Cremona: il Neorealismo si addice ad Ulisse
Con una nuova produzione del Ritorno di Ulisse in patria, il Monteverdi Festival ha inaugurato l’edizione 2025 offrendo un’apertura di grande impatto visivo e drammaturgico.
Composta da un Monteverdi più che settantenne, ma con tutta evidenza non sazio di sperimentare, su un libretto sublime di Giacomo Badoaro, l’opera debutta nel 1640 a Venezia, al Teatro Santi Giovanni e Paolo, nel primo decennio della diffusione dell’opera pubblica in Italia, dopo l’esperienza cortigiana dell’Orfeo (1607), e testimonia l’adattamento del linguaggio monteverdiano alle nuove esigenze drammatiche e produttive del teatro commerciale.
L’allestimento, ideato da Davide Livermore – in questa occasione più ispirato che mai e nell’occasione anche in palcoscenico in un felice ritorno al canto – in collaborazione con Eleonora Peronetti e D-WOK per le scene in gran parte realizzate con azzeccatissime videoproiezioni, le luci di Antonio Castro capaci di disegnare lo spazio scenico con rigore cinematografico, e Anna Verde che firma i bei costumi anni Cinquanta, si è imposto come un preciso e consapevole omaggio al cinema neorealista tutto concorreva a trasporre l’epica monteverdiana in un contesto visivo che richiama il Rossellini di Stromboli ma rimanda anche al Visconti di La terra trema e, in un immaginario piano sequenza temporale a Mediterraneo di Salvatores.
Itaca diventa così una qualsiasi delle isole mediterranee – immersa in una luce corrusca presaga di un futuro forse migliore ma sicuramente diverso – all’indomani della conclusione della Seconda Guerra Mondiale; tra voglia di riscatto e disillusioni la narrazione procede come un film, mantenendo intatta la tensione tragica dell’originale. Uomini, eroi e divinità sono facce diverse di una medesima realtà: gli dei si giocano a carte il destino dei mortali, l’Umana Fragilità è una donna nuda e violata, i Proci sono i guappi locali arroganti e pavidi, Euriclea appare come un omaggio a Tina Pica, eterna domestica dei film di De Sica, mentre Penelope è una sintesi tra la Madre Mediterranea e un’Amazzone e la demiurga Minerva – soccorritrice di Ulisse combattivo – è una vamp guerriera.
Elemento centrale della scena in continua mutazione – le proiezioni, quando ben realizzate come in questo caso, sono davvero il futuro sostenibile delle produzioni teatrali e operistiche – è il letto nuziale che non lascia mai la scena, paradigma di stabilità e rinascita.
Oltre l’eccellenza l’esecuzione musicale.
L’Orchestra La Fonte Musica, sotto la guida di Michele Pasotti, ha offerto una lettura sobria, tersa e ritmicamente incisiva, costruendo un continuum sonoro capace di sostenere il tessuto teatrale senza mai appesantirlo. La concertazione si è distinta per un senso della misura raro, e per una chiara volontà di far emergere il linguaggio monteverdiano nella sua essenzialità drammatica, il tutto affidato ad un’ariosa fantasia nelle scelte agogiche.
Mauro Borgioni ha dato vita a un Ulisse intenso, scolpito nel gesto e nella parola, sempre padrone del fraseggio e di indubbia autorevolezza nella recitazione.
Al suo fianco, una strepitosa Margherita Sala – che infortunatasi alla prova generale non ha comunque fatto mancare la sua presenza cantando col braccio destro al collo – ha delineato una Penelope di grande autorevolezza, vocalmente scolpita, padrona assoluta della parola e del gesto scenico, interiormente vibrante.
Jacob Lawrence, ottimo nei panni di Telemaco, ha convinto del tutto per freschezza vocale e qualità attoriali, oltre che per la sua dizione perfetta.
Sugli scudi Arianna Vendittelli, capace di disegnare una Minerva vocalmente incisiva e perfettamente delineata dal punto di vista teatrale
Tra le figure divine e allegoriche, si sono distinti Luigi De Donato (Tempo/Nettuno) per l’autorevolezza vocale, Giulia Bolcato (Amore/Giunone) per la luminosità del timbro, e Cristina Fanelli (Fortuna), che ha saputo coniugare agilità e espressività, mentre Valentino Buzza ha tratteggiato un Giove autorevole.
Chiara Osella ha affrontato con efficacia il ruolo di Humana Fragilità, segnalando una presenza scenica notevole.
Francisco Fernández-Rueda (Eumete), Alberto Allegrezza (Eurimaco) e Alena Dantcheva (Melanto) hanno fornito caratterizzazioni vocalmente solide ed efficaci quanto a a caratterizzazione.
Davide Livermore, come si accennava sopra, ha itenuto per sé il personaggio di Iro, conferendogli un tono grottesco che si è ben integrato nel disegno complessivo. Completavano il cast Arnaud Gluck (Pisandro), Roberto Rilievi (Anfinomo), Matteo Bellotto (Antinoo) e Chiara Brunello (Ericlea), tutti all’altezza della complessità corale richiesta dalla partitura.
Successo pieno e meritatissimo per tutti – peccato che il teatro non fosse esaurito come l’occasione avrebbe meritato –, con Livermore che ha steso al proscenio un lenzuolo bianco per Gaza mentre sul fondo appariva la scritta “FIAT PAX”, scelta appropriata perché il teatro è, e deve essere sempre, politica.
Alessandro Cammarano
(13 giugno 2025)
La locandina
Direttore | Michele Pasotti |
Regia | Davide Livermore |
Scene | Eleonora Peronetti, D-WOK |
Costumi | Anna Verde |
Light designer | Antonio Castro |
Assistente regia | Chiara Osella |
Assistente costumi | Francesca Sartorio |
Personaggi e interpreti: | |
Ulisse | Mauro Borgioni |
Penelope | Margherita Sala |
Telemaco | Jacob Lawrence |
Il Tempo/Nettuno | Luigi De Donato |
Amore/Giunone | Giulia Bolcato |
La Fortuna | Cristina Fanelli |
Minerva | Arianna Vendittelli |
Giove | Valentino Buzza |
L’humana Fragilità | Chiara Osella |
Eumete | Francisco Fernández-Rueda |
Eurimaco | Alberto Allegrezza |
Melanto | Alena Dantcheva |
Iro | Davide Livermore |
Pisandro | Arnaud Gluck |
Anfinomo | Roberto Rilievi |
Antinoo | Matteo Bellotto |
Ericlea | Chiara Brunello |
Orchestra La Fonte Musica |
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