Venezia: María de Buenos Aires, la storia alla Biennale Musica

Un tango intriso di lacrime e whisky, una milonga triste e fumosa, un valzer sfatto; l’atmosfera di María de Buenos Aires è questa, ma non solo. Astor Piazzolla, nella sua unica opera va oltre, complice il libretto di perfetto di Horacio Ferrer contaminando i generi, plasmandoli in qualcosa di nuovo dopo averli scomposti e dando vita ad una prova di teatro in musica forte quanto un pugno in pancia.
Una storia di vinti, quella di María, che «…naciò un día que estava borracho Dios», figlia negletta di un dio ubriaco, vittima del mondo, ma capace di tornare nello stesso mondo, dopo la morte.
È il Duende a tenere le fila dell’azione, non quello infiammato e pazzo di Garcia Lorca, ma un Duende malinconico, portatore di sogni disattesi, comunque testimone impotente di una realtà infelice ma forse in cerca di riscatto. È un sottomondo quello di María, fatto di ladri e puttane, mendicanti e spiritisti eppure a suo modo forte di una dignità altra. La glorificazione della protagonista, che da morta ritorna come ombra, sarà completa alla fine dell’ultima scena, quando si autoproclamerà anima stessa del tango e di Buenos Aires, in un’identificazione totale e intima con le radici profonde di una terra, di una danza e di una città.
Realizzata in collaborazione con l’Accademia Musicale Pescarese la produzione andata in scena nell’ambito della Biennale Musica 2018 con una complesso italo-franco-argentino di ottimo spessore.
Su tutti la direzione di Marcelo Nisinman, virtuoso di bandonéon, questa sì animata da un Duende incalzante. Lo strumento appare connaturato all’esecutore in un rapporto simbiotico da cui si genera un dialogo continuo fra forma e sostanza. Nisinman procede per scarti ritmici repentini, aprendo all’improvviso squarci narrativi ampi e inattesi.

Victoire Bunel possiede la voce perfetta, calda e ombrosa, per creare una María dal forte impatto emotivo e poi all’Ombra di María, se possibile ancor più intensa, anche se il doversi affidare a spartito e leggio toglie qualcosa.
Magnifico Ruben Peloni, che dà voce e corpo a al triplice ruolo dell’Analista, del Ladrón e del Gorrio, il tutto con un’ammirevole aderenza al testo prima ancora che alla musica.

Mattatore della serata è Daniel Bonilla-Torres, il Duende onnipresente, filo conduttore, attore e spettatore nel racconto della vita, o meglio delle vite, di María, quella terrena e l’altra.
Successo pieno e meritatissimo per tutti, con ovazioni per Nisinman e Bonilla-Torres.

Resta un dubbio: María de Buenos Aires, eseguita spesso nei suoi cinquant’anni di vita nei teatri del mondo e incisa in disco, appartiene oramai da lungo tempo alla storia; ha senso proporla all’interno della Biennale Musica?

Alessandro Cammarano
(2 ottobre 2018)

La locandina

Bandonéon e direzione Marcelo Nisinman
María / ombra di María Victoire Bunel
Analista / Ladron / Gorrio Ruben Peloni
El Duende Daniel Bonilla-Torres
Pianoforte Stefania Santangelo
Chitarra Massimo Felici
Flauto Stefano Mammarella
Primo Violino Antonio Anselmi
Secondo Violino Federica Vignoni
Viola Silvio Di Rocco
Violoncello Fernando Caida Greco
Contrabbasso Giancarlo De Frenza
Percussioni Massimo Di Rocco, Gianluigi Provinciali

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