Vicenza: con Filippo Gamba torna il focus su Beethoven

Negli ultimi anni – qualche decennio in verità – le Sonate per pianoforte di Beethoven stanno rapidamente perdendo la centralità nel repertorio che hanno avuto a lungo, crescente nel secondo Ottocento, sicura e trionfante nel Novecento a cavallo della seconda guerra mondiale e almeno fino agli anni Ottanta. Questione di gusto e di mercato, per quel che conta: capita ancora di incontrare nei programmi dei pianisti alcuni dei grandi capolavori del tardo stile (a Vicenza, l’apparizione più recente è stata la Hammerklavier con Murray Perahia, tre anni fa), ma ci sono non poche composizioni, nel corpus delle trentadue Sonate, che sono già di fatto escluse dal repertorio. E soprattutto, si assiste all’eclissi di pagine importanti, un tempo di vasta popolarità. Già una ventina d’anni fa uno studioso acuto come Sergio Sablich poteva osservare che la Sonata op. 57, la celebre Appassionata, stava subendo un evidente calo di fortuna nonostante la sua aureola di capolavoro fondamentale della “fase eroica” di Beethoven. E le cose, da allora, non sono migliorate.

Non si vuole con questo dire che l’immagine di Beethoven si stia offuscando – anche se un’attenta e ben documentata analisi dei “flussi esecutivi” sarebbe interessante e magari foriera di qualche sorpresa – ma sottolineare come, in questa situazione, i progetti di esecuzione integrale delle Sonate beethoveniane assumano un ruolo ancora più importante. Per il valore del corpus artistico, naturalmente, ma a questo punto anche per il mantenimento di una qualche consuetudine d’ascolto. Perché ormai, solo queste iniziative permettono da un lato di riportare almeno brevemente alla ribalta le composizioni pianistiche più neglette, e dall’altro di lucidare un po’ il blasone di sicuri capolavori sempre meno coltivati esecutivamente.

Da questo punto di vista, la quinta tappa dell’integrale beethoveniana impaginata da Filippo Gamba per la Società del Quartetto di Vicenza era a tutti gli effetti sintomatica. Visto che il metodo scelto dal pianista veronese è quello cronologico secondo pubblicazione, il programma della serata era tale per cui vi campeggiavano le due più importanti composizioni pianistiche del fervidissimo periodo compreso fra il 1803 e il 1806, l’op. 53, Waldstein e l’op. 57, Appassionata. Intorno ad esse, una pagina negletta e spesso diffamata dagli storici, la Sonata op. 54, e le due “Sonate facili” op. 49, pubblicate in quel periodo ma composte sul finire degli anni ’90 del Settecento. Un bel bouquet, un raro bouquet.

Se oggi non è facile ascoltare l’Appassionata in concerto, figuriamoci quanto frequentemente si può trovare un recital in cui l’op. 57 sia affiancata dalla Waldstein. Per quel che vale, ne abbiamo solo una lontana memoria (peraltro facilitata dal computer), risalente a vent’anni fa. Nel marzo del 1999, Louis Lortie venne a Vicenza – teatro San Marco – proponendo una serata tutta beethoveniana. In quel periodo, il pianista canadese andava proponendo a sua volta l’integrale delle Sonate e riservò al Quartetto proprio la parte del suo percorso comprendente le stesse identiche composizioni affrontate da Gamba.

Alla presenza di un pubblico che non si può davvero definire folto (il che potrebbe suscitare qualche ulteriore riflessione sull’appeal di Beethoven ai giorni nostri) – la serata si è aperta con le due Sonate op. 49 eseguite una di seguito all’altra, volutamente senza interruzione, quasi come esercizio per scaldare le dita, saggiare il suono, “esplorare” la tastiera.

Il cuore del concerto consisteva ovviamente nel confronto fra i due capolavori così diversi e così alti. E l’impressione è stata che Gamba abbia puntato proprio sulla differenziazione, magari anche più nettamente di quanto sarebbe potuto accadere, musicalmente, se ciascuna Sonata fosse stata sola nel programma. Nella logica della giustapposizione si spiega la scelta di accentuare la morbidezza del suono nella Waldstein e di non semplificare troppo la complessa questione delle indicazioni di “pedale” date da Beethoven, specialmente nell’ultimo movimento, tali da determinare, come ha scritto Giovanni Carli Ballola, “prodigiosi effetti di un impressionismo avanti lettera”. Ne è uscita un’interpretazione di soffusa eleganza, distante dall’energia sorgiva tipica dell’approccio classicistico in voga fino a qualche decennio fa. Questa Sonata è un vero e proprio “laboratorio del suono” dentro a una cangiante “armatura armonica”, come sostiene la critica più avveduta, e Gamba non ha cercato scorciatoie, anche se la scelta di un tempo meno compassato nel finale avrebbe giovato a chiarire meglio un altro punto centrale della ricerca beethoveniana a quell’epoca: la messa a fuoco del Finale come sintesi dialettica ed espressiva dell’intera costruzione musicale.

Dopo la lucida efficacia con cui è stata cesellata l’op. 54, già solo l’attacco dell’Appassionata ha chiarito che nulla nel pianismo di Gamba avviene senza accurata meditazione sulle ragioni stilistiche, espressive e formali delle composizioni. Ci si trova, in questa Sonata, in una dimensione aliena eppure complementare rispetto alla Waldstein: il discorso è sempre sul suono, ma   qui domina l’energia di una visione epica, mentre là prevale la sofisticata poesia della dimensione sentimentale. Ed ecco allora l’irruenza dei contrasti, la concitazione dei tempi, la tensione espressiva coinvolgente. Il tutto sempre con sovrano controllo del colore ed equilibrio nel fraseggio, ma senza che nulla venisse tralasciato nella retorica alta e tornita di questo eloquio musicale unico.

Accoglienze di grande cordialità e per bis il Notturno op. 37 n. 1 di Chopin.

Cesare Galla
(9 gennaio 2019)

La locandina

Pianoforte Filippo Gamba
Programma:
Integrale delle 32 Sonate per pianoforte di Beethoven – quinto concerto
Sonata op. 49 n. 1
Sonata op. 49 n. 2
Sonata op. 53 “Waldstein”
Sonata op. 54
Sonata op. 57 “Appassionata”

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