Vicenza: l’Olimpico risplende delle sue Voci

Lo stato di salute dell’opera è un tema di discussione permanente.

Già parlando di repertorio è chiaro che la sintesi fra ottimisti e catastrofisti resta sostanzialmente un’utopia. Anche perché entrambe le “categorie” hanno buone frecce ai loro archi.

Figurarsi se si parla di una nicchia come l’opera barocca, per la quale il concetto di repertorio deriva dalla storia più che dalla pratica dei nostri tempi.

Dunque, a proposito di quel che è avvenuto a Vicenza nella prima settimana di questo novembre non intendiamo avventurarci in ardite speculazioni filosofiche o in banali congetture sui “trend” culturali dei giorni nostri.

Non ci sbilanceremo certo ad annunciare che i tempi sono cambiati, che qualcosa di nuovo si è manifestato, che è vicino il giorno nel quale i teatri finanziati dallo Stato per conservare il bene culturale chiamato opera non si limiteranno a percorrere ossessivamente un arco temporale di 150 anni o poco più (o poco meno), ma spazieranno lungo tutto l’arco storico di questa meravigliosa avventura umana, che ha già superato i quattro secoli d’età.

Ci limiteremo a far parlare i numeri, a dare la parola alla cronaca di quel che è avvenuto. Pratica che, parafrasando un padre della Patria non solo operistica, rappresenta comunque un progresso.

È accaduto dunque, in quel di Vicenza, che un concorso vocale di nuovo conio, quest’anno indirizzato ad assegnare i ruoli di un’opera di Händel intitolata Alcina, rappresentata per la prima volta a Londra nel 1735 e recentemente tornata alla ribalta con una certa frequenza in vari palcoscenici europei, sia stato letteralmente preso d’assalto da cantanti sotto i 40 anni provenienti dai quattro angoli della Terra.

Una caratteristica significativa del concorso era quella di essere collegato al Teatro Olimpico, patrimonio dell’umanità secondo l’Unesco.

Qui si è svolta la competizione, qui verrà rappresentata nel prossimo aprile l’Alcina con i vincitori. Incidentalmente, si tratta di uno spazio monumentale che dal punto di vista proprio non ha nulla a che fare con l’opera (è stato completato nel 1585, allora di opera si immaginava forse qualcosa dalle parti di Firenze, ma i tempi non erano ancora maturi) ma che sempre più spesso negli ultimi tempi è diventato spazio operistico. In ogni caso, la sua notorietà come scena melodrammatica è inversamente proporzionale alla sua fama planetaria come capolavoro ultimo di Andrea Palladio e primo teatro coperto al mondo, miracolosamente giunto intatto fino ai nostri giorni.

Il concorso intitolato senza troppa fantasia ma anche in maniera molto diretta “Voci Olimpiche” si è rivelato un exploit planetario certamente inatteso da parte degli stessi promotori: in primis il direttore d’orchestra Andrea Marcon, specialista del repertorio barocco secondo prassi “storicamente informata”, che ne ha avuto l’idea; poi i finanziatori della Fondazione Cariverona, infine, e non da ultimi per la complessità del loro ruolo, gli “organizzatori locali” della Società del Quartetto di Vicenza, che hanno ormai da tempo consuetudine con eventi musicali internazionali di alto livello, ma uno di queste dimensioni probabilmente non lo avevano ancora mai affrontato.

Gli iscritti sono stati 218, i paesi inizialmente rappresentati decine.

E si può immaginare il tour de force per rispettare il calendario da parte della giuria, a sua volta ricca di personalità autorevoli nel campo della musicologia ma soprattutto della direzione di festival e teatri d’opera che godono di alta reputazione. Anche perché, come abbiamo potuto constatare alla prima giornata di selezioni, non è che il teatro Olimpico fosse riservato al concorso. Non poteva esserlo.

E dunque si è assistito a un singolare incrocio di affollamenti diversi: sulla gradinata del teatro i turisti del ponte di Ognissanti, dietro le quinte i concorrenti e i musicisti chiamati ad assicurare l’accompagnamento (per ciascuno, doppio cembalo in funzione “orchestrale” e basso di violoncello).

