Verona: la English Chamber Orchestra nel solco della tradizione

Nei settant’anni della sua attività, la English Chamber Orchestra ha sempre tenuto una rotta autonoma e perfettamente riconoscibile, quella del rispetto della tradizione esecutiva novecentesca che potremmo definire “storica”, unita a una brillantezza strumentale di sicuro risalto.

Nel periodo in cui la cosiddetta “prassi esecutiva” (approccio filologico, utilizzo di strumenti d’epoca) era dominante, la formazione britannica non ha mai abbandonato la sua linea, orgogliosamente preservando la propria identità musicale.

E oggi che il radicalismo di impronta filologica sembra ormai tramontato, l’orchestra patrocinata dal principe di Galles può rivendicare la propria coerenza al servizio della grande musica, forte di una vicenda artistica che del resto non ha mai cessato di vederla in primo piano, come anche solo l’impressionate catalogo delle sue registrazioni (900 incisioni relative a oltre 1.500 opere di 400 compositori) abbondantemente testimonia.

Nel solco della tradizione si è collocato anche il concerto che la ECO, con il pianista Christian Zacharias in veste di direttore e solista, ha tenuto per il Settembre dell’Accademia al teatro Filarmonico di Verona, dove tornava a distanza di 26 anni dalla sua ultima apparizione.

Il programma era dedicato esclusivamente alla “trimurti” del Classicismo viennese: Haydn (Sinfonia n. 74), Beethoven (quarto Concerto per pianoforte), Mozart (Sinfonia in sol minore K. 550; versione ultima, con i clarinetti nell’organico orchestrale). Tre lavori capitali – più il secondo e il terzo del primo – nell’arco di tempo che copre gli ultimi due decenni del Settecento e il primo dell’Ottocento.

Pagine che sotto la chiarezza razionale della forma – peraltro già incrinata dalla possente energia creativa beethoveniana nel Concerto –  mostrano nitidamente quella profondità di pensiero armonico, di inventiva tematica, in generale di soluzioni espressive che è la caratteristica dominante del Classicismo nelle sue manifestazioni più mature.

Non diversamente da molti suoi colleghi pianisti, nella veste di direttore Zacharias ha gesto più descrittivo/evocativo che incisivo e “costruttore” di suono. Nel suo caso, le mani sembravano talvolta inseguire una invisibile tastiera fluttuante nell’aria, come se l’interprete riconducesse ad essa la complessità della trama strumentale nelle due sinfonie, specie in K. 550.

Questo naturalmente non ha impedito alla English Chamber Orchestra di esprimere il proprio suono caldo e convincente, rotondo senza essere inappropriatamente turgido, animato da un’intima chiarezza, che con tutta evidenza era il punto di partenza della lettura di Zacharias. Che tuttavia solo raramente ha spinto il pedale della brillantezza, preferendo un fraseggio controllato, dalle dinamiche misurate: essenziale senza essere spoglio. Sempre in riferimento a Mozart, un’interpretazione pienamente consapevole della drammaticità (la tonalità è Sol minore) che anima la penultima Sinfonia del Salisburghese, colta più nell’introversione e nella sottigliezza psicologica che nella tensione esteriore.

In questa chiave si è dipanata anche l’esecuzione del quarto Concerto beethoveniano. Il tocco di Zacharias è parso lucido e quasi sempre preciso, il suo suono del tutto congruo con il mondo poetico interiore che qui il compositore tedesco illumina come mai prima in questo genere gli era riuscito (né gli riuscirà dopo, nel pur epico quinto Concerto).

Sia il primo che l’ultimo movimento sono quindi stati tratteggiati con la pensosità elegante necessaria a questa partitura, nella quale il dialogo fra strumento solo e orchestra assurge a dimensioni dialettiche che la ECO e Zacharias hanno sostenuto in chiave di riflessione mai oltre le righe dell’espressione. Una trasognata poesia ha animato anche il pur drammatico confronto fra archi e pianoforte di cui consiste il breve Andante con moto centrale: esecuzione stilizzata e raffinata, alla quale forse una maggiore tensione per dare sostanza al “principio implorante” che s’incarna nella tastiera (e che soccombe al “principio di opposizione” incarnato nell’orchestra) non avrebbe nuociuto.

Teatro al completo, accoglienze di crescente cordialità e alla fine molto convinte. Un raffinato capitolo a parte, peraltro del tutto in sintonia con l’assunto generale del programma, si è avuto grazie ai bis: da solo dopo il Concerto beethoveniano, Christian Zacharias ha cesellato con squisita eleganza il seducente Rondò in re maggiore K. 485 di Mozart; alla testa della English Chamber Orchestra, alla fine, ha proposto dapprima il Minuetto della Sinfonia K. 543, sempre di Mozart, quindi il Menuetto dalla Sinfonia n. 3 di Schubert. Come ha detto Zacharias prima di attaccare, rivolto al pubblico: «Un altro austriaco».

Cesare Galla
(24 settembre 2019)

La locandina

English Chamber Orchestra
Direttore e pianoforte Christian Zacharias
Programma:
Franz Joseph Haydn Sinfonia n. 74 in mi bemolle maggiore Hob.I:74
Ludwig van Beethoven Concerto per pianoforte e orchestra n. 4 in sol maggiore Op. 58
Wolfgang Amadeus Mozart Sinfonia n. 40 in sol minore K550

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