CD: Mauro Montalbetti – Ljust

Mauro Montalbetti ha attraversato diverse vite, divelto diversi portoni e aperto altrettante strade per smorzare quella idea che la musica contemporanea sia qualche cosa di difficilmente accettabile, o meglio di inaccessibile. Ebbene in quel suo intendersi di confuse esperienze più o meno tardo novecentesche pone il suo lavoro di sperimentatore instancabile di soluzioni. Lo ha fatto in tante vesti, lo fa attualmente come docente di composizione e come compositore. Di un album che in questi tempi vinilici, sembra quasi essere anacronistico.

Un cd di musica scritta e mai pubblicata prima crea il nucleo di Ljust. Quasi una sotterranea risorsa a infinte possibilità del movimento sonoro, Ljust s’inoltra nelle coscienze di quella che è oggi la possibile fuga da un modello compositivo che fu tanto voluto in Italia negli anni Settanta dello scorso secolo. Il flauto come strumento scelto per porre argine ad un divenire forse mai giunto a termine serve per essere conduttore di tutto il disco. In particolare, del brano da cui prende il titolo il cd, proprio “Ljust” che chiude idealmente il lavoro che si dipana in sei ideali movimenti di una probabile suite composta da Montalbetti con l’intento del non provocatore ma del vero poeta compositore che è ancora innamorato del suono. Dell’essenza stessa di un flauto che crea sortilegi raveliani in un tempo in cui del compositore francese si ricorda un anniversario e poco altro. Di Pavane decodificate che fanno nel disco un vero tratto d’unione di una probabile lentezza e di una possibile dissolvenza eterea della tristezza.

Ecco, quindi, forse nei sei brani di cui Montalbetti si fa compositore, si pensa ad una possibile musica del divenire interiore. Uno scorrimento senza eguali con la lenta e duttile sequenza din flauto che è dentro l’ensemble di cui si compone ogni brano. Oltre quello che potrebbe essere un ignaro solismo, in tutto il disco è lo scorrere che rende tutto molto bello. Non solo interessante ma bello.

“…della rosa e del vento” assieme a “Foglie” si impone per una fresca idea di temperamento. Di solitaria anima debussyana e di una possibile risorsa per un presente immancabilmente cantabile. “Yuri” per flauto e arpa è l’ideale secondo movimento di questa probabile suite che si pone in una ascetica ricerca di una possibile passacaglia talmente autentica e contemporanea da essere un presente assoluto.

“At not be seen” per flauto e pianoforte è il quinto movimento di una possibile marcia senza tempo che ricorda tanto le atmosfere di Poulenc assordante nel silenzio che ispira nello scorrere del tempo, Gli accordi del pianoforte sono talmente belli quasi da imbarazzare l’ascolto e da rendere il tutto un rincorrere di alternative di bellezze sonore.

“Rondeau se je me” per flauto clarinetto e violino sembra una pastorale, una possibile interpretazione di quello che si intravede da un lontano possibile. Bellissimo brano, silenzioso e sonoramente amichevole, questo brano si irradia di una propria scioltezza lucente. Una specie di conferma fra quello che Mauro Montalbetti individua nella ricercatezza storica novecentista e la sua infinita vena di creatività umanissimamente presente.

Ad eseguire con estrema passionalità tutti i brani del cd troviamo la flautista Laura Bersani sigillata nel suo rendere indispensabile quello che appartiene alla sua esecuzione.

Carlo Boccadoro è sempre in sintesi di suono e di coerenza con un ensamble, quello di Altrevoci che ha la perfetta coscienza di lasciare in questo lavoro di Montalbetti una possibile stura del presente. Un passato talmente presente che rimane bello e indispensabile. Come quello che l’etereo rende indicibile.

Marco Ranaldi

Mauro Montalbetti
Ljust
Laura Bersabi
Carlo Boccadoro Direttore
Altrevoci Ensemble
Stradivarius 37307 (2025)

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