Venezia: La Norma intima e perfetta di Mariella Devia
Venti minuti di applausi, anche “à la russe” e lanci di fiori da palchi e gallerie; così si è consumato l’addio alle scene di Mariella Devia, con il pubblico commosso e tutto in piedi a tributare un omaggio sincero e tuttavia sobrio, in puro stile Devia, ad un’artista dalla carriera limpida come poche, senza sbavature o cedimenti, fondata su scelte precise di repertorio, disciplina e studio costante, lontana anni luce da qualsiasi indulgenza divistica.
La sua Norma di congedo è perfetta, pienamente belcantista, con la parola sempre cantata su fiati prodigiosamente lunghi che si plasmano in un fraseggiare intimo ed al contempo capace di spiegare le ali in voli altissimi; amante e madre prima che sacerdotessa guerriera, come deve essere. Gli acuti sono abbaglianti, le note gravi tornite, i centri perfetti; una lezione di canto e d’interpretazione. Già dal “Sediziose voci” si era avuta la certezza che ci saremmo trovati dinanzi ad una serata storica; la conferma arrivava poco dopo con un “Casta diva” intimo e straniante cui è seguita un’ovazione di cinque minuti. La grandezza dell’interprete sta nelle piccole frasi e il suo “Oh rimembranza” rimarrà a lungo nei ricordi di chi c’era, e questo è solo un esempio dell’arte del soprano ligure.
Accanto a lei chi canta bene canta ancora meglio e la conferma di ciò si è avuta anche in questa occasione.
Carmela Remigio, bravissima, tratteggia un’Adalgisa agitata da mille dubbi, fondata su una linea di canto impeccabile e ricca di colori che risultano straordinariamente complementari a quelli della protagonista, con la quale sembra stabilirsi un’unità spirituale.
Da manuale il Pollione umanissimo di Stefan Pop, perfettamente in linea con la visione intima dell’opera. Ascoltare un “Vieni in Roma” quasi sussurrato, a persuadere anziché a costringere, non è cosa che accada pesso, anzi. Da lodare, fra l’altro, la dizione perfetta.
Luca Tittoto disegna un Oroveso nobilmente altero; la voce corre sicura e la cavata grave è imponente.
Non demeritano la Clotilde di Anna Bordignon e il Flavio di Emanuele Giannino.
Riccardo Frizza regge saldamente le fila e, dopo qualche irruenza iniziale nella sinfonia, stempera l’Orchestra in una narrazione fluida nell’esposizione della melodia e comunque sempre senza perdere di vista la componete ritmica.
Bene il Coro preparato da Claudio Marino Moretti.
L’allestimento di Kara Walker ci è parso, se possibile, ancor più brutto e incongruo di quanto non ricordassimo. L’idea di una Norma africana è tirata per i capelli, o meglio per le treccine, le scene richiamano elementi che starebbero benissimo in uno di quei loft fighetti di Lower Manhattan, i costumi sono orridi e l’idea di movimento scenico è aliena alla scultrice statunitense. Fortunatamente ieri sera è passato in secondo piano.
Siamo usciti da teatro emozionati e un po’ scossi, consci di essere stati testimoni di una serata memorabile grazie ad una gran signora del palcoscenico e coloro che la hanno condivisa con lei.
Alessandro Cammarano
(Venezia, 19 maggio 2018)
La locandina
Direttore | Riccardo Frizza |
Regia, Scene e Costumi | Kara Walker |
Light designer | Vilmo Furian |
Norma | Mariella Devia |
Pollione | Stefan Pop |
Adalgisa | Carmela Remigio |
Oroveso | Luca Tittoto |
Clotilde | Anna Bordignon |
Flavio | Emanuele Giannino |
Orchestra e Coro del Teatro La Fenice | |
Maestro del Coro | Claudio Marino Moretti |
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