L’amoralità di Salome stemperata dal suo doppio al Teatro Filarmonico di Verona

Gerusalemme diventa la Vienna della Secessione, la terrazza del palazzo di Erode è illuminata da tre lampadari Jugendstil che pendono fra le colonne austere di un portico; l’ombra prevale sulla luce e crea immagini fugaci eppure nettamente stagliate nello spazio. Salome, piccolo mostro amorale, si muove come una belva seducente e spietata, incapace di accettare qualsiasi cosa esuli dalla sua visione o che, peggio, la contraddica.

Adolescente perversa, carnefice e vittima, ella è lo specchio tragico e fedele di un mondo in disfacimento che Oscar Wilde prima e Richard Strauss poco dopo, colgono con acume tutt’altro che distaccato.

Marina Bianchi firma una regia immediatamente comprensibile anche se a tratti forse troppo tesa a voler spiegare ciò che è già esplicitato sia nel testo che nella musica, peccando di un qualche calligrafismo di troppo e calcando la mano qua e là.

L’idea porre l’azione in un’epoca sospesa fra quella storica e gli inizi del Ventesimo secolo, fra porpore antiche ed elementi Liberty è condivisibile, meno lo è il voler creare un “doppio” della protagonista a simboleggiarne l’”Anima”: Salomè non ha anima, tanto che Erodiade la usa per vendicarsi di Jochanaan ma ne perde rapidamente il controllo, ma possiede una forza seduttiva incontrollabile ed esiziale per coloro che la circondano. Anche l’idea del corteggio saffico che la protegge dalla foia di Erode è debole: Salome non si lascia proteggere da nessuno, la sua “etica” semplicemente non glielo consente. Non nuova anche la liaison sessuale fra Narraboth e il Paggio, diventata un po’ un tormentone fin dai tempi di Carmelo Bene.

In ogni caso la regia funziona e impegna totalmente il suggestivo spazio scenico realizzato da Michele Olcese con movimenti sempre ispirati alla danza che, ora languidamente lasciva ora ferina e violenta, costituisce il Leitmotiv dell’opera.

Belli i costumi eclettici di Giada Masi e ben pensato il light-design di Paolo Mazzon, corretti i movimenti mimici di Riccardo Meneghini.

Di assoluto rilievo il versante musicale, a cominciare dalla direzione di Michael Balke che, al suo debutto veronese, opta per una narrazione sospesa, fatta di attese ritrose che esplodono in improvvisi slanci sensuali. Il gioco dinamico è ben variegato e la melodia si sviluppa sinuosa. L’Orchestra, con le percussioni disposte su due ordini dei palchi di proscenio, risponde con suono ricco e partecipe.

Nadia Michael si conferma ancora una volta interprete di rango, disegnando una Salome dalle mille sfaccettature nella quale il canto si sposa con una corporeità dirompente che le consente di risolvere magnificamente la Danza dei Sette Veli.

L’Erodiade di Anna Maria Chiuri, che canta come sempre benissimo e in un tedesco perfetto, richiama la sensualita distaccata delle femmes fatales del cinema muto e si contrappone alla pavidezza dello straordinario Erode di Kor-Jan Dusseljee, voce fresca e intonatissima.

Non sfigura lo Jochanaan monumentale di Fredrik Zetterström, ieratico nel fraseggio e irridente negli accenti.

Bravo Enrico Casari, Narraboth sedotto dal Paggio ben risolto da Belén Elvira e incisivo l’Uomo della Cappadocia di Alessandro Abis.

Nicola Pamio, Pietro Picone, Giovanni Maria Palmia, Paolo Antognetti, Oliver Pürckhauer danno saldamente voce e corpo ai Cinque Giudei, qui in veste di boccoluti khassidim.

Ultimi ma non meno importanti i due Nazareni ottimi di Romano Dal Zovo e Stefano Consolini e, a chiudere il cast, i due soldati degli ottimi Costantino Finucci e Gianfranco Montresor e lo Schiavo di Cristiano Olivieri.

Pubblico magnetizzato e successo pieno e meritato per tutti.

Alessandro Cammarano
(Verona, 20 maggio 2018)

La locandina

Direttore Michael Balke
Regia Marina Bianchi
Scene Michele Olcese
Costumi Giada Masi
Movimenti mimici Riccardo Meneghini
Lighting designer Paolo Mazzon
Personaggi e interpreti:
Erode Kor-Jan Dusseljee
Erodiade Anna Maria Chiuri
Salome Nadja Michael
Jochanaan Fredrik Zetterström
Narraboth Enrico Casari
Un Paggio di Erodiade Belén Elvira
Cinque Giudei Nicola Pamio, Pietro Picone, Giovanni Maria Palmia, Paolo Antognetti, Oliver Pürckhauer
Due Nazareni Romano Dal Zovo, Stefano Consolini
Due Soldati Costantino Finucci, Gianfranco Montresor
Un Uomo della Cappadocia Alessandro Abis
Uno Schiavo Cristiano Olivieri
Orchestra e tecnici dell’Arena di Verona

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