Emmanuel Tjeknavorian preferisce tempi sostenuti e cantabili, lasciando ampio sfogo alle voci e alla bellezza delle frasi musicali, dispensata per tutta l’ora dal genio di Rossini.
Vera trionfatrice della serata è stata il soprano Lidia Fridman, al suo debutto fiorentino, che meglio non poteva riuscire.
La presente edizione vede in scena una piattaforma girevole sulla quale campeggiano tre librerie che mostrano ripiani ricolmi di libri ed altri spogli, simbolo di due realtà: quella del sapere e quella dell’ignoranza.
La sfida è stata vinta da Alessandro Taverna con straordinaria uniformità di energia interpretativa, senza cali alla distanza, senza momenti di pausa.
Questo Mitridate conferma come l’opera seria, se valorizzata da una regia intelligente e da interpreti all’altezza delle sue esigenze vocali, possa parlare con forza al presente.
Due i titoli protagonisti: Nos autem gloriari oportet del piacentino Federico Perotti e il Requiem op. 48 del francese Gabriel Fauré.
A Vicenza, l’esecuzione ha dovuto fare i conti con la non facile acustica del Teatro Comunale, che almeno in Salieri ha fatto desiderare un organico un po’ più nutrito negli archi.
Direttore e solista mostrano di intendersi a meraviglia in una costante esplorazione di spunti dinamici.
Emmanuel Tjeknavorian si conferma interprete che associa una musicalità profonda ad un rispetto assoluto per la musica.
In Chopin e in Debussy è emersa specialmente la superiore padronanza tecnica del pianista goriziano.
La gloria dello spettacolo si fa nel terzo atto, trentacinque minuti di comicità assoluta, nei quali Pelly – complici le coreografie perfette di Lionel Hoche – rappresenta la disastrosa première dell’Ornazebe
Terza incursione sul lago Lemano nel repertorio russo per il regista Calixto Bieito, che dopo Guerra e pace di Sergej Prokof’ev e Lady Macbeth del distretto di Mcensk di Dmitrij Šostakovič, affronta Chovanščina.
Pier Luigi Pizzi, eterno ragazzaccio del teatro non solo d’opera, firma in toto un allestimento di grande rigore storico ma al medesimo tempo scevro da ogni calligrafismo.
Non ogni modernizzazione di un’opera storica risulta efficace, ma la riuscita trasposizione di Jetske Mijnssen di questo frammento di storia romana di Händel nella New York contemporanea ricorda che la natura umana e la brama di potere sono eterne, assumendo semplicemente forme diverse.
Il risultato è eccellente e, in linea con lo stile molto piacevole e divertente della penna di Mattioli, permette di percorrere con gioia oltre quattro secoli di storia del melodramma.
Ultimi articoli
- Francoforte: il debutto di Marigona Qerkezi nella Norma18 Aprile 2025 - 12:47
- Milano: uno Stabat Mater a servizio delle voci16 Aprile 2025 - 15:54
- Bergamo: presentato il Donizetti Opera 202515 Aprile 2025 - 15:25
Tag
Alessandro Cammarano