Torino: il canto del cigno di Mozart

Acqua, fuoco, terra. Come se fossero prove da superare, le ultime tre sinfonie di Mozart secondo
Marc Minkowski riflettono la simbologia massonica che permeerà poi la Zauberflöte. Quella in Mi♭ per il suo limpido fluire, quella in Sol per i tempi brucianti del primo movimento, quella in Do per la solare e olimpica tonalità.

Composte tutte nel 1788 in rapida successione – la K 543 completata il 26 giugno, la K 550 il 26 luglio, la K 551 il 10 agosto – sono il frutto di una stagione straordinariamente creativa: il Trio n° 4 per pianoforte e archi in Mi K 542, la Sonata per pianoforte n° 16 in Do K 545 e la Sonata per violino n° 36 in Fa K 547 appartengono tutte a quel ristretto periodo estivo e c’è chi come Nikolaus Harnoncourt ha avanzato l’ipotesi che queste tre sinfonie siano state concepite da Mozart come un’opera unitaria, avendo la prima una grandiosa introduzione e l’ultima un monumentale finale.

Non si sa lo scopo per cui siano state composte: non soddisfano né una commissione né un’occasione celebrativa, è come se Mozart le avesse scritte per il proprio piacere personale. Ma se questa ipotesi ci piace a conferma della straordinaria felicità compositiva dei tre pezzi, le difficoltà economiche di Mozart in quel periodo – le rappresentazioni del Don Giovanni iniziate il 7 maggio non avevano riscosso il successo di Praga l’anno prima – fanno piuttosto pensare che le sinfonie fossero destinate a una serie di concerti per sottoscrizione di cui però non si ha traccia. Quello che sorprende è come queste composizioni non rispecchino per nulla la situazione del compositore. Con la loro solarità ed energia vitale confermano quanto scritto a proposito dall’Abert, di «quanto poco il mondo fantastico di Mozart, il suo vero mondo, avesse a che fare con le miserie quotidiane».

È invece probabile è che le Sinfonie parigine di Haydn pubblicate nel 1787 – la 84, la 83 (“La gallina”) e la 82 (“L’orso”) con le stesse tonalità (Mi♭, sol, Do) – siano servite di modello a quelle di Mozart, ma la personalità del salisburghese qui è espressa al meglio e al massimo può ricordare, con gli interventi dei timpani e dei corni e i tempi affannosi, certe pagine gluckiane nel primo grande movimento della Sinfonia n° 39 in questa esecuzione di Marc Minkowski alla testa dei suoi Musiciens du Louvre per l’ultimo concerto della stagione di Lingotto Musica. Definita l’“Eroica” di Mozart, la sinfonia in Mi♭riceve dalla lettura del direttore francese un vigore travolgente che della vitalità ritmica fa la base della struttura formale della pagina. Vigore ritmico che si placa solo nel secondo movimento dove la cantabilità degli archi sostenuti dai fiati si dispiega nelle semplici volute di un Ländler, mentre il Trio che segue, senza ottoni e timpani, offre una sonorità soffusa perfettamente realizzata da Minkowski il cui gesto è molto espressivo, non ha nulla di meccanico, contando sulla perfetta intesa tra direttore e strumentisti.

La particolare disposizione dei musicisti e il loro numero danno al suono dell’ensemble un colore particolare dove il contrasto tra strumenti acuti e gravi raggiunge un equilibrio di rara perfezione. In prima e seconda fila ci sono infatti di prammatica i violini, otto violini primi a sinistra, sei secondi a destra. A

l centro troviamo le viole, due violoncelli e i timpani. Seguono i fiati con alle estremità sinistra e destra due contrabbassi, quasi a ottenere un effetto stereofonico di sensurround… Ma di maggior coinvolgimento emotivo del pubblico non c’è necessità all’attacco del popolare Allegro della Sinfonia in sol, detta anche “Schwanengesang” (il canto del cigno) a sottolineare il senso di turbamento che la pervade con quel tema così trascinante, quasi ossessionante del primo movimento. Questa è l’unica delle tre sinfonie in tonalità minore, quello di tre movimenti su quattro, l’andante è infatti in Mi♭, con un ritmo cullante alla “siciliana” arricchito di ornamentazioni di gusto galante che l’orchestra dipana con eleganza: gli archi sembrano un solo strumento tale è la perfetta coesione e i fiati aggiungono il loro prezioso colore caldo e intenso.

Dopo l’impalpabile malinconia della Sinfonia in sol, esplode la gioiosa e olimpica maestosità della “Jupiter”, apoteosi dei principi dialettici della forma sonata estesi a tutti e quattro i movimenti. Anche l’Andante cantabile, infatti, ha una latente struttura sonatistica con due idee principali di diverso carattere. Dopo la pausa del Minuetto, il colossale quarto movimento alla forma sonata aggiunge un peso contrappuntistico che ha portato a considerare una fuga il trionfante finale, la cui complessità e virtuosismo compositivo sono magistralmente gestiti dall’orchestra.

Gli scroscianti applausi del pubblico hanno come risultato un fuori programma che da solo avrebbe valso la serata: Minkowski non si scorda del suo amato Rameau e lascia gli ascoltatori inebetiti dalle sublimi noti della musica che accompagna l’ingresso di Polymnie ne Les Boréades. Migliore conclusione della stagione non si poteva avere.

Renato Verga
(20 maggio 2025)

La locandina

Direttore Marc Minkowski
Les Musiciens du Louvre
Programma:
Wolfgang Amadeus Mozart
Sinfonia n° 39 in Mi bemolle maggiore K 543
Sinfonia n° 40 in sol minore K 550
Sinfonia n° 41 in Do maggiore K 551 “Jupiter”

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