Per i turisti, in queste speciali giornate, un “bonus” musicale compreso nel prezzo del biglietto. Per cantanti e musicisti, l’ulteriore difficoltà di doversi produrre in un contesto che tutto era meno che raccolto, adatto alla concentrazione. Si mettevano in gioco all’ora di apertura nel monumento più visitato di Vicenza, uno dei più visitati del Veneto.

La doppia centuria di candidati nel giro di quattro giorni è stata decimata. La fase di semifinale, per così dire, ha riguardato infatti 26 cantanti.

E alla fine il campo si è ristretto a 14 finalisti (il doppio dei ruoli dell’opera) provenienti da Bolivia, Spagna, Cile, Colombia, Venezuela, Croazia, Russia, Ucraina, Armenia, Germania, Svizzere e Italia. Quest’ultima con tre concorrenti.

La finale è stata una maratona durata complessivamente qualcosa meno di 5 ore, in un Olimpico tutt’altro che benigno climaticamente, vista la stagione.

Un selezionato pubblico (così si sarebbe detto una volta) di infreddoliti appassionati e addetti ai lavori ha seguito il confronto presentato da Valentina Lo Surdo di Radiotre e video-registrato per un documentario forse destinato a Rai 5. Decisamente notevole dal punto di vista tecnico, stilistico e musical il livello di tutti: il canto barocco è sempre più materia di studio e questo è un buon punto di partenza per il fiorire degli specialisti.

Alla fine, i risultati fanno bene sperare anche per l’Italia: i tre finalisti di casa nostra hanno tutti vinto il premio per il rispettivo ruolo.

Sono il soprano Martina Licari, che sarà Morgana, il contralto Rachele Raggiotti che darà voce a Bradamante e il sopranista Nicolò Balducci, che canterà la parte di Oberto.

Il ruolo di Ruggiero, l’unico cantato da un evirato nel 1735, sarà sostenuto dal controtenore russo Vadim Volkov.

Quanto agli altri ruoli, per Oronte l’ha spuntata il tenore colombiano Camilo Delgado Diaz, per la parte del titolo, quella della maga Alcina, il temperamentoso soprano tedesco Julia Kirchner.

Il vero trionfatore della serata è stato però il basso boliviano José Coca: non solo ha sbaragliato altri due concorrenti per il ruolo di Melisso, ma ha vinto anche il primo premio assoluto (con assegno di 2.500 euro) e il premio per la migliore esecuzione di un’Aria vivaldiana, messo in palio dal Quartetto (2.000 euro).

Riconoscimenti collaterali anche a Balducci (il più giovane della finale: 1.500 euro) e a un non finalista, Romain Bockler, per la migliore esecuzione di un brano secentesco (2.000 euro).

Il prossimo aprile i vincitori saranno alla prova della scena. Anche se c’è sempre chi vuol far credere il contrario, l’opera non è solo canto, è teatro globale. Vedremo allora se sono nate sette stelle “olimpiche”.

Cesare Galla
(7 novembre 2019)

VINCITORI CONCORSO
VOCI OLIMPICHE 2019

Premio Melisso – Coca José
Premio Morgana – Licari Martina
Premio Bradamante – Raggiotti Rachele
Premio Ruggiero – Volkov Vadim
Premio Oberto – Balducci Nicolò
Premio Alcina – Kirchner Julia
Premio Oronte – Delgado Diaz Camilo

PREMI AGGIUNTIVI

Premio Lutz e Katherine Raettig (Francoforte) – 2.500,00€
Coca José
Premio Teatro San Cassiano (Venezia) – 2.000,00€
Bockler Romain
Premio Vivaldi (Vicenza) – 2.000,00€
Coca José
Premio Antiqua Vox (Treviso) – 1.500,00€
Balducci Nicolò

0 0 voti
Vota l'articolo
Iscriviti
Notificami

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

0 Commenti
Inline Feedbacks
Vedi tutti i commenti