Verona: Finlandia, Francia con un pizzico di Russia per Sol Gabetta e l’Orchestra di Santa Cecilia

Popolare e folcloristico a sua insaputa – ancorché “compositore di stato” e gloria nazionale con pensione a vita fin dalla prima maturità (e sarebbe vissuto fino a oltre i 90 anni) – il finlandese Jean Sibelius continua a essere un caso nella musica fra Otto e Novecento. Oltre che ovviamente in patria, le sue composizioni sono apprezzate specialmente nei paesi anglosassoni, promosse fin dagli anni Trenta dall’attività di varie “Sibelius Society”; lo sono meno nell’Europa continentale anche se occupano un posto ben definito nel repertorio delle grandi orchestre e se le “Society” a lui intitolate si stanno diffondendo. Può essere interessante sapere che quella italiana è stata creata l’anno scorso come costola di quella finlandese, sorta dopo la morte del compositore, avvenuta nel 1957. Sembra ormai un dato di fatto lo sdoganamento anche in Germania, per tutto il secolo scorso il paese più “freddo” nei suoi confronti. Due anni fa è uscita la prima biografia del compositore scritta da un autore tedesco, quasi contemporaneamente ecco l’edizione integrale delle sue Sinfonie con i Berliner Philharmoniker diretti da Simon Rattle. Il quale peraltro, da buon inglese, certamente ha molta più dimestichezza con il musicista finlandese di altri suoi colleghi di “scuola tedesca”. Inevitabile che resti soltanto un caso peculiare e circoscritto l’epocale stroncatura in quattro smilze paginette scritta nel 1938 da Theodor Adorno, uno dei “guru” della musica moderna: s’intitola “Glossa su Sibelius” e non salva proprio nulla, con una ferocia degna di miglior causa.

Sibelius è popolare e folcloristico a sua insaputa, perché nel suo catalogo non sono poi molte le pagine caratterizzate da riferimenti precisi alle tradizioni musicali del grande paese nordico in cui questo musicista nacque e visse sempre, tranne che in gioventù. Se si escludono alcuni poemi sinfonici e altre pagine sparse, la sua aspirazione creativa è “assoluta” nel senso romantico del termine. Qualcosa di molto lontano dalla ricezione comune, secondo la quale nella sua musica è comunque effigiato il Grande Nord: tundra, foreste, laghi, neve e ghiaccio, notte interminabile… La sua ricerca compositiva è però particolare perché esprime il tentativo di uscire dalla forma della grande tradizione, privilegiando una frammentarietà caratterizzata soprattutto sul piano timbrico e ritmico. La straordinaria lucidità dentro all’impeto espressivo, tipica di un Cajkovskij o anche di un Mahler (che andava scrivendo Sinfonie negli stessi anni), con Sibelius finiscono dentro a un caleidoscopio, che compone e scompone incessantemente strutture e colori, con sovrana indifferenza agli sviluppi, alle elaborazioni tematiche, alle concatenazioni armoniche. Musica istintiva, si potrebbe dire. E questo potrebbe spiegare la sua diffusa notorietà e affermare per certi aspetti un tipo di modernità che i radicali alla Adorno (o alla Leibowitz, che negli anni Cinquanta gli affibbiò l’etichetta di “peggiore compositore del mondo”) nemmeno sospettavano.

Presente con moderazione ma non senza una certa costanza anche nei programmi del Settembre dell’Accademia Filarmonica, Sibelius ha chiuso l’edizione 2018 del festival veronese con la sua Seconda Sinfonia (1901), affidata all’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, diretta nell’occasione dal nuovo direttore ospite principale, il finlandese Mikko Franck. Nella Seconda, il caleidoscopio di cui si diceva è accentuato nel primo movimento, ma si ricompone lentamente attraverso gli altri tre, fino a delineare qualcosa che assomiglia molto a un Finale di Sinfonia di tardo Ottocento, nel quale un paio di temi s’impongono all’attenzione e vengono percorsi e ripercorsi con pochi scarti strutturali  e di elaborazione, ma molta crescente enfasi emotiva.

Franck ha dipanato questa materia con grande attenzione ai dettagli nelle dinamiche e nei colori, assecondato da un’orchestra in stato di grazia, che ha fatto valere la sua straordinaria qualità nelle gamme timbriche di tutte le sezioni (se dobbiamo esprimere una preferenza, la assegniamo agli archi, che sono fondamentali per la tinta di questa composizione), affermando l’omogeneità pronta a ogni sottigliezza individuale che è propria solo della formazioni di alto lignaggio.

Identica disposizione si era apprezzata nel brano di apertura della serata, la magnifica Ouverture-Fantasia Romeo e Giulietta di Cajkovskij, asciugata da ogni retorica nel gesto netto di Mikko Franck e quindi ricondotta dall’Orchestra di Santa Cecilia ai suoi valori essenziali: invenzione melodica perentoria, suono evocatore, vasta gamma di piani dinamici, dal sussurro sentimentale alla perorazione drammatica.

Al centro del programma, lo straripante talento della trentasettenne violoncellista argentina Sol Gabetta ha conquistato la scena e ha impresso il suo marchio sull’intera serata. Al cospetto del Concerto di Edouard Lalo, autore francese ottocentesco del quale nel repertorio, oltre a questo, restano non più di un paio di composizioni orchestrali, Gabetta ha fatto valere tutto lo charme di un suono rotondo, morbido, propenso all’estroverso lirismo ma capace anche di notevole accentuazione drammatica. Nella sua interpretazione, gli interessanti colori di Lalo trovano un risalto eloquente, di seducente forza poetica, e l’eleganza melodica si combina con la nettezza con cui vengono scolpiti i passaggi più marcatamente virtuosistici, in competizione con un’orchestra che non rinuncia a un certo spessore.

Pubblico avvinto dalla musicalità comunicativa di questa interprete, che riesce a essere al tempo stesso raffinata ed esuberante. Per bis, un’altra pagina francese, una melodia di Fauré proposta con l’accompagnamento di tutti i violoncelli dell’orchestra.

Quanto a Franck, dopo la Seconda Sinfonia era probabilmente inevitabile che il bis fosse la pagina più popolare in assoluto di Sibelius, il “Valzer triste”. Un’ultima occasione, al di là del fascino luttuoso della melodia, per gustare l’eleganza in perfetto stile degli archi dell’Orchestra di Santa Cecilia.

Cesare Galla
(22 ottobre 2018)

La locandina

Direttore Mikko Franck
Violoncello Sol Gabetta
Programma
Pëtr Il’ič Čajkovskij Romeo e Giulietta
Édouard Lalo Concerto per violoncello in re minore
Jean Sibelius Sinfonia n. 2 in re maggiore Op. 43
Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia

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