Muti ogni anno ritaglia, tra i suoi sempre numerosissimi impegni, almeno un periodo (quando non due, com’è avvenuto per esempio con la presenza a Tokyo dell’Academy) in cui trasmette, a direttori d’orchestra e maestri collaboratori che hanno da poco intrapreso l’attività professionale, la sua lezione
Michele Mariotti, col gesto essenziale e denso che lo contraddistingue, esplora i meandri più reconditi dell’impaginato verdiano rendendoli attraverso un gioco di trasparenze che lasciano intuire senza imporre.
Ne è uscita un’Aida di forte connotazione sinfonica, che forse inevitabilmente – il tempo per le prove non basta mai, specialmente dentro all’anfiteatro – è andata mettendo a fuoco le sue caratteristiche man mano che la notte avanzava,
Trasformato in Grand Opéra Macbeth perde la sua originale drammaticità stringata e capace di andare immediatamente al punto, secondo la visione estetica di Verdi, ma ne guadagna in teatralità.
Quando si sbuca in alto sulle gradinate, il colpo d’occhio è di quelli che restano nella memoria. Al centro il palco per l’orchestra – collegato ai due ingressi principali dell’anfiteatro con passerelle di egual colore – è di un bel rosso vivo, lo stesso degli scranni ad altezze diverse allineati lungo l’ellisse, destinati agli artisti del coro.
Il Festival Verdi prosegue nel percorso volto a portare l’opera fuori dalla sua sede naturale, trasformandola senza intaccarne la natura e ponendola di fatto in una prospettiva nuova che valorizza contenuto e contenitore.
Il nuovo allestimento proposto al Festival Verdi porta la firma di Andrea De Rosa ed è ascrivibile ad un tradizionale calligrafismo, nonostante l’azione sia calata in un non meglio identificato passato prossimo che i costumi terragni, di Alessandro Lai, e le scene scoscese dello stesso De Rosa non permettono di identificare con precisione.
Poco dopo il grande e incontrastato successo delle sue mirabili interpretazioni di Macbeth al Maggio Musicale Fiorentino, Riccardo Muti è ritornato sul titolo verdiano a Ravenna per la Italian Opera Academy, che si è tenuta dal 21 luglio al 3 agosto.
Che cos’è l’opera? Una definizione corrente potrebbe essere: uno spettacolo in cui la narrazione di una vicenda umana avviene attraverso la musica e le parole, con l’ausilio di scene e costumi e di una regia che governa l’azione. La definizione che Riccardo Muti oggi impone […] è profondamente diversa: l’opera […] è fatta di musica e parole, non c’è bisogno d’altro.
Debutto parigino al Theatre des Champs Elysées il 12 settembre 2017 per Jessica Pratt nella Lucia di Lammermoor di Donizetti, ruolo che più le si congegna per dimostrate le sue qualità vocali e di interprete. Data in forma di concerto con la direzione di Roberto Abbado a guida dell’Orchestre National d’Ile de France, la performance si inseriva nel panorama degli omaggi ai 40 anni dalla scomparsa di Maria Callas avvenuta il 15 settembre del 1977.
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