Parigi: Les Indes Galantes tra il barocco e il contemporaneo

Secondo lavoro teatrale di Jean-Philippe Rameau Les Indes Galantes (Parigi, 1735) appartiene al genere, in qualche modo ibrido, dell’opera-balletto che per lungo tempo fu il più diretto concorrente, sulle scene parigine, della coturnata “tragédie lyrique”. A differenza di quest’ultima, però, l’opera-balletto non attribuisce che un’importanza relativa all’azione che si svolge in palcoscenico. Non è, in effetti, che un pretesto per fare del “divertissement” in cui trionfano la musica pura e, soprattutto, la danza, all’epoca nel più puro stile classico, qui assolutamente novecentesca e spesso acrobatica. Come dire, il massimo del barocco in musica, il cui fine ultimo non è tanto emozionare il pubblico quanto stupirlo, meravigliarlo, divertirlo.

Lo spettacolo cui abbiamo assistito all’Opéra Bastille (regia, bellissima, di Clément Cogitore, scene di Alban Ho Van, costumi di Wojciech Dzdiedzic, coreografie di Bintou Dembélé, disegno luci di Sylvain Verdet) interpreta alla lettera questo assunto, anzi lo radicalizza e miscela con abilità le sonorità della musica barocca con i movimenti della danza contemporanea. È uno spettacolo povero di colori, ma ricco di immaginazione, di idee che trova una sua precipua cifra per ognuna delle quattro “entrées” che sono alla base dell’opera su testo di Louis Fuzelier.

Ogni paese lontano in cui si va a verificare se l’amore trionfi sulla guerra, è lo specchio di una realtà nostra contemporanea in cui tutto è già stato visto e non può più stupire e pone questa nuovissima produzione come una valida alternativa alla precedente messinscena che aveva debuttato al Palais Garnier nel 1999 ed era stata riproposta a inizio della stagione 2003/2004 dell’Opéra National di Parigi. Il successo, alla prima, ha dello stupefacente.

E se un cratere che erutta fumo e da cui compare il relitto di un’imbarcazione dismessa serve per delineare la Turchia del primo episodio (il più riuscito, anche coreograficamente, della serata), il rosso è alla base dell'”entrée” più ricca ed elaborata dell’opera, quella dedicata agli Incas del Perù, mentre sono altre tonalità quelle prescelte per la festa persiana dei fiori e nell’oscurità si definisce alla perfezione l’episodio dei selvaggi d’America nel brillante finale che vede il coro molto impegnato.

La compagnia di canto, molto nutrita, non è quella stellare della precedente edizione al Palais Garnier, ma è di qualità. Nell’episodio turco si mettono in evidenza l’intensa e intonatissima Julie Fuchs (Emilie, forse l’elemento più interessante della serata), e con lei Mathias Vidal (Valère) e il sempre più sicuro Edwin Crossley-Mercer (il generoso Bassa Osman); fra gli Incas peruviani la palma del migliore va allo Huascar vibrante di Alexandre Duhamel che condivide l’episodio con l’intonatissima e intensa Sabine Devielhe e con un ardente Stanislas de Barbeyrac. Ancora Mathias Vidal (Tacmas), la vitalissima Jodie Devos (una musicalissima Zaire) e Julie Fuchs (la bella Fatime) sono ammirevoli interpreti della festa persiana dei fiori. Nell’entrée finale più dell’Adario di Florian Sempey, che in ogni caso canta e recita con molta determinazione, si mette in luce la Zima di Sabine Devielhe che non avrà l’estensione siderale di altre artiste dedite a questo repertorio, ma è un elemento brillante. Da non dimenticare nel Prologo, in cui l’Amore (Jodie Devos) e la Guerra (uno scatenato Florian Semprey) si disputano i favori della dea della giovinezza, la sua fascinosa presenza in una caratterizzazione che rimanda al mondo dell’alta moda.

Il successo della serata, davvero sorprendente per un titolo così difficile, è da ascriversi non soltanto a loro, ma all’eccellente corpo di ballo della Compagnie Rualité e agli altrettanto eccellenti cori, quello da camera di Namur preparato da Thibaut Lenaerts e la Maîtrise des-Hauts-de- Seine. In buca si mette in luce L’Orchestra Cappella Mediterranea sotto la guida, esperta in questo repertorio così difficile da tenere efficacemente in pugno, di Leonardo Garcia-Alarcon, festeggiatissimo dopo le tre ore e mezzo abbondanti di spettacolo.

Rino Alessi
27 settembre 2019

La locandina

Direttore Leonardo García Alarcón
Regia Clément Cogitore
Coreografia Bintou Dembélé
Scene Alban Ho Van
Costumi Wojciech Dziedzic
Luci Sylvain Verdet
Drammaturgia musicale Katherina Lindekens
Drammaturgia Simon Hatab
Personaggi e interpreti:
Hébé, Phani, Zima Sabine Devieilhe
Bellone, Adario Florian Sempey
L’amour, Zaïre Jodie Devos
Osman, Ali Edwin Crossley-Mercer
Émilie, Fatime Julie Fuchs
Valère, Tacmas Mathias Vidal
Huascar, Don Alvar Alexandre Duhamel
Don Carlos, Damon Stanislas de Barbeyrac
Orchestra Cappella Mediterranea
Chœur de chambre de Namur
Maestro del Coro Thibault Lenaerts
Maîtrise des Hauts-de-Seine / Chœur d’enfants de l’Opéra national de Paris
Compagnie Rualité

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