Guggeis estrae dall’orchestra una leggerezza corposa, vellutata, priva di spigoli, estremamente cangiante e mai sfacciata soprattutto nelle turcherie che a volte danno adito a fanfare di dubbio gusto.
Questa rinomata formazione cameristica è messicana, il che le assegna non solo per le scelte esecutive ma anche geograficamente un ruolo di “cerniera” musicale fra l’esperienza degli Stati Uniti e quella dell’America meridionale.
Uniformità di registro, emissione morbida, registro grave mai sguaiato e volumi considerevoli, Elīna Garanča ha confermato le proprie doti di cantante di riferimento. Ogni nota denota un’intenzione interpretativa e coerenza con lo stile dei vari autori.
Il gesto teatrale è rarefatto, evocatore più che descrittivo – gli unici movimenti veri sono affidati ad una danzatrice – quasi a voler contenere la ridondanza verbale del canto.
L’allestimento di Barrie Kosky nella sua estrema e semplicità s’inchina all’assoluta sovranità della musica, persino quando ricorre a espedienti di grande effetto o a scorciatoie inattese.
Il concerto che è seguito era una vera prelibatezza per gli appassionati di musica d’arte, con un trio unico nel suo genere, formato da Emmanuel Pahud, primo flauto dei Berliner Philharmoniker, il clavicembalista Trevor Pinnock, pioniere della riscoperta della musica antica in epoca moderna e Jonathan Manson, già primo violoncello dell’Amsterdam Baroque Orchestra.
Della pagina busoniana la violinista Francesca Dego – che si dimostra ancora una volta solista tra le più valenti della sua generazione – dà una lettura tersa ed al contempo appassionata, attingendo ad una ricca gamma cromatica che si pone alla base di un fraseggiare mai scontato.
Innanzitutto cos’è Madina? Il compositore Fabio Vacchi la definisce “teatro-danza in tre quadri”, riferendosi al senso letterale del termine. Ma non solo.
Non stupisca dunque se anche i compositori, a modo loro, abbiano dato una propria visione dell’apocalisse.
Il direttore danese Thomas Dausgaard, ospite dell’Orchestra Haydn per i due consueti concerti a Bolzano e a Trento, propone un programma con musiche di Sørensen, Nielsen e Čaijkovskij.
Tutto questo, e anche di più, è stato raccontato da Blagoj Nacoski e Luca Ciammarughi – insieme per la quinta volta ad interpretare il Liederkreis schubertiano – ospiti della stagione concertistica dell’Associazione Filarmonica di Rovereto.
Il regista Matthias Hartmann pone il dubbio se il voto fatto da Idomeneo a Nettuno e l’esistenza stessa del dio non siano un mero frutto della mente del re, traumatizzato dall’esperienza bellica
Forza, eccentricità, avanguardia e soprattutto coerenza è ciò che Pierrot Lunaire di Xavier Sabata porta sul palco del Teatro de la Abadía
Per questo capolavoro verdiano torna a dirigere al Regio di Torino il maestro Riccardo Muti, confermando non solo il legame con la città ed il Teatro, ma soprattutto con l’Orchestra e il Coro del Regio.
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