Palazzetto Bru Zane: Se i miei versi avessero le ali…

Venezia, 27 settembre 2015

Sei declinazioni dell’Amore: da quello campestre all’amore mistico, dalla tristezza alla ferita, dalla vita al sogno.
Quello che colpisce dei programmi proposti dal Palazzetto Bru Zane è la loro straordinaria organicità, il seguire un filo conduttore tanto preciso quanto discreto nel suo dipanarsi.
Il momento musicale, opportunamente pomeridiano, proposto come secondo appuntamento inaugurale del festival Edouard Lalo tra folklore e wagnerismo, è ancora una volta paradigmatico in questo senso. Se il concerto del Trio Dalì, ascoltato in precedenza alla Scuola Grande di San Giovanni Evangelista, posto ad aprire il festival e con un programma interamente dedicato a Lalo non ci aveva convinto pienamente, questo del Palazzetto ci trova felicemente soddisfatti.
L’Amore, inteso non solo come universale ma anche e soprattutto come esperienza vissuta, goduta e sofferta, trova piena espressione nelle diciotto mélodies proposte da Marion Tassou e Thomas Dolié, con Antoine Palloc al pianoforte.
Alle otto mélodies scelte tra le trenta composte da Lalo, se ne intercalano altre, di Franck, Chausson, Fauré, Widor, Massenet e Faure. Non sempre il protagonista del festival esce vincitore, ma comunque ha il pregio di offrire prove di garbata misura e di costante capacità di cogliere le sfumature del testo poetico.

Molto bello ci è parso l’Adieu au désert, nel quale l’enfasi guerriera lascia il posto ad una nostalgica réverie, così come molto gradevole risulta Les Petits Coups, quasi una chanson à boire ricca d’ironia. Non è poi spiacevole la delicatezza un po’ manierata de La Fenaison, mentre assolutamente coinvolgente è Le Vieux Vagabond, che racchiude in sé la forza di una grande scena drammatica e nella quale il canto e la musica si illuminano di coinvolgente teatralità.
Tra le mélodies degli “altri” risaltano quelle trasognate di Widor, con su tutte la conclusiva Qu’un songe au ciel m’enlève, le rassegnate di Chausson, in particolare Réveil, il Crucifixus intriso di misticismo di Faure, la visionaria Marine di Massenet, l’impeto de La Chanson du vannier di Franck e la serenità di Aux petits enfants di César Franck.
Di ottimo livello, ancora una volta, l’esecuzione musicale, che vede su tutto la prova maiuscola di Antoine Palloc, pianista capace di trovare sempre la giusta misura nel dialogo con le voci attraverso un fraseggio improntato ad una morbida ed al contempo decisa percussività, accompagnata da una costante ricerca del colore.

Assai bravo il baritono Thomas Doliè, voce rotondamente tornita che si plasma con duttilità ad un fraseggiare sentito ed intelligente.
Bene anche Marion Thassou, che, forse inizialmente un po’ vetrosa nell’ottava acuta, trova sicurezza nel corso del concerto sino a convincere completamente.
Deliziosamente appropriata l’idea di eseguire alcune delle mélodies in duetto, a voler ricreare un’atmosfera intelligentemente salottiera.
Pubblico attento, successo pieno e meritato per i tre interpreti.

Alessandro Cammarano

La locandina

Soprano Marion Thassou
Baritono Thomas Dolié
Pianoforte Antoine Palloc

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