Davide Livermore trasporta, con intelligenza, le vicende negli anni ’30 del primo Novecento, non tanto in un Egitto storicizzato ma, come dicevamo su Tolomeo, un lussureggiante battello da crociera in movimento sul Nilo.
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Cosa può spingere una direzione artistica a inaugurare la propria stagione sinfonica con una scelta sinfonica così apparentemente auto-sabotatoria, in aperto contrasto con la necessità di programmi leggeri tipica del post-Covid?
Se dovessimo riassumere in un aggettivo il carattere dell’esecuzione proposta da Marco Comin alla guida della spigliata e impegnata Camerata Musicale Città di Arco, diremmo che è stata antiretorica.
Questa volta il racconto della Favola è affidato – scelta davvero felice – alle marionette, in questo caso quelle meravigliose della gloriosa Compagnia Carlo Colla e Figli, che hanno il potere sublime di risvegliare il bambino nel pubblico oltre alla sublime arte della “meraviglia” che è il fondamento primo del barocco.
Una bella Stagione, quindi, che si conferma nel solco della storia dell’Associazione, che, per chiudere, ha scelto di dedicare il concerto di sabato 1° aprile a un amico degli Amici, Michele Manzotti, giornalista, musicologo, firma del quotidiano La Nazione, conduttore radiofonico di Controradio (Il Popolo del Blues) e Rete Toscana Classica, scomparso prematuramente un anno fa.
A concludere questa mia settimana fiorentina è Daniel Harding con il Requiem di Mozart. Una perfetta conclusione, in realtà, se consideriamo che la settimana era stata inaugurata dal ritorno del pubblico con Daniele Gatti e la doppietta Sinfonia di Salmi-Sinfonia in Do di Stravinskij.
Sarà una Pasqua suggestiva, simbolica e densa di significati quella proposta da La Toscanini.
Tre programmi importanti, e non solo dal punto di vista artistico, per il Giovedì, il Venerdì e il Sabato Santo, in pieno spirito Pasquale.
Gianluca Capuano dirige l’Orchestra del Teatro La Fenice nei Concerti grossi di Corelli e nello Stabat Mater di Pergolesi con la partecipazione di Silvia Frigato e Sara Mingardo
Oggi abbiamo il virus, che stravolge le abitudini nel fare musica dal vivo e detta nuove regole nell’andare ad ascoltarla. In passato, non è che tutto sia sempre andato liscio comunque
Ci cono serate come quella vissuta al Palazzo Ducale di Martina Franca il 29 luglio 2020 che restano impresse nella memoria e che vorremmo poter rivivere.
Dopo la prima Festa della Musica e l’avvio del progetto speciale Dimore in Lirica che riempie di musica quattro splendidi luoghi alternativi di Vicenza per quattro serate di luglio, è stata presentata l’ottava edizione del Festival Vicenza in Lirica che torna ricco di progettualità sorprese al Teatro Olimpico.
Pare proprio che alla Scala il barocco – e Händel in particolare – stia diventando finalmente di casa; dopo il Trionfo del Tempo e del Disinganno e il Tamerlano, cui si deve aggiungere la Semele itinerante, è la volta del Giulio Cesare in Egitto in un allestimento di quelli che appena usciti da teatro si avrebbe voglia di rivedere e riascoltare.
Per Campanella non è stata quindi solo questione di creare, con la collaborazione di Monica Leone al secondo pianoforte e di Silvio Celeghin all’harmonium, una dimensione cameristica all’esecuzione – impresa complessa nello spazio di Palladio e Scamozzi con la sua acustica ingannevole e per molti aspetti insoddisfacente.
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