Como: il microcosmo della Fanciulla del West

Con buona pace dei detrattori della domenica e di quelli che “ma è un titolo minore nel catalogo pucciniano” La fanciulla del West va ascritta tra i capolavori del Novecento e questo grazie alla ricchezza di scrittura, alle arditezze armoniche al contrappunto che arrivano a Puccini dalla Seconda Scuola Viennese – non a caso Anton Webern amava la Fanciulla –, all’uso del Leitmotiv – il “tema della nostalgia” ritorna in declinazionii infinite – e all’attenzione alla musica popolare statunitense.

Ma non solo: lo scavo psicologico dei personaggi risulta meravigliosamente approfondito e affinato e il gioco delle citazioni è tanto sottile quanto evidente; basti pensare al “rovesciamento” dell’accordo su cui poggia il Tristan und Isolde, per limitarsi ad un solo esempio.

Opera corale in cui ad ogni attore viene data la possibilità di “mostrarsi” rivelandosi non solo al pubblico ma anche a se stesso, mettendosi in certo modo a nudo in un percorso psicoanalitico; il Trittico con le sue mille sfaccettature non è così lontano e Turandot è già all’orizzonte, il tutto in un esemplare percorso evolutivo dell’estetica musicale del Lucchese.

Mettere in scena la Fanciulla è operazione da far tremare le vene ai polsi e troppo spesso i grandi teatri glissano; fortunatamente c’è chi invece decide di correre il rischio e di rappresentarla. È il caso dei Teatri OperaLombardia, circuito virtuoso che negli anni ha abituato il pubblico a produzioni di grande qualità, centrando l’obbiettivo anche questa volta.

Il Sociale di Como si apre dunque alla produzione di Andrea Cigni, già passata per Brescia e Pavia, che, abbandonata qualsiasi tentazione di calligrafismo, racchiude l’intera vicenda in un microcosmo i cui confini sono quelli del campo minerario – la scene agili ed evocative sono di Dario Gessati, illuminate di luci livide da Fiammetta Baldisseri – che diventa la Polka per trasformarsi nella capanna di Minnie e successivamente nel bosco in cui la vicenda trova la sua felice e malinconicissima conclusione.

L’azione drammaturgica, calata in un tempo assai vicino al nostro – i costumi contemporanei sono di Tommaso Lagattolla – vede caratterizzazioni precise, perfettamente definite, mai banalizzate in gesti plateali, il tutto in una contrapposizione tra il mondo sotterraneo della miniera e i “visitatori” che invece arrivano sempre dalla parte alta della scena.

Uno spettacolo intelligente dunque, ben bilanciato a sottolineare più le solitudini di ciascuno che non le interazioni.

Convince pienamente anche l’esecuzione musicale – la riduzione dell’organico orchestrale di Ettore Panizza si addice allo spazio non enorme del Sociale – alla testa della quale sta la bacchetta sapiente e appassionata di Valerio Galli, ben assecondato dall’Orchestra I Pomeriggi Musicali di Milano, che dell’impaginato pone in risalto tutta la modernità della scrittura attraverso scelte dinamiche e ritmiche ben meditate senza tuttavia perdere mai di vista gli slanci melodici capaci di aprire squarci di coinvolgente luminosità.

Rebeka Lokar affronta con baldanza la scrittura impervia che Puccini riserva all’eroina eponima disegnando una Minnie sempre in bilico tra determinazione e incertezza, generosa nel dare e al contempo timorosa nel ricevere, il tutto forte di un canto terso ed espressivo.

Bene fa anche Angelo Villari tratteggiando un Dick Johnson dagli acuti squillanti e nobile negli accenti.

Sergio Vitale è Jack Rance sanguigno ma mai sopra le righe, saggiamente lontano da eccessi veristi, autenticamente innamorato.

Da manuale l’Ashby di Andrea Concetti, padrone di un fraseggio cesellato e di una misura esemplare nel porgere.

Sugli scudi Didier Pieri che dà voce e corpo ad un Nik caratterizzato con intelligente sensibilità oltre che cantato assai bene, così come dà ottima prova di sé Christian Federici come Jack Wallace.

Nello stuolo dei minatori si distinguono il Sonora meditabondo di Valdis Jansons, il Trin timido di Antonio Mandrillo, il Sid pavido di Federico Cavarzan che canta anche un buon Billy Jackrabbit e lo José Castro tenebroso di Marco Tomasoni.

Bene anche gli altri: Ramiro Marturana (Bello), Marco Miglietta (Harry), Matteo Loi (Happy), Giuseppe Raimondo (Joe), Maurizio Lo Piccolo (Larkens) e Candida Guida (Wowkle).

Il Coro di OperaLombardia preparato da Diego Maccagnola si disimpengna con onore.

Teatro non pienissimo ma partecipe, successo pieno e meritato con ovazione per Galli.

Alessandro Cammarano
(14 gennaio 2022)

La locandina

Direttore Valerio Galli
Regia Andrea Cigni
Scene Dario Gessati
Costumi Tommaso Lagattolla
Luci Fiammetta Baldiserri
Personaggi e interpreti:
Minnie Rebeka Lokar
Dick Johnson Angelo Villari
Nick Didier Pieri
Jack Rance Sergio Vitale
Ashby Andrea Concetti
Sonora Valdis Jansons
Trin Antonio Mandrillo
Sid Federico Cavarzan
Bello Ramiro Maturana
Harry Marco Miglietta
Joe Giuseppe Raimondo
Happy Matteo Loi
Larkens Maurizio Lo Piccolo
Billy Jackrabbit Giorgio Triscari
Wowkle Candida Guida
Jack Wallace Christian Federici
José Castro Marco Tomasoni
Orchestra I Pomeriggi Musicali di Milano
Coro di OperaLombardia
Maestro del coro Diego Maccagnola

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