Cremona: Bartoli Orfeo superstar
Si spegne con la ripresa del coro iniziale a sala illuminata solo dalla luce penetrante delle candele sorrette da alcuni coristi il mesto e disperato addio di Orfeo ad Euridice, nuovamente persa. Lo strazio di Orfeo non ha quindi soluzione positiva, come altrimenti il libretto avrebbe potuto prevedere. Ma stanti le numerose edizioni e riscritture della partitura ad opera dello stesso Gluck, l’esito tragico abbandona il positivismo illuminista e ricolloca il mito di Orfeo in quella che è una delle sue vulgate più diffuse, pur rimanendo una delle ipotesi di finale.
La tensione in sala così creatasi ha lasciato parecchi secondi di silenzio raccolto e sinceramente commosso da parte di tutto il pubblico radunatosi al Teatro Ponchielli di Cremona. Un silenzio poi spezzato di primi applausi al riaccendersi delle luci di sala e poi trasceso in quella che è stata una ovazione di raro entusiasmo ed intensità.
Ovazione rivolta in prima persona a Cecilia Bartoli: cantante che da sempre divide il pubblico e gli appassionati tra fedelissimi entusiasti e caustici detrattori, si è resa ancora una volta interprete non solo vocale, ma anche scenica, a tutto tondo assumendo su sé stessa il peso di una azione nella quale ben poco accade di evento reale, ma che scuote e lacera nel profondo l’animo per i dilemmi capitali che da sempre angosciano e rendono senza risposte le ricerche spirituali umane.
La sua è una lettura che rende il recitar cantando non una oziosa lezione di stile e di ricerca, ma teatro vivo, dove parola e musica sono guidati dall’arte scenica e da una messinscena che giocando solo sulla recitazione e sulle luci riesce a ricreare tutta la tensione drammatica della quale Gluck sa dosare gli effetti con calibrati interventi degli strumenti e del coro.
Eccellente, in questo gioco teatrale, anche l’Euridice (e Amore) di Mélissa Petit: sia il timbro che il suo muoversi sul palco rendono in tutto la disperazione affettiva, rasente il patologico, della quale Euridice è portavoce. In un dramma di simboli, la sua angoscia è senza tempo.
Gianluca Capuano asseconda la visione che porta a slegare l’opera dai suoi clichè, trasponendola in una sorta di azione liturgica, dove un sottinteso percorso iniziatico d’antichi riti viene celebrato dai commenti del coro e dagli interventi orchestrali. Nulla è fuori posto, tutto asseconda un disegno inequivocabile. E il merito oltre alla direzione attenta, partecipe, appassionata dove occorre e di mesta rassegnazione di fronte al dramma, è anche degli eccellenti coro e orchestra. Da lodare in particolar modo le prime parti impegnate in funzione solista e le finezze impalpabili di alcuni passaggi dei Musiciens du Prince, nonché l’omogeneità di emissione in pianissimo sfumato ottenuta dal Canto di Orfeo.
Il ricco, entusiastico successo al termine della serata, protrattosi con oltre un quarto d’ora d’applausi e chiamate, lancio di fiori e pubblico in piedi a tributare l’omaggio naturale ad una esecuzione di raffinatezza e passione fa sperare in una futura ripresa video e discografica.
Anteprima ad un Festival, quello monteverdiano, che lo pone tra i vertici delle produzioni italiane e come esempio per altre rassegne che ad oggi stentano ancora a raggiungere una connotazione europea simile.
Emanuele Amoroso
(11 giugno 2025)
La locandina
Direttore | Gianluca Capuano |
Personaggi e interpreti: | |
Orfeo | Cecilia Bartoli, |
Euridice e Amore | Mélissa Petit |
Les Musiciens du Prince – Monaco | |
Il Canto di Orfeo | |
Maestro del Coro | Jacopo Facchini |
Lascia un Commento
Vuoi partecipare alla discussione?Sentitevi liberi di contribuire!