Vicenza: l’Histoire si fa autobiografia

Il settanquattresimo Ciclo di Spettacoli Classici al Teatro Olimpico di Vicenza riceve molto più che idealmente il testimone dalla rassegna precedente scegliendo di inaugurare– intuizione felice del regista e direttore artistico Giancarlo Marinelli – con un lavoro a legare il Nostos, ovvero il Viaggio di Ritorno, alla Nemesi, ossia la Vendetta in ognuna delle sue declinazioni.

L’Histoire du soldat rappresenta un punto di sintesi perfetto tra Nostos e Nemesis che trovano reciproca giustificazione in una crasi non solo di facciata ma anzi profondamente radicata nei contenuti.

Non opera e neppure balletto ma “storia da leggere, recitare e danzare” l’Histoire nasce in periodo emergenziale – e qui le analogie col presente balzano all’occhio con immediata evidenza –, ovvero sul finire della Grande Guerra, per essere rappresentata in forma itinerante e in tutta economia nei villaggi svizzeri popolati quasi esclusivamente da donne, vecchi e bambini.

Stravinskij, che già tra il 1910 e il 1913 aveva di fatto riscritto l’estetica della danza attraverso i tre grandi balletti composti per Diaghilev – Oiseau de feu, Petrushka e soprattutto il Sacre – sceglie ancora una volta di esprimersi in un linguaggio, quello del Jazz, quasi appena nato negli Stati Uniti e del tutto sconosciuto in Europa e de facto, ponendosi così tra i grandi sperimentatori del Novecento.

Marinelli – che per l’Olimpico cura anche una nuova versione italiana del testo di Charles-Ferdinand Ramuz capace di mantenere intatta la matrice didascalico-popolare dell’originale dandole maggiore colloquialità – sceglie un’ambientazione domestica delle vicende del Soldato e del suo continuo oscillare tra dannazione e redenzione nella quale il regista vicentino narra la sua personale esperienza di bambino con l’impaginato stravinskiano.

La scena scamozziana diviene dunque una stanza di giochi in cui si materializzano la Voce Narrante, il Soldato, il Diavolo e la Principessa. L’impossibilità di costruire impianti scenici nell’antispazio palladiano “costringe” il regista a riempirlo di teatro, cosa che Marinelli fa con acuto garbo fondendo il gesto attoriale con quello dei danzatori – i movimenti coreografici di André de la Roche sono giustamente di stampo espressionista – e delle multivisioni affabulanti di Francesco Lopergolo proiettate sul frons scenae, il tutto ulteriormente valorizzato dai costumi di Daniele Gelsi.

Musica, danza e racconto si intersecano in un gioco che non perde mai di tensione anche grazie agli interpreti impegnati sul palcoscenico a cominciare da Drusilla Foer – molto più di un’icona di stile – qui Narratrice capace di plasmare e la voce in un caleidoscopio di accenti e in screziature fascinose accompagnando il parlato con un gesto tanto autorevole quanto a tratti ironico, mostrando di aver compenetrato totalmente il senso intimo del testo. Per lei un trionfo personale.

La coppia Antonio Balsamo e Giulia Barbone – entrambi superlativi –profonde al Soldato “eroe” eponimo ed alla Principessa una sorta di inconsapevole malinconia espressa attraverso una danza essenziale e sentita mentre de la Roche, che torna a danzare per l’occasione, è un Diavolo dal magnetico carisma. Bravissimo il baby attore Sebastiano Maselli nei pani del Bambino.
L’Ensemble da camera dell’Orchestra del Teatro Olimpico – sul podio una Beatrice Venezi capace di lasciarsi guidare  – si rende protagonista di una prova maiuscola per precisione e partecipazione.

Successo travolgente e meritatissimo.

Alessandro Cammarano
(26 settembre 2021)

La locandina

Direttore Beatrice Venezi
Regia Giancarlo Marinelli
Movimenti coreografici  Andrè De La Roche
Costumi Daniele Gelsi
Multivisione Francesco Lopergolo
Personaggi e interpreti:
Voce narrante Drusille Foer
Diavolo Andrè De la Roche
Soldato Antonio Balsamo
Principessa Giulia Barbone
Bambino Sebastiano Maselli
Ensemble da camera dell’Orchestra del Teatro Olimpico

